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Maxi blitz contro ultrà Inter e Milan, ‘patto su affari’

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Sete di “sangue”, si sente dire nelle intercettazioni, ma soprattutto di “guadagni”, che porta non solo ad un “patto di non belligeranza” tra gruppi all’apparenza rivali, ma a veri “accordi” e a “pressioni” sui club per gestire, in particolare, il business della vendita a “prezzi maggiorati” dei biglietti delle curve. Affari spartiti anche con la ‘ndrangheta. C’è tutto questo, oltre a due omicidi non proprio sullo sfondo, l’ultimo di meno di un mese fa, nell’ordinanza con 19 misure, tra carcere e domiciliari, che ha azzerato vertici e sodali dei gruppi ultrà interisti e milanisti, la curva Nord e la Sud, nell’inchiesta dei pm della Dda Paolo Storari e Sara Ombra.

Indagine che, come chiarito dal procuratore Marcello Viola, ha riunito più “filoni investigativi”, il primo del 2018, “condotti da più articolazioni della Polizia di Stato”, tra cui la Squadra mobile milanese, il Gico di Milano e lo Scico della Gdf. A pesare è l’aggravante del metodo mafioso messa a fianco dell’accusa di associazione per delinquere a carico dai capi della Nord, che ha portato in carcere, tra gli altri, Marco Ferdico, nel direttivo della curva interista e legatissimo ad Antonio Bellocco, erede dell’omonimo clan, ucciso a coltellate il 4 settembre da Andrea Beretta.

Quest’ultimo ormai ex leader della curva nerazzurra è in carcere per omicidio (raggiunto pure dalla nuova ordinanza), lui che aveva preso il posto di Vittorio Boiocchi freddato nell’ottobre 2022 da due killer, mai rintracciati. Proprio il “direttivo Beretta-Ferdico-Bellocco”, si legge negli atti, dopo la morte di Boiocchi era riuscito ad “arginare la pretesa” del clan Morabito di spartire “gli introiti economici derivanti dalla gestione della curva”. Però, poi, stando alla versione di Beretta, i Bellocco ne avrebbero voluti sempre di più. Se dal lato interista è stato arrestato anche Renato Bosetti, al vertice per sostituire Beretta, in cella è finito pure il capo ultrà milanista Luca Lucci, che nel 2018 si era fatto fotografare con Matteo Salvini. Associazione per delinquere, senza aggravante, contestata a molti altri della Sud, tra cui Christian Rosiello (carcere per lui), amico e bodyguard di Fedez, non indagato.

Oltre ad estorsioni, false attestazioni, fabbricazione di documenti falsi, accesso abusivo a sistemi informatici, resistenza, vengono contestati reati di lesioni, percosse, rissa per una serie di scontri da stadio, a partire dal 2015, ma non solo. Anche la nota aggressione al personal trainer Cristiano Iovino di aprile, dopo una lite col rapper di Rozzano in una discoteca, “connessa”, come si legge nell’ordinanza, “ad una diatriba sorta con l’altro cantante Tony Effe”. Dalle carte si evince come gli ultrà siano riusciti, scrive il gip Domenico Santoro, a “permeare ogni attività che avesse a che fare con lo stadio di San Siro”, trasformato in “territorio franco”, “fuori da ogni controllo di legalità”, fatto di “scontri violenti”, ma che con “la rarefazione delle forme di contrasto” crea “le condizioni per il successivo controllo di ogni iniziativa economica”.

Dai parcheggi (ai domiciliari un gestore), con estorsioni da 4mila euro al mese, fino al catering, agli ambulanti dei panini, al facchinaggio, alle bibite vendute dentro San Siro. Si parla nelle intercettazioni di incassi per “milioni” di euro. “Bisogna smettere di far finta di niente”, ha ammonito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo. Nessun indagato, precisa il procuratore Viola, tra dirigenti, calciatori e responsabili di Inter e Milan.

Per corruzione tra privati, invece, in una tranche è indagato il consigliere lombardo Manfredi Palmeri. E’ stato aperto, comunque, un “procedimento di prevenzione” e i due club (parti offese) dovranno dimostrare, in contraddittorio, di aver reciso i legami con il mondo ultrà, soprattutto sul fronte biglietti. Mentre la Figc ha chiesto gli atti ai pm milanesi. Le indagini, scrive il gip, “hanno evidenziato che la Società interista si trova in una situazione di sudditanza nei confronti degli esponenti della Curva Nord, finendo, di fatto, per agevolarli seppur obtorto collo”.

La curva sarebbe riuscita con “pressioni” ad ottenere 1500 biglietti per la finale di Champions Istanbul, “con contatti dispiegati ad ogni livello, da giornalisti ad esponenti della società come Claudio Sala”, Slo (Supporter Liaison Officer) dell’Inter, e “Zanetti, allo stesso allenatore” Inzaghi “e ad ex calciatori”, come Materazzi. Agli atti pure un incontro tra Lucci e “il capitano del Milan, Davide Calabria”. Infine, “un accordo tra le due tifoserie” prima della semifinale di Champions del 2023: “chiunque” avesse vinto “si impegnava a dare una quota di biglietti” all’altra curva.

(La foto in evidenza di Imagoeconomica è di archivio e la usiamo a titolo illustrativo per l’inchiesta della Procura di Milano)  

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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