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Maresca, i magistrati, gli ipocriti e la politica: tutti i nodi che deve sciogliere la signora Cartabia

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La questione è seria. Lo è ancora di più perchè in quel che accade nel cosiddetto caso Maresca non è in gioco il rispetto della legge ma l’ipocrisia umana. Un magistrato deve essere indipendente? Deve essere slegato dalla politica? Deve essere soggetto solo alla legge? La risposta è banale: sì. Ma in Italia accade tutto ciò? In Italia di magistrati che si candidano in un partito politico, si fanno un giro nelle istituzioni e tornano a ricoprire un incarico delicato come quello di magistrato ce ne sono a centinaia. Segno che non esiste un caso Maresca, ma un caso magistratura. L’ipocrisia è voler ridurre un affare serio ad un caso personale. Maresca come politico non esiste. È stato certamente un eccellente magistrato. Come politico è un consigliere comunale di una minoranza esigua in un Comune dove il sindaco ha ottenuto la maggioranza assoluta al primo turno. Con ciò che cosa vogliamo dire? Che esiste un caso magistrati-politica. Occorre chiudere le porte girevoli. Chi vuole fare politica, si accomodi pure. Poi però non torna a fare il magistrato o se eletto sceglie. Oppure se eletto, finito il suo mandato elettivo va a fare il magistrato in un distretto giudiziario  lontano mille miglia dal luogo in cui ha fatto il politico di parte. Poi ci sono i magistrati che per motivi più o meno nobili ad ogni cambio di Governo del Paese a decine (a volte anche oltre 2oo)  finiscono negli uffici dei più disparati ministeri a fare i collaboratori del ministro politico di turno. E pure qui l’ipocrisia si dispensa a piene mani nel dibattito pubblico.

Luca Palamara e Giuseppe Cascini. Per anni presidente e segretario dell’Anm

La ministra Guardasigilli Marta Cartabia dice di essere intenzionata a risolvere questo problema e quello ancora più serio determinato dalla inchiesta su Luca Palamara e sul Csm ridotto (secondo l’inchiesta della procura di Perugia) ad una ridotta dei partiti politici. Vediamo che cosa partorirà prima di giudicare. Certo è che la signora Cartabia, anche lei, non può ridurre la questione seria dell’indipendenza della magistratura dalla politica ad un caso Maresca. Anche se la doppia veste di Maresca, giudice a Campobasso e politico a Napoli (poco importa per conto di chi, se a destra o sinistra) non se ne scende manco con un tir di Malox. Lui, Maresca, ovviamente la vede a modo suo. E non ci risparmia, ovviamente, il suo pensiero. “Io dico che è incomprensibile ciò che viene mosso nei miei confronti. Non sono disposto a diventare il capro espiatorio di contese altre, che non accetto vengano compiute sul mio nome e sulla mia onorabilità personale e professionale” scrive giustamente sui suoi profili social il magistrato. Così, il magistrato-consigliere comunale capo del centrodestra al Comune di Napoli, prova a spiegare con serenità (?) che “non esiste nessun caso Maresca perchè ho rispettato la legge come hanno fatto Gennaro Marasca, assessore negli anni Novanta nella giunta comunale di Bassolino (e consigliere di Appello a Campobasso, ndr ); Nicola Marrone, sindaco di Portici (che anche in campagna elettorale svolgeva le funzioni di giudice nella vicina Torre Annunziata, ndr ); come Nicola Graziano, che è stato consigliere ad Aversa, e Mariano Brianda consigliere a Sassari, tra i più recenti identici casi a me noti. Ma se ne potrebbero citare altri”.

Sotto questo profilo Maresca ha ragione a stigmatizzare lo strabismo politico di chi oggi vede casi Maresca dappertutto. Però, Maresca, perfetto sotto il profilo del rispetto della legge, non si interroga sulle ragioni etiche e di opportunità. Come dire: anche lui un pochino di strabismo da curare ce l’ha. Ma la sua per ora non è una malattia grave come quella degli ipocriti. La speranza è che la signora Cartabia, possibile prossima inquilina del Quirinale, dunque possibile nuovo capo anche del Csm, riesca a mettere nero su bianco una riforma che imponga ai magistrati (tutti) non codici etici o leggi a maglie larghissime sulla incompatibilità tra l’ufficio di magistrato e incarichi politici. Occorrono leggi in cui l’aut aut è semplice: se fai il magistrato non puoi fare il politico. E sei vuoi farlo, è un tuo diritto, ma una volta uscito dalla porta della magistratura non ci rientri più in quella casa dove prima facevi il magistrato. È così difficile? Pare di sì.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Esteri

Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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Esteri

Spagna, imprenditore sotto inchiesta denuncia: diedi 350mila euro a ministro e consulente

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L’imprenditore Victor de Aldama (nella foto col premier, che non è sotto accusa in questa inchiesta), uno dei principali accusati della rete di corruzione e tangenti al centro dell’inchiesta nota come ‘caso Koldo’, ha tentato oggi di coinvolgere numerosi esponenti dell’esecutivo, mentre il Psoe ha annunciato azioni legali per diffamazione. In dichiarazioni spontanee oggi davanti al giudice dell’Audiencia Nacional titolare dell’indagine, de Aldama ha segnalato anche il premier Pedro Sanchez, che a suo dire lo avrebbe ringraziato personalmente per la gestione che stava realizzando a favore di imprese spagnole in Messico, della quale “lo tenevano informato”, secondo fonti giuridiche presenti all’interrogatorio citate da vari media, fra i quali El Pais e Tve.

