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Meloni sente anche Musk, doppio asse con la Casa Bianca

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Poche ore dopo aver espresso le sue congratulazioni a Donald Trump, Giorgia Meloni ha sentito al telefono “l’amico” Elon Musk. È il doppio asse su cui la premier potrà contare nei rapporti con la nuova Casa Bianca, convinta che se ha lavorato “bene” con l’amministrazione Biden, potrà farlo “benissimo” con quella repubblicana. Da una parte si confronterà a livello istituzionale con un presidente conservatore, con ricette affini a quelle del suo governo. Dall’altra, come si ragiona in ambienti di governo, avrà nel magnate che guida Tesla, X e SpaceX una sorta di tramite politico parallelo all’establishment di Washington e alle diplomazie.

Non è un caso se negli ultimi mesi la premier ha voluto costruire un solido rapporto con Musk, tra il primo faccia a faccia a Palazzo Chigi il 15 giugno 2023, l’invito ad Atreju pochi mesi dopo, e l’ultimo incontro a fine novembre a New York, dove è stato proprio il magnate a consegnarle il “Global Citizen Award 2024” dell’Atlantic Council. “Sono convinta – ha scritto la presidente del Consiglio nel tweet sulla telefonata con Musk – che il suo impegno e la sua visione potranno rappresentare un’importante risorsa per gli Stati Uniti e per l’Italia, in uno spirito di collaborazione volto ad affrontare le sfide future”. Con potenziali risvolti non solo sul dossier dell’Intelligenza artificiale ma anche industriali. Negli ultimi mesi ci sono state trattative fra il governo e Tesla per la produzione in Italia di camion e furgoni elettrici.

E l’esecutivo spera vada in porto l’accordo con Starlink, la costellazione di satelliti di SpaceX per fornire servizi internet a banda larga nelle aree scarsamente servite da altre reti. Un appalto finito al centro di un’inchiesta per corruzione in cui è indagato anche il braccio destro di Musk in Italia, Andrea Stroppa. Che ha rilanciato il tweet di Meloni affermando che “l’Italia può e deve ritagliarsi un ruolo da protagonista nei settori del futuro.

Diventare il partner europeo privilegiato deve essere l’obiettivo”. Nella telefonata con Trump, che sarebbe stata fra le prime con i leader di altri Paesi, dopo quelli di India, Cina, Arabia Saudita, Francia e Israele, Meloni ha invece concordato “sull’opportunità di mantenersi in stretto contatto”. Non solo sulle crisi internazionali. Fra i primi capitoli da affrontare per Roma c’è quello dei dazi commerciali. In quest’ottica il ministro degli Esteri Antonio Tajani conta di recarsi appena possibile a Washington per sminare a inizio anno con la nuova amministrazione quello che è considerato un serio pericolo per l’export italiano.

Anche Matteo Salvini, il leader di centrodestra che più ha esultato per il successo di Trump, ha in preparazione un viaggio oltreoceano. Non è escluso possa farlo anche prima del giuramento del nuovo presidente. Difficile ancora prevedere in quale periodo del 2025 sarà la visita di Meloni alla Casa Bianca. Intanto la premier, con una breve missione a Baku mercoledì prossimo, avrebbe deciso di partecipare alla Cop29, sul cui esito aleggia l’elezione di Trump. Le opposizioni le chiedono se intende seguire il successore di Biden sulla linea dell’uscita dall’Accordo di Parigi. Si profila invece un allineamento sul nucleare. “Anche 10 nuovi reattori in America – ha twittato Musk in queste ore – sarebbero una gran cosa”.

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Juventus, bilancio in rosso di quasi 200 mln

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L’assemblea degli azionisti della Juventus ha approvato oggi il bilancio al 30 giugno 2024, chiuso con un passivo di 199,2 milioni di euro. Prima ancora di iniziare i lavori assembleari è stato il momento di Giorgio Chiellini: l’ex difensore, alla prima apparizione nella nuova veste in un’occasione come questa, è stato applaudito e accolto dal boato della platea. Per Gianluca Ferrero, invece, era la seconda assemblea da presidente: “Sono arrivato da un anno, ho scoperto una realtà che non conoscevo – ha spiegato il numero uno del club – noi qui abbiamo presente tutti cos’è la prima squadra, ma in realtà la Juve è davvero molto di più: ha 22 squadre, ci sono 650 atleti e abbiamo anche la Juventus One con ragazzi disagiati”.

Il club bianconero è ancora senza sponsor principale dopo la chiusura del rapporto con Jeep: “Siamo in trattativa con diversi brand e società con interesse di visibilità internazionale, consideriamo di arrivare a un accordo entro la fine di questa stagione – ha spiegato l’ad Scanavino – e nel frattempo abbiamo pensato di dare visibilità a Save the Children, mentre qualche settimana fa abbiamo chiuso con lo sponsor di manica Azimut”. Sul rosso di bilancio, invece, pesa tanto la mancata partecipazione alle coppe europee: “Ha avuto un impatto di circa 130 milioni, siamo in proiezione positiva in termini di risultato netto” ha sottolineato Scanavino. E si è anche parlato anche del famoso ‘lodo Ronaldo’: “Non siamo d’accordo con la decisione del 50 e 50, quindi l’abbiamo impugnato davanti al tribunale di Torino” ha spiegato Ferrero.

