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Maxitruffa a diocesi, 100mila euro per viaggio fantasma

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Le vie del Signore sono infinite… ed anche costose: lo si deduce dalla denuncia per una truffa da 100mila euro presentata ai carabinieri di Cassino dall’assistente della parrocchia di Sant’Antonio da Padova a Cassino. Lo stesso che martedì scorso doveva essere ordinato sacerdote con tanto di cerimonia nella basilica minore di Canneto, saltata dopo la segnalazione di una grave irregolarità finita all’attenzione del Sant’Uffizio. A presentare la denuncia è stato Francesco Paolo Vennitti, il diacono che collabora con il parroco don Benedetto Minchella: ha riferito che la parrocchia aveva raccolto circa centomila euro da una sessantina di fedeli per un viaggio negli Usa. Ma i soldi sarebbero ‘spariti’ insieme al titolare dell’agenzia di viaggi romana alla quale si erano appoggiati. “Avevamo già organizzato altri viaggi e finora tutto era andato bene.

Stiamo risarcendo i fedeli con i nostri soldi” conferma il parroco don Benedetto. La parrocchia era finita al centro dell’attenzione nelle ore precedenti per l’improvvisa cancellazione dell’ordinazione presbiterale del diacono Francesco Paolo Vennitti, programmata per il 6 agosto scorso a Canneto. Ma all’ultimo momento la diocesi ha diffuso una nota con la quale ha comunicato che l’ordinazione non si sarebbe tenuta a causa di una indisposizione del diacono. In realtà, al Collegio dei Consultori (l’organismo della diocesi che affianca il vescovo nell’amministrazione economica e sulle scelte di particolare rilevanza) erano arrivate alcune foto ed il link di un video girato nella Cappella delle Apparizioni a Fatima il 24 aprile scorso in cui si vede il diacono vestito con i paramenti sacri concelebrare la messa con il vescovo di Arezzo monsignor Andrea Migliavacca.

Il video lo mostra mentre prende pienamente parte al rito imponendo le mani durante la consacrazione del pane e del vino, recitando la formula consacratoria, leggendo la terza parte della preghiera eucaristica. Nella segnalazione fatta al vicario di Cassino don Nello Crescenzi si sottolineava che era stata commessa “profanazione contro il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia”. Il caso è finito alla Congregazione della Dottrina della Fede. “Si è autodenunciato direttamente il diacono – conferma don Benedetto Minchella – nel momento in cui ha preso consapevolezza dell’errore in cui era incorso. Si è denunciato in primis al vescovo Gerardo Antonazzo e proprio lui gli ha detto che solo la Congregazione poteva decidere se assolverlo o meno”. Alla nota del diacono ha fatto seguito una lettera accompagnatoria del vescovo. “All’esito della quale – assicura don Benedetto – il diacono è stato assolto senza limitazioni, auspicando la prosecuzione del suo cammino di fede. Consigliando però di temporeggiare in merito all’ordinazione”.

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Misteri calabresi, Matacena e la madre saranno riesumati: la Procura ha disposto l’autopsia

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La Procura di Reggio Calabria ha disposto la riesumazione della salma di Amedeo Matacena, l’ex parlamentare di Forza Italia morto il 16 settembre 2022 mentre era latitante a Dubai dove si era trasferito da tempo per sfuggire alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa rimediata nel processo “Olimpia”. Lo scrive la Gazzetta del Sud. L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Sara Parezzan, riguarda anche la morte di Raffaella De Carolis, la madre di Matacena, deceduta anche lei a Dubai il 18 giugno 2022, tre mesi prima del figlio.

Matacena ufficialmente è morto per infarto del miocardio ma evidentemente la Procura di Reggio Calabria non è convinta e ha aperto un’indagine per accertare la causa del decesso e capire se lo stesso possa essere collegato con quello della madre. Proprio per questo, nei giorni scorsi l’ex procuratore Giovanni Bombardieri, l’aggiunto Stefano Musolino e il pm Parezzan hanno disposto l’autopsia che sarà eseguita dal medico legale Aniello Maiese e dalla tossicologa Chiara David. Mentre la salma di Raffaella De Carolis si trova a Reggio Calabria, l’ex parlamentare Matacena è seppellito al cimitero di Formia. (

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Carceri: Garante, 67 suicidi da inizio 2024, +19 rispetto al 2023

