Dalla pizzica in Puglia al gran ballo delle nomine europee. Archiviato un G7 che per lei è stato “un successo”, Giorgia Meloni si prepara all’altra sfida, altrettanto e forse più importante, quella di riuscire a pesare a Bruxelles anche se i numeri posto voto, nonostante la netta vittoria di Fdi in Italia, non le sono favorevoli. L’Italia, è il ragionamento che fa in privato e che ha esplicitato anche nella conferenza stampa di Borgo Egnazia, merita che le venga riconosciuto un ruolo di primo piano. E se sui vertici, almeno ad oggi, non c’è spazio, l’attenzione di Roma è tutta sul commissario.
E sull’obiettivo di conquistare per Roma anche una vicepresidenza. La cena informale dei leader non è che il primo step, ripetono i suoi fedelissimi. Meloni, che pure preferirebbe aspettare l’esito delle elezioni francesi ma non si dovrebbe però mettere di traverso se ci fosse una spinta per accelerare, puntando a chiudere già al Consiglio di fine mese. “Da martedì il quadro sarà un po’ più chiaro”, dicono i suoi. E si potrà entrare nel vivo della trattativa sulle deleghe dei commissari. Una partita che si gioca su più piani. La premier, di rientro da Lucerna con il ministro degli Esteri Antonio Tajani (che sarà alla riunione del Ppe), potrebbe avere iniziato ad esaminare con l’alleato le varie opzioni, che andranno comunque condivise nel governo.
La scelta andrà però fatta incrociando i portafogli più interessanti e profili più adatti a gestirli. “Di nomi ancora non si è parlato”, assicurano nella maggioranza. Ma Il candidato naturale per l’ingresso nella nuova Commissione sarebbe Raffale Fitto, conosciuto negli ambienti europei e che oggi gestisce, per conto del governo, i rapporti e i principali dossier sulla linea Roma-Bruxelles. Le sue chance però si scontrano con il fatto che spostare un ministro vorrebbe dire aprire al rimpasto di governo, una ipotesi che Meloni ha escluso pubblicamente già da diverse settimane. E a maggior ragione ora che l’esito delle elezioni europee vede “il governo che è andato benissimo”, ragiona un dirigente di prima fila della maggioranza, aprire il vaso di pandora del rimpasto rischierebbe di avere più costi che benefici.
Semmai ci sarebbero da riempire le due caselle dei sottosegretari rimaste scoperte (per l’uscita di Augusta Montaruli prima e di Vittorio Sgarbi in primavera), ma questo capitolo non si dovrebbe riaprire prima dell’estate. Evitare di scoprire l’esecutivo è argomento che vale anche per Giancarlo Giorgetti, che peraltro si è chiamato fuori, e pure per Antonio Tajani, il cui nome è circolato nelle ipotesi di grande impasse dei popolari sul nome di von der Leyen, che al momento non è però all’orizzonte. Il tam tam delle ultime settimane vede anche l’ipotesi di Elisabetta Belloni, capo dei servizi e sherpa del G7 (“si fa il mio nome ogni volta che c’è una casella vuota”, avrebbe scherzato la stessa ambasciatrice negli ultimi giorni).
Il suo sarebbe un profilo che bene si abbinerebbe all’Alto rappresentante per gli affari esteri, che non sarebbe, però, in cima alla lista dei desiderata. I più ambiti rimarrebbero infatti i portafogli economici a partire dalla Concorrenza e dal Mercato interno, caselle oggi coperte da Danimarca e Francia. Insieme a una vicepresidenza, meglio ancora se esecutiva. Sarebbe “un miracolo di Giorgia”, dice un alto esponente del suo partito, dato che i tre attuali sono tutti espressione della maggioranza Ursula. Soprattutto per la Concorrenza servirebbe però un profilo tecnico (l’ultima volta che l’Italia ha avuto questa delega c’era Mario Monti) che ancora non sarebbe stato individuato. Vittorio Colao, che pure era entrato nel totonomi, non sarebbe in corsa. Così come incerte sono le chance di altri tecnici. Si è parlato dell’ex ministro Daniele Franco (che era il nome italiano per la Bei), ma qualche possibilità in più potrebbe averla Roberto Cingolani, che dovrebbe però lasciare la guida di Leonardo.