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Mattarella incontra Conte: fare presto e bene per il Paese

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Silenzio assoluto dal Colle sull’incontro di quasi un’ora tra il presidente Sergio Mattarella e il premier Conte. Si e’ trattato di un incontro “interlocutorio”, e’ l’unica sottolineatura che esce dal Quirinale, ma che ben spiega quanto Sergio Mattarella in queste ore sia piu’ preoccupato spettatore che regista di una crisi politica nella quale, dall’opposizione, vogliono tirarlo dentro. Se infatti Matteo Salvini e Giorgia Meloni da giorni chiedono un suo intervento – anche ricordando che in passato il presidente disse al centro-destra che per avere un incarico servivano numeri certi – e’ chiaro che il capo dello Stato in questa fase non puo’ intervenire se non con una pedagogica “moral suasion”. Giuseppe Conte e’ infatti fresco di una fiducia, seppur minima, dei due rami del Parlamento ed una crisi non e’ mai stata formalmente aperta. Ma le preoccupazioni di Mattarella sono note ormai da settimane e non si sono certo affievolite in queste ore nelle quali si irrobustisce la percezione della fragilita’ della maggioranza. Si sta infatti materializzando quel rischio di avere un esecutivo “abborracciato” che il Colle ha gia’ segnalato a Conte. “Siamo in una situazione delicata e non compiuta”, sintetizza una fonte confermando cosi’ una rischiosa sensazione di precarieta’ che il Quirinale annota anche dopo l’incontro con il premier. Un incontro interlocutorio, appunto, solo “per riferire” quali sono le volonta’ e gli intendimenti di palazzo Chigi, questi si’ chiari, nel voler prendere tempo per allargare la maggioranza, promuovere la formazione di un nuovo gruppo parlamentare centrista e poi accontentare tutti con un rimpasto. Un percorso che Mattarella non ostacola e del quale non puo’ essere che autorevole spettatore, almeno fino al passaggio finale quando il premier dovra’ condividere con lui la scelta dei nuovi ministri. Ma se dal Quirinale oggi “non esce neanche un fiato”, non e’ difficile ricostruire quali siano le perplessita’ e i timori del presidente. La parlamentarizzazione della crisi e’ stata una scelta corretta in una Repubblica parlamentare, ma forse il tentativo – sicuramente piu’ rischioso – di ricomporre la maggioranza attraverso dimissioni e nuovo incarico, cioe’ il Conte-ter, avrebbe forse accelerato i tempi e riportato a una ricomposizione con Italia Viva piu’ utile al Paese, anche con il sacrificio di dover mettere da parte gli antagonismi personali poi deflagrati. “E il tempo dei costruttori”, aveva detto Mattarella nel suo discorso di fine anno, quando al Quirinale era gia’ chiara la portata della crisi che si stava aprendo. Parole interpretate poi da ognuno secondo i propri bisogni, ma che nel ragionamento presidenziale erano accompagnate dalla piena comprensione della gravissima crisi in atto per la pandemia e dalle enormi responsabilita’ che attendono il governo per l’esecuzione e il buon uso dei fondi del Recovery plan. L’ancoraggio europeo dell’Italia e’ stato il faro che ha guidato le scelte del Quirinale che oggi registra l’incredulita’ delle cancellerie europee su questa ennesima crisi all’italiana, semplicemente “incomprensibile” vista da Bruxelles. “Fare presto e fare bene”, e’ l’estrema sintesi del colloquio odierno al Quirinale che per ora preferisce adottare con il premier la linea del consiglio piuttosto che quella del rimbrotto. Non sono stati presentati ultimatum, ne’ indicate date e dead line al tentativo di Conte di raggranellare una maggioranza che si possa chiamare tale. Ma certamente non saranno mancate, in quei 50 minuti di colloquio, una serie di osservazioni e inevitabili richiami sullo stato di salute del Paese, sul ruolo alto della politica, sulla necessita’ di non perdere il contatto con i bisogni della gente e, soprattutto, che l’Italia in questa fase non ha bisogno solo di aritmetica ma di un grande progetto politico per risollevare il Paese dalla crisi piu’ buia della Repubblica.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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