Al punto che lo stesso presidente avrebbe chiesto di conoscerlo, per ringraziarlo, in un incontro che – a detta dell’imprenditore, presidente del club Zamora CF e in carcere preventivo per altra causa – avvenne nel febbraio 2019 nel quartiere madrileno di La Latina, durante un meeting socialista. Un incontro che sarebbe documentato nella fotografia con Pedro Sanchez, pubblicata da El Mundo il 3 novembre scorso. Il presunto tangentista avrebbe sostenuto che Koldo Garcia, da cui deriva il nome del ‘caso Koldo’, divenne consulente dell’ex ministro dei Trasporti, José Luis Abalos, per decisione dello stesso Sanchez. Avrebbe sostenuto, inoltre, di aver consegnato tangenti per 250.000 euro ad Abalos e per 100.000 euro Koldo Garcia, arrivando a dire “io non sono la banca di Spagna, state esagerando”, secondo le fonti citate.

La rete di corruzione si sarebbe avvalsa dell’ex segretario di organizzazione del Psoe, Santos Cerdàn, al quale Aldama sostiene di aver consegnato una busta con 15.000 euro. Il tangentista avrebbe affermato anche si essersi riunito in varie occasioni con la ministra Teresa Ribera, per un presunto progetto di trasformazione di zone della Spagna disabitata in parchi tematici, secondo fonti giuridiche citate da radio Cadena ser. Un progetto al quale avrebbe partecipato anche Javier Hidalgo, Ceo di Globalia e al quale fu presente, in almeno una riunione, Begona Gomez, moglie di Pedro Sanchez. Fonti governative, riportate da Cadena Ser, definiscono un cumulo di menzogne le dichiarazioni di Aldana, che “non ha alcuna credibilità” ed è in carcere preventivo, per cui punterebbe a ottenere un trattamento favorevole in una prevedibile condanna.

“Il presidente del governo non ha né ha avuto alcuna relazione” con Aldama, segnalano le fonti. “Tutto quello che dice è totalmente falso”, ha dichiarato da parte sua ai cronisti Santos Cerdàn, “Questo signore non ha alcuna credibilità, sta tentando di salvarsi dal carcere. Non ha alcuna relazione con il presidente del governo, io non ho ricevuto mai denaro da lui e non lo conosco”, ha aggiunto l’esponente socialista, annunciando azioni .giudiziarie. Lo stesso ha fatto il portavoce parlamentare del Psoe, Patxi Lopez, che ha confermato “azioni legali” del partito della rosa nel pugno “perché la giustizia chiarisca tutte queste menzogne”.

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Algoritmo di X favorisce Musk e i repubblicani

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Elon Musk ha cambiato l’algoritmo di X in suo favore e in quello dei repubblicani a partire dallo scorso 13 luglio, quando ha formalizzato l’endorsement a Donald Trump. A dare sostanza ai dubbi di una iper-presenza dell’imprenditore sulla piattaforma di sua proprietà è una ricerca australiana. Un artificio a cui il proprietario di Tesla e Space X era già ricorso un anno fa. Lo studio – a cura di Timothy Graham della Queensland University of Technology di Brisbane e Mark Andrejevic della Monash University di Melbourne – ha preso in esame i post pubblicati da Musk e da alcuni profili tra l’1 gennaio e il 25 ottobre 2024 e si è basato su un metodo statistico chiamato Cusum (Cumulative Sum).

In una prima fase si è concentrato sulle metriche dell’account personale di Musk certificando, dopo il 13 luglio 2024, un aumento del 138% delle visualizzazioni e del 238% dei repost. In una seconda fase l’analisi ha esaminato le metriche degli account dei repubblicani, sia politici sia utenti comuni, registrando solo un incremento delle visualizzazioni rispetto ai profili dei democratici. Sebbene i risultati siano preliminari, riflettono i ricercatori, suggeriscono “domande importanti sul potenziale impatto del cambiamento degli algoritmi nel discorso pubblico e sulla neutralità dei social come vettori di informazione”.

La precedente modifica dell’algoritmo di X era stata implementata a febbraio 2023, quando Musk aveva imposto agli ingegneri della piattaforma un cambiamento dopo aver scoperto che un suo post aveva ricevuto meno visualizzazioni di quello di Biden. Il miliardario oltre ad aver appoggiato formalmente Trump nella corsa alla presidenza ha speso più di 200 milioni di dollari per contribuire a rieleggerlo.

Dopo la sua vittoria, il presidente eletto ha annunciato che Musk guiderà un nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa, il Doge. A seguito di un coinvolgimento sempre più massiccio di Elon Musk in politica, è iniziato un esodo da X in favore della piattaforma BlueSky, nata in sordina a ridosso dell’acquisto dell’ex Twitter da parte dell’imprenditore nell’ottobre 2022. Nelle ultime settimane l’alternativa a X ha superato i venti milioni di utenti, con un ritmo di crescita di un milione di nuovi utenti al giorno. Tra le migrazioni celebri, gli attori John Cusack, Guillermo del Toro, Ben Stiller, la cantante Dionne Warwick e il rapper Flavor Flav. Anche il Guardian è uscito dal social network a causa del diffondersi di “contenuti allarmanti”.

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