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Meloni, no ad Ursula ma l’Italia avrà un ruolo

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Il voto contro la riconferma di Ursula von der Leyen non cambierà le relazioni tra Roma e Bruxelles. E l’Italia vedrà in ogni caso “riconosciuto” il suo ruolo. Ne è convinta Giorgia Meloni e ne sono convinti i suoi, che hanno comunque tirato un sospiro di sollievo per la posizione “coerente” che la premier rivendica in pubblico e in privato. Lei stessa, raccontano, ci scherza su alla fine della lunga giornata in cui Fratelli d’Italia dice no al bis per la presidente della Commissione cogliendo di sorpresa anche gli alleati. Ma “con lei ho un buon rapporto”, avrebbe assicurato la premier ai fedelissimi, e si continuerà a “collaborare”, dando di fatto la linea rispettata nei commenti di giornata del suo partito. Il problema non è “la persona”, insomma, ma le scelte che non rispecchiano, almeno stando alle linee programmatiche, quella richiesta di un “cambio di passo” espressa alle dai cittadini europei alle urne.

La mossa decisiva è maturata in mattinata, dopo avere ascoltato il discorso della presidente in pectore all’Eurocamera e dopo che è arrivato il sostegno ufficiale dei Verdi. “Con quel sì von der Leyen sapeva che non si poteva aspettare i nostri voti”, spiegano i meloniani. Un ragionamento che le due avrebbero affrontato anche nella telefonata che ha preceduto le votazioni. Forse anche perché ha seguito passo passo quello che succedeva a Strasburgo Meloni è arrivata per ultima al vertice della Comunità politica europea di Oxford. E dai giardini di Blenheim Palace registra nel pomeriggio un messaggio brevissimo, in cui sintetizza la posizione italiana.

Il no è arrivato sulla scia di quello già espresso nel momento della designazione della tedesca, al Consiglio europeo di fine giugno: “Siamo rimasti coerenti con la posizione di non condivisione del metodo e del merito” scandisce guardando in camera la premier – che non incontra i giornalisti italiani inviati al summit. Ma si tratta di una questione “politica”, spiegano i suoi, che niente ha a che vedere con la trattativa, che si apre ufficialmente già da queste ore, per la posizione da riconoscere ai Paesi all’interno del nuovo esecutivo europeo. La collaborazione “non sarà compromessa”, lo stesso verbo utilizzato per chiarire che ora ci si aspetta in ogni caso per l’Italia un ruolo “di peso”. Che non si stabilisce nelle dinamiche parlamentari, che più di un dirigente di Fdi non prevede affatto lineari nei prossimi mesi, ma è frutto del fatto che l’Italia è “paese fondatore, la seconda manifattura e la terza economia”.

Oltre ad avere “il governo più stabile”. L’obiettivo rimane quello di ottenere un portafoglio pesante, come spetta a un grande Paese, da affidare al fidatissimo Raffaele Fitto, che rimane il principale candidato a traslocare a Bruxelles, anche se si dovrà indicare pure il nome di una donna. Non ci sarebbero insomma, nella narrazione dei meloniani, i rischi paventati dalle opposizioni di avere messo l’Italia all’angolo, in una posizione irrilevante. Un portafoglio pesante che Von Der Leyen non avrebbe al momento potuto garantire all’Italia, nell’ultimo contatto avuto con la premier italiana, senza l’accordo con gli altri leader. Un accordo che ,se fosse dipeso direttamente dalla presidente della Commissione, si sarebbe anche potuto fare – spiega chi è vicino alla trattativa. Alla vigilia del voto nel governo non mancava, comunque, chi era pronto a scommettere che alla fine sarebbe arrivato un sì dal partito di maggioranza relativa.

A partire da Forza Italia. Tanto che, raccontano fonti parlamentari, quando Meloni ha spiegato ad Antonio Tajani che la scelta del suo partito era di coerenza, la reazione del vicepremier e ministro degli Esteri sarebbe stata tagliente: “Di troppa coerenza si muore”. Il no, in ogni caso, evita alla premier di scoprirsi troppo a destra e di offrire il fianco alle accuse di “inciuci” che Matteo Salvini non ha mancato di lanciare comunque a chi ha votato a favore del bis. “Difficile – ironizzano in Fdi – che oggi la Lega abbia da festeggiare”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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Trasporti, De Luca: investito un miliardo per rinnovo parco bus

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Millequattrocento autobus nuovi sui 1.800 programmati, per un investimento di quasi un miliardo di euro, sono già in esercizio sulle tratte coperte da Air Campania. Il dato lo fornisce il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, che oggi ha inaugurato ad Avellino la nuova sede dell’azienda interamente partecipata dalla Regione, con la consegna di cinque bus elettrici. “Un impegno enorme – ha sottolineato De Luca-: stiamo sostituendo l’intero parco dei mezzi pubblici, non soltanto per il trasporto su gomma, ma anche per quello ferroviario”. Su questo specifico settore, De Luca ha rimarcato lo “sforzo gigantesco” della regione: “Ora – ha aggiunto – attendiamo l’omologazione per la linea Circumvesuviana che collega Napoli a Sorrento per mettere in esercizio il nuovo treno che ci è stato appena consegnato. Su un altro fronte, abbiamo indetto un altro concorso e presto assumeremo 150 giovani”.

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