“Il quarantunesimo anniversario dell’attentato di via Isidoro Carini richiama l’intero Paese a uno sforzo corale nell’impegno di lotta alla mafia. Tutta la società italiana deve sentirsi coinvolta: le istituzioni, le agenzie educative, il mondo delle associazioni”. Il messaggio del capo dello Stato, Sergio Mattarella, in ricordo della strage in cui morirono il 3 settembre 1982 il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e durante la quale fu ferito mortalmente l’agente Domenico Russo, è un monito forte a non abbassare la guardia nel contrasto alla criminalità organizzata. Mattarella lo ha testimoniato anche volendo essere presente a Palermo, nella chiesa di San Giacomo dei Militari, alla messa officiata dall’arcivescovo Corrado Lorefice per commemorare le vittime dell’imboscata dei sicari di cosa nostra.
L’A112 sulla quale viaggiava il prefetto, guidata dalla moglie fu affiancata alle 21:15 da una Bmw, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47, che uccisero il generale e la moglie. Nello stesso momento l’auto guidata da Russo, che seguiva la vettura del prefetto, fu crivellata da altri colpi di mitra esplosi da una motocicletta. Il poliziotto rimase ferito e morì dopo dodici giorni in ospedale. Per i tre omicidi sono stati condannati all’ergastolo come mandanti i vertici di Cosa nostra, i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci.
“Dalla Chiesa intuì le potenzialità dell’azione della pubblica amministrazione per contrastare, insieme all’azione della magistratura e delle forze di Polizia, le pretese criminali di controllo dei territori. Il suo esempio interpella oggi la coscienza civica e la responsabilità personale di coloro che ricoprono pubbliche funzioni, chiamati a costituire un efficace argine all’illegalità, alla corruzione e alle infiltrazioni criminali nel tessuto amministrativo ed economico”, ha sottolineato Mattarella. “A Dalla Chiesa, esempio di integrità e coraggio, e a tutti i servitori dello Stato che sono caduti lottando per liberare l’Italia dal cancro della mafia, va il nostro più profondo ringraziamento e rispetto. La vostra battaglia è la nostra e non indietreggeremo mai”, ha scritto su Fb la premier Giorgia Meloni.
“La storia di Dalla Chiesa ci insegna che nel contrasto alla mafia nessuno deve mai essere lasciato solo”, ha affermato il presidente del Senato, Ignazio La Russa. “Le sue battaglie un’eredità per le nuove generazioni. Il popolo italiano gli renda sempre onore”, ha detto il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana. Nel luogo dell’eccidio, stamattina sono state deposte alcune corone d’alloro. Alla cerimonia hanno preso parte i figli del prefetto, Nando e Simona Dalla Chiesa, il presidente della commissione nazionale Antimafia Chiara Colosimo, il sottosegretario alla giustizia Francesco Paolo Sisto, il prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta, il procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia, il presidente del tribunale Piergiorgio Morosini, il procuratore generale della corte d’appello Lia Sava, il procuratore per i minorenni , Claudia Caramanna, il presidente della Regione, Renato Schifani e il sindaco Roberto Lagalla.
“Anche dopo tanti anni, ritrovarmi in questo posto che è stato l’ultima immagine della vita di mio padre, ritrovare il calore e l’affetto dei palermitani e sapere che viene ricordato soprattutto dai ragazzi, è come se il suo messaggio abbia camminato per tutto questo tempo e sia arrivato fino ai più giovani, dando speranza ad una Palermo diversa”, ha detto Simona Dalla Chiesa. “Il generale a è un monumento alla storia dell’antimafia”, ha sostenuto Colosimo. “Il nostro contrasto nella Regione Siciliana è sempre vigile e continuo e si batte anche per fare in modo che vi siano delle turnazioni all’interno della dirigenza per evitare che vi siano incrostazioni”, ha affermato Schifani.