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Marco Patarnello nel mirino: il nuovo bersaglio del governo Meloni

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Non si aspettava questa burrasca, Marco Patarnello. Dopo il caso di Silvia Albano, giudice della Sezione immigrazione del tribunale di Roma e presidente di Magistratura democratica, ora è lui, sostituto procuratore generale della Cassazione, a diventare il nuovo bersaglio del governo, in particolare della premier Giorgia Meloni. Patarnello, 62enne, con un lungo trascorso da giudice nella capitale, è conosciuto per il suo ruolo di vicesegretario generale del Consiglio superiore della magistratura e la sua appartenenza a Md, considerata una “toga rossa”. La sua recente presa di posizione su temi giurisdizionali ha innescato un acceso dibattito politico e mediatico.

L’accusa di eversione

Sulla mailing list dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Patarnello ha scritto un messaggio che ha sollevato un’ondata di critiche: «Giorgia Meloni si muove per visioni politiche, e questo rende molto più pericolosa la sua azione… A questo dobbiamo assolutamente porre rimedio». Le sue parole sono state interpretate come un attacco diretto al governo, attirando su di lui accuse di “eversione” e annunci di interrogazioni parlamentari. Tuttavia, nella stessa mail, Patarnello ha precisato: «Non dobbiamo fare opposizione politica, ma difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini a un giudice indipendente. Senza timidezze».

Il dibattito interno alla magistratura

Patarnello ha esortato l’Anm e il Consiglio superiore della magistratura (Csm) a prendere una posizione chiara e netta in difesa dell’autonomia dei magistrati. Ha fatto riferimento al caso della giudice catanese Iolanda Apostolico, criticata per aver disapplicato una norma del “decreto Cutro” ritenuta in contrasto con la legislazione europea. Per Patarnello, il Csm dovrebbe intervenire con maggiore fermezza a tutela della magistratura. Questo appello, tuttavia, ha innescato un acceso dibattito, con toghe di diverse correnti che hanno espresso preoccupazione per le reazioni del governo Meloni e del ministro della Giustizia Carlo Nordio alle recenti ordinanze.

“Uno strafalcione istituzionale”

Stefano Musolino, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e segretario di Md, ha spiegato: «Compito dell’ordine giudiziario non è collaborare col potere esecutivo o legislativo bensì tutelare i diritti delle persone secondo quanto prevedono le leggi nazionali e sovranazionali, a partire dalla Costituzione e dai Trattati europei.» Musolino ha difeso Patarnello, sottolineando che la visione di una magistratura servente nei confronti di governo e Parlamento è pericolosa per i cittadini, non solo per i magistrati.

L’indipendenza sotto attacco

Tanto Patarnello quanto Silvia Albano sono magistrati noti per il loro garantismo e rigore, qualità che dovrebbero essere apprezzate da un governo che invoca il rispetto delle regole. Tuttavia, le loro posizioni li hanno resi bersagli di attacchi politici. Albano, in passato bollata come “giudice comunista e pro-migranti” per alcune sue decisioni, ha ricordato che dichiarare di fondare il proprio operato sulla Costituzione non significa essere parziali.

La tensione tra magistratura e governo

Il caso Patarnello è l’ennesimo segnale di una crescente tensione tra il governo e una parte della magistratura, che si trova a difendere la propria indipendenza in un contesto politico sempre più polarizzato. Gli attacchi personali, come quelli rivolti a Patarnello, sembrano voler mettere in discussione il ruolo autonomo della magistratura e l’importanza del diritto dei cittadini a un giudice indipendente.

La vicenda di Marco Patarnello riflette un quadro più ampio di tensione tra politica e magistratura, in cui il delicato equilibrio tra poteri sembra essere sempre più a rischio. Difendere l’indipendenza dei magistrati non è solo una questione interna alla giurisdizione, ma riguarda anche la tutela dei diritti dei cittadini e la solidità delle istituzioni democratiche.

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Campania 2025: Fico e Manfredi pronti alla sfida per il post-De Luca

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Roberto Fico ha già fiutato il vento del cambiamento in Campania, e si prepara a mettere le mani avanti. «Io sono abituato a rispettare le regole. Finché c’è la regola dello stop dopo due mandati nel mio partito non posso candidarmi. Se cambia, vedremo», ha dichiarato l’ex presidente della Camera, aprendo di fatto alla possibilità di una sua candidatura se il limite dei due mandati venisse eliminato. La partita per il post-De Luca è ormai aperta, e il nome di Ficoè già sul tavolo, insieme a quello di Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, nonostante le dichiarazioni di circostanza dei diretti interessati.