Il club, nel frattempo, continua a crescere in maniera vertiginosa sui social. “Siamo il primo brand in Italia come followers, il creator lab fornisce il materiale e abbiamo creato una struttura dove si creano contenuti cortometraggi”, ha spiegato, portando come esempio il recente documentario presentato al Festival di Venezia sulla vicenda di calcioscommesse che ha coinvolto il giocatore della prima squadra Nicolò Fagioli. In futuro c’è l’idea di uno stadio per ospitare la Next Gen e le Women, “Ma non avverrà nel breve, siamo concentrati nel percorso di risanamento della società” ha precisato Scanavino. In chiusura di assemblea i toni si sono scaldati quando si è trattato di modificare lo statuto e “prevedere la possibilità che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato”. Diversi azionisti hanno abbandonato la sala in segno di protesta, “Abbiamo ritenuto di cogliere questa facoltà, ma non vuol dire che non ci saranno altre assemblee” ha voluto precisare Ferrero con la modifica che è stata approvata.

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Giorgetti vede Spohr, si tratta su Ita-Lufthansa

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La trattativa Ita-Lufthansa passa direttamente nelle mani di Giancarlo Giorgetti. Il ministro dell’Economia incontrerà entro il fine settimana, probabilmente già domani, Carsten Spohr, con l’obiettivo di trovare un compromesso con l’inflessibile amministratore delegato della compagnia tedesca. Ufficialmente il Mef non commenta la notizia arrivata da fonti europee. Ma dopo le tensioni della scorsa notte, che hanno portato all’interruzione dei negoziati per un accordo che sembrava ormai alle battute finali, lo stesso Giorgetti non ha negato la possibilità di un faccia a faccia, definito anzi “opportuno”. A dominare il tavolo di confronto saranno questioni di prezzo.

Secondo le notizie trapelate finora, la sera del 4 novembre, basandosi sulle clausole contrattuali, Lufthansa avrebbe infatti chiesto al Mef uno sconto sulla cifra da sborsare per la seconda tranche per la newco tricolore a seguito del primo aumento di capitale da 325 milioni di euro, giustificandosi con il costo di alcuni investimenti fatti dopo l’accordo di alleanza del 2023. Una richiesta che il ministero dell’Economia avrebbe bollato come “inaccettabile” anche alla luce del miglioramento della posizione economica di Ita e in vista della probabile crescita del traffico aereo per il Giubileo del 2025.

Il tentativo di ricucitura è ora affidato a Giorgetti, forte del fatto che nessuna delle due parti sembra davvero intenzionata a far saltare l’accordo. Sui cieli europei intanto a preoccupare sono anche i conti di Air France-Klm. Il gruppo ha chiuso il terzo trimestre con un utile operativo in calo del 12% a 1,18 miliardi di euro, deludendo le attese degli analisti e prevedendo anche di sostenere costi più elevati di quelli precedentemente stimati per quest’anno a seguito di una revisione dell’accordo salariale e di un aumento dei costi di manutenzione.

Anziché aiutare, le Olimpiadi di Parigi hanno allontanato i turisti dalla capitale, influendo negativamente sui conti. Il titolo ne ha risentito pesantemente in Borsa dove è arrivato a perdere l’11%.

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In Veneto scoperto un caso autoctono di malaria

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Nonostante l’Italia sia un Paese che dagli anni ’70 l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato libero dalla malaria, oggi a Verona, è stato segnalato un caso autoctono di infezione. Lo ha reso noto la direzione Prevenzione della Regione Veneto che ha già dato disposizioni in materia, tanto che la Regione stessa, in stretta collaborazione con l’Ulss 9 scaligera e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, appena ricevuta comunicazione del caso, hanno attivato tempestivamente le misure di sorveglianza previste. Si tratta dell’approfondimento dell’indagine epidemiologica sul caso specifico del Plasmodium vivax; di un’indagine sul campo con cattura e analisi dei vettori locali; di avviare le misure di sorveglianza sanitaria rivolte agli altri soggetti nei luoghi di possibile esposizione e di attività di disinfestazione preventiva nell’area da effettuare in base agli esiti controlli effettuati.

Il sistema sanitario veneto ricorda che è importante sottolineare che la malaria non si trasmette da persona a persona tramite contatto diretto, saliva, o rapporti sessuali, ma esclusivamente attraverso il contatto con sangue infetto o la puntura di zanzare infette. La malaria – aggiungono i tecnici regionali – è una malattia infettiva che si trasmette all’uomo attraverso la puntura di zanzare infette da un parassita (Plasmodium). La malattia si manifesta con febbre, brividi intensi, sudorazione, mal di testa, nausea, vomito, dolori muscolari. La malaria è una malattia trattabile e può essere curata efficacemente se diagnosticata e trattata tempestivamente, riducendo così il rischio di complicazioni gravi. Il tipo di zanzare in grado di trasmettere questo parassita – sottolineano infine gli esperti – non risulta ad oggi presente nel nostro territorio. In Italia, la malaria era stata eliminata ufficialmente negli anni ’70 grazie a campagne di bonifica e di controllo delle zanzare, oltre all’uso di farmaci specifici. In Veneto tutti i casi di malaria registrati ogni anno riguardano persone che hanno contratto la malattia in Paesi endemici. Gli ultimi casi autoctoni di malaria da Plasmodium vivax erano stati osservati in Sicilia all’inizio degli anni ’60.

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