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Le persone detenute che dall’inizio dell’anno e fino al 16 settembre 2024 si sono suicidate in carcere sono 67 (di cui 2 avvenuti all’esterno dell’istituto). Si tratta di un dato elevato rispetto allo stesso mese di settembre del 2023 in cui si registrarono 48 suicidi (con un aumento di 19 decessi) e al mese di settembre del 2022 di 7 decessi). È quanto emerge dal Focus suicidi in carcere, per l’anno 2024, del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà nazionale, aggiornato al 16 settembre.Il sessantesimo suicidio è avvenuto presso la camera di stazionamento della cittadella giudiziaria di Salerno. Il sessantaseiesimo suicidio è avvenuto all’esterno dell’Istituto. La persona in carico alla Casa Circondariale di Gorgona era uscito dall’Istituto su concessione del permesso premio. Analizzando i dati personali, si rileva che delle 67 persone morte per suicidio 65 erano uomini e 2 donne. Riguardo alla nazionalità, 36 erano italiane (pari al 54 %) e 31 straniere (pari al 46%), provenienti da 15 diversi Paesi. Le fasce d’età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (30 persone) e tra i 40 e i 55 anni (18 persone); le restanti si distribuiscono nelle classi 18 – 25 anni (7 persone), 56-69 anni (11 persone) e ultrasettantenni (1 persone). Si rileva che l’età media delle persone che si sono suicidate è di circa 40 anni.

La posizione giuridica delle 67 persone che si sono tolte la vita in carcere è la seguente: 29 erano state giudicate in via “definitiva” e condannate (43%), mentre 9 avevano una posizione cosiddetta “mista con definitivo”, cioè avevano almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso; 24 persone (36%) erano in “attesa di primo giudizio”, 2 ricorrenti, 2 appellanti e 1 internato provvisorio.Dall’analisi è emerso che la maggior parte delle persone che si è tolta la vita in carcere era accusata o era stata condannata per reati contro la persona 34 (pari al 51%), tra questi si riportano quelli di maggiore rilievo: 13 per omicidio (tentato o consumato), 8 di maltrattamento in famiglia e 4 di violenza sessuale. A seguire i reati contro il patrimonio 23 (pari al 34%), per legge droga (5). Poco significativi sul piano statistico appaiono invece gli altri tre tipi di reato: contro le immigrazioni clandestine (1) per detenzione di armi (2) e concorso in reato (1), per atti persecutori (1) e in 1 caso il dato è mancante.

Tra i detenuti che si sono suicidati, 35 persone, (pari al 52%), si sono suicidate nei primi 6 mesi di detenzione; di queste: 7 entro i primi 15 giorni, 5 delle quali addirittura entro i primi 5 giorni dall’ingresso.Analizzando i dati relativi agli eventi critici, è stata rilevata la presenza di eventuali fattori indicativi di fragilità o vulnerabilità. La lettura ha fatto emergere che 36 persone (pari al 54%) erano coinvolte in altri eventi critici e di queste 16 (ossia il 24%) avevano precedentemente messo in atto almeno un tentativo di suicidio. Inoltre, 14 persone (ossia il 21% dei casi) erano state sottoposte alla misura della “grande sorveglianza” e di queste 5 lo erano anche al momento del suicidio.Gli Istituti in cui si sono verificati i suicidi sono 46 (pari al 24% del totale delle strutture penitenziarie): 41 Case circondariali e 5 Case di reclusione. Va evidenziato che le sezioni maggiormente interessate sono quelle a custodia chiusa, con 57 casi (pari all’85%), mentre in quelle a custodia aperta sono stati registrati 10 casi (pari al 15 %).

(Nella foto in evidenza la sede del ministero della Giustizia)

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Ritirati 12 bambini da scuola, ‘troppi stranieri in classe’

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Dopo appena quattro giorni dall’inizio delle lezioni, i genitori di 12 alunni di prima elementare di nazionalità italiana, iscritti all’istituto comprensivo ‘Aspri’ di Fondi (Latina), hanno portato i loro figli in altri istituti della città. Le famiglie – scrive Repubblica – non hanno accettato che quella classe fosse composta per oltre il 50% (14-16 alunni) da bambini di nazionalità indiana, pakistana e albanese.

“Questo è razzismo”, hanno denunciato le famiglie di nazionalità indiana, una comunità numerosa, che nella città che ospita il più grande mercato ortofrutticolo d’Italia, il Mof, manda avanti le decine di aziende agricole. Le famiglie italiane – spiega inoltre l’articolo – hanno deciso di allontanare i bambini dai compagni di altre nazionalità.

“Restano indietro, non possono portare avanti il programma con tutti quegli alunni che non parlano neppure italiano”, hanno detto. Le famiglie di nazionalità indiana, sostenute dal presidente della comunità indiana del Lazio, Gurmuk Singh, denunciano una forma di discriminazione nei confronti dei loro figli e stanno valutando se ritirare anche loro i bambini dall’ ‘Aspri’.

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