Il dopo De Luca è iniziato ufficialmente, e l’endorsement di Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, durante il programma Piazzapulita ha segnato una svolta decisiva. Le parole di Schlein, «Tutti sono utili, nessuno è indispensabile e nessuno è eterno», sembrano aver chiuso la porta a un possibile terzo mandato per Vincenzo De Luca, attuale governatore della Campania. La sua ambizione per un terzo mandato è stata di fatto archiviata, dando il via libera a nuovi candidati nel campo progressista.

In un sabato piovoso a Napoli, figure di spicco del Partito Democratico, del Movimento Cinque Stelle e della sinistra si sono incontrate, chiamati dall’eurodeputato Sandro Ruotolo. L’incontro ha sancito una sorta di coalizione progressista, con l’obiettivo di riproporre l’alleanza che ha portato alla vittoria di Manfredi a Napoli. Fico ha sottolineato l’importanza di questo percorso condiviso: «Non ci si improvvisa, quello è un percorso che abbiamo costruito insieme e per tempo».

Gaetano Manfredi, anch’egli citato come possibile successore di De Luca, ha ribadito la necessità di partire dall’alleanza attuale, senza frammentazioni interne: «In Campania bisogna partire dall’alleanza che c’è. Non possiamo dividerci». Manfredi ha poi tracciato un bilancio dei 10 anni di governo di De Luca, evidenziando sia luci che ombre, sottolineando che non tutto è andato bene, ma nemmeno tutto è andato male.

Al Nazareno, sede del Partito Democratico, c’è aria di rivalsa. Marco Sarracino, deputato e responsabile per il Mezzogiorno, ha lanciato un messaggio chiaro: «Facciamo un’operazione verità, perché la verità è sempre rivoluzionaria». Secondo Sarracino, è De Luca a essersi messo fuori dal partito, ma il governatore non sembra intenzionato a fare un passo indietro. De Luca, infatti, ha più volte ripetuto che si candiderà comunque, sebbene per farlo dovrà modificare la legge elettorale.

La sfida è aperta, e con il supporto di una coalizione progressista che comprende PD, Cinque Stelle, e sinistra, sia Ficoche Manfredi potrebbero essere candidati forti per il futuro della Campania. Tuttavia, il governatore uscente De Lucanon cederà facilmente il suo posto, promettendo di vendere cara la pelle fino alla fine.

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La tempesta politica contro i giudici: il caso Patarnello

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Marco Patarnello, 62enne sostituto procuratore generale della Cassazione, è finito al centro di una bufera politica inaspettata. Dopo Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica, anche Patarnello è diventato un bersaglio del governo, con attacchi diretti dalla premier Giorgia Meloni. Questo caso mette in evidenza la crescente tensione tra magistratura e politica, sollevando interrogativi cruciali sull’autonomia della giustizia.

Le accuse contro Patarnello

Il magistrato, aderente a Magistratura Democratica, ha espresso preoccupazione per l’attacco del governo alla giurisdizione. Patarnello ha scritto che Meloni si muove per visioni politiche, definendo questa azione più pericolosa rispetto agli attacchi passati di Silvio Berlusconi, legati a interessi personali. Le sue parole hanno scatenato una forte reazione, con accuse di “eversione” e l’annuncio di interrogazioni parlamentari contro di lui.

La difesa della giurisdizione

Patarnello ha chiarito che il suo obiettivo non era fare opposizione politica, ma difendere l’indipendenza della magistratura e il diritto dei cittadini a un giudice imparziale. Ha invitato l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) e il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) a prendere una posizione ferma contro gli attacchi politici e a proteggere l’indipendenza dei magistrati, citando il caso della giudice Iolanda Apostolico, criticata per aver disapplicato una norma del “decreto Cutro” in contrasto con le leggi europee.

Il dibattito sulla magistratura

Il caso Patarnello ha acceso un ampio dibattito all’interno della magistratura. Molti magistrati, di diverse correnti politiche, condividono la preoccupazione per l’ingerenza del governo nelle decisioni giudiziarie. Stefano Musolino, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, ha spiegato che il compito della magistratura non è collaborare con il potere esecutivo, ma tutelare i diritti delle persone in base alle leggi nazionali e internazionali. Ha inoltre sottolineato che la visione della premier Meloni rischia di compromettere l’indipendenza della magistratura, con conseguenze per i diritti dei cittadini.

