Nel Giorno del Ricordo di una delle pagine piu’ buie della nostra storia, l’Italia rende omaggio alle vittime delle Foibe e dell’esodo istriano, fiumano e dalmata. Perche’ non si dimentichino gli eccidi e gli esodi determinati dal regime di Tito alla fine della Seconda guerra mondiale per cancellare la presenza italiana nell’Istria. Violenze e soverchierie di settant’anni fa che non possono essere dimenticate perche’, come insegna la cronaca, anche oggi possono ripetersi nelle terre di confine. “I confini non siano causa di conflitto”, ammonisce il presidente del Consiglio Mario Draghi nell’Aula al Senato, concludendo una cerimonia svoltasi alla presenza del presidente della Repubblica e delle Alte cariche dello Stato. “Gli errori del passato – raccomanda – non diventino motivo di divisioni”, nella speranza che la ricorrenza di oggi sia “un’occasione per rafforzare i legami con i nostri vicini. Ed evitare che gli errori del passato diventino motivo di divisione o di risentimento”.
Cosi’ che “divisioni, odi e soprusi non trovino piu’ spazio in Europa”. Il capo dello Stato Sergio Mattarella, accolto in Aula da un lungo applauso, indica come antidoto a scontri e divisioni, l’Europa “nata dalla pace” e il dialogo, “ravvivato dall’affermazione delle democrazie”. Un “impegno di civilta’”, ricorda, e’ conservare “la memoria della tragedia degli istriani, dei fiumani, dei dalmati e degli altri italiani che avevano radici in quelle terre”; perche’ anche il “ricordo piu’ doloroso anche quello che trae origine dal male, puo’ diventare seme di pace”. “Questo – prosegue Mattarella – e’ l’impegno di cui negli ultimi anni il nostro Paese si e’ reso protagonista insieme alla Slovenia e alla Croazia per fare delle zone di confine una terra di incontro e prosperita’, di collaborazione, di speranza”. L’invito a “non dimenticare una delle piu’ grandi tragedie del ‘900” arriva dalla presidente del Senato Casellati. La verita’, sottolinea Casellati aprendo la cerimonia a palazzo Madama, si deve alle “testimonianze dei sopravvissuti”; a loro si deve se “queste storie di sofferenza sono divenute parte integrante della coscienza collettiva”.
Anche per questo, Casellati chiede di “proseguire il comune cammino contro ogni forma di oblio”. E’ il presidente della Camera Roberto Fico a mettere il dito nella piaga del revisionismo storico, che nega l’eccidio delle Foibe. “Posizioni inaccettabili”, sostiene, sottolineando che non e’ possibile “ridimensionare le gravi responsabilita’ storiche che hanno portato ad eventi cosi’ drammatici”. Sulla stessa linea Ettore Rosato afferma: “i dati della storia confutano il negazionismo”, il vicepresidente di Montecitorio ricorda anche che oggi “grazie all’Ue Italia e Slovenia sono nella stessa casa”. Nel corso della cerimonia a palazzo Madama, avviata dall’esecuzione dell’Inno di Mameli e conclusa con l’Inno alla Gioia, sono state premiate le quattro scuole vincitrici del concorso nazionale “10 febbraio, per Amor di Patria”. Le commemorazioni per le vittime delle Foibe, si sono succedute lungo tutta la penisola e sono state aperte questa mattina alla Foiba di Basovizza, sul Carso triestino, con il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, la capogruppo dem alla Camera, Debora Serracchiani, autorita’ civili e militari.
“Le istituzioni – sono le parole di Fedriga – hanno il dovere, soprattutto verso le future generazioni, di tutelare e di custodire la verita’ non solo a parole ma attraverso fatti concreti”. Il Giorno del Ricordo fu istituito con una legge del 2004, con Silvio Berlusconi premier e oggi il Cavaliere ricorda: “Lo facemmo a perenne monito sulle tragiche conseguenze dell’ideologia comunista e del nazionalismo esasperato”. Con quel provvedimento, sottolinea la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni “l’Italia riconosce il dramma che vissero i nostri connazionali e lo celebra cosi’ come essi meritano”. Dalla Lega arriva invece la proposta un disegno di legge che istituisca un concorso annuale per la realizzazione di un’opera d’arte itinerante da esporre, per un anno, in uno dei tanti capoluoghi di regione italiani. Dal Centrosinistra Enrico Letta chiede che “il Paese tutto si unisca in una partecipazione corale”. Mentre Luigi Di Maio fa appello a “percorsi di pace, apertura, inclusione”.
La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.
Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.
“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.
E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.
“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).
“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.
Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.
Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.
Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.
Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale
Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.
«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».
Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.
Le accuse e il chiarimento
Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:
«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».
L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:
«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».
Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.
Una vicenda che lascia il segno
Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:
«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».
Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.
Conclusione
La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.