Un attacco all’indipendenza della magistratura?

Sia Patarnello che Albano sono magistrati conosciuti per il loro garantismo e rigore, caratteristiche che dovrebbero essere apprezzate anche da un governo che invoca il rispetto delle regole. Tuttavia, il loro attivismo su temi delicati come l’immigrazione e la giustizia sociale li ha resi bersagli politici. La questione dell’indipendenza giudiziaria è ora centrale, con il rischio che la magistratura venga vista come una forza servente al governo piuttosto che un potere indipendente.

Conclusione

Il caso Patarnello rappresenta un momento cruciale nel rapporto tra politica e magistratura in Italia. Con accuse di “eversione” e interrogazioni parlamentari in arrivo, il dibattito su come proteggere l’indipendenza della magistratura è destinato a intensificarsi nei prossimi mesi. L’autonomia della giustizia rimane un pilastro fondamentale per garantire i diritti dei cittadini, e la sua difesa è ora più importante che mai.

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Calcio e tv, lo scudo antipirateria ferma Google Drive

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Un bersaglio sbagliato. Nella rete del Piracy Shield, la piattaforma antipirateria messa a punto dalla Lega Serie A e adottata dall’Agcom con l’obiettivo di fermare i siti streaming illegali delle partite di calcio, è finito uno dei servizi più utilizzati dagli utenti del web che non è certo tra quelli che dovrebbero essere bloccato. Si tratta di Google Drive, la piattaforma per archiviare e condividere dati in cloud, come segnalato dal sito specializzato Wired, che ha anche verificato il blocco di una delle cache di Youtube. La notizia è stata poi ripresa da Repubblica.it e ha provocato le reazioni delle associazioni dei consumatori e del mondo politico.

L’Autorità per le Comunicazioni non si è ancora espressa, ma sta verificando quanto accaduto. Qualcosa non ha funzionato nel processo usato dallo scudo. Sono i broadcaster che detengono i diritti a segnalare i siti che trasmettono illegalmente i loro contenuti, che poi vengono automaticamente bloccati entro 30 minuti, in base alla legge 93 del luglio 2023, dai provider. Ma tra questi domini è finito erroneamente anche quello di Google Drive, che non era evidentemente presente nella lista degli indirizzi che non devono essere fermati. L’inconveniente è successo ieri sera, poco prima che iniziasse Juventus-Lazio, provocando meno danni di quelli che avrebbe potuto fare in un giorno feriale, quando centinaia di migliaia di lavoratori fanno uso di Drive.

Sono state, comunque, molte le segnalazioni degli utenti della piattaforma, utilizzata da aziende e istituzioni pubbliche. Già nei mesi scorsi è accaduto un inconveniente analogo, ma il Piracy Shield nei primi mesi di utilizzo ha comunque consentito di bloccare molti siti pirata e, anche sulla scia di questi numeri, il Parlamento sta valutando un’ulteriore stretta alla pirateria. Due emendamenti di FI e FdI al Dl Omnibus, approvati in Commissione al Senato, prevedono che anche i fornitori di servizi Vpn e Dns rientreranno tra i soggetti cui l’Agcom può ordinare di disabilitare l’accesso ai contenuti diffusi abusivamente; inoltre si obbligano i prestatori di servizi di accesso alla rete di segnalare immediatamente le “condotte penalmente rilevanti” all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, pena “la reclusione fino ad un anno”.

La piattaforma antipirateria potrà, inoltre, bloccare gli indirizzi Ip anche quando l’attività fuorilegge è solo “prevalente” e non esclusiva. Le norme hanno già provocato la protesta degli operatori telefonici, che le reputano troppo drastiche. Ora è il Codacons ad annunciare la presentazione di un esposto alla Procura di Roma, chiedendo il sequestro del sistema Privacy Shiled. “Quanto accaduto – afferma l’associazione dei consumatori – è gravissimo e rappresenta un precedente pericoloso a danno di una platea enorme di soggetti”.

La deputata Giulia Pastorella, vicepresidente di Azione, ha reso noto che presenterà un’interrogazione urgente al governo e chiederà che Agcom venga convocata in Commissione Trasporti e Telecomunicazioni. “È l’ennesimo inaccettabile blocco arbitrario e senza senso arrivato in questi mesi – afferma – Cosa deve succedere perché Agcom sospenda la piattaforma? Deve andare offline qualche servizio vitale?”. Proteste analoghe arrivano anche da M5S con il deputato Antonio Caso e dal Pd con il senatore Lorenzo Basso.

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