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Maradona, eredità, liti, dubbi e il ruolo di Matias Morla: ancora non c’è pace per Diego

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Non c’e’ pace per Diego Armando Maradona. A dieci giorni dalla sua scomparsa, in attesa di conoscere gli esiti degli esami autoptici e mentre si susseguono gli omaggi, proseguono anche le indagini per stabilire se ci sia stata negligenza da parte dei medici che avevano in cura il campione argentino. I pubblici ministeri che indagano sulla morte di Maradona hanno deciso convocare una commissione medica interdisciplinare per analizzare a fondo il quadro clinico di Maradona. Quale era il quadro della salute di Maradona? Qualcuno ha fatto i controlli? La casa in affitto a San Andres de Tigre era il posto giusto per un paziente come Diego? Sono alcune delle domande che i pm porteranno alla commissione medica. “Aspetteremo che arrivino i risultati di tutti gli studi tossicologici e istopatologici e organizzeremo tutti i documenti raccolti sul caso, in modo da consegnare a ciascun esperto il materiale di cui ha bisogno”, ha fatto sapere al Clarin una fonte. Gli omaggi a Maradona proseguono. Oggi e’ toccato alla nazionale argentina di rugby scendere in campo con la maglia numero 10, dopo le polemiche della settimana scorsa, ed al suo preparatore atletico ed amico, Fernando Signorini che ha affidato ad un tweet il suo pensiero: “Grazie per aver trasformato una vita ordinaria come la mia in una vita meravigliosa. Felici quelli che hanno apprezzato il giocatore e l’uomo e quelli che non lo hanno… non sanno che hanno perso”. Ma l’attenzione, soprattutto dei media, e’ ora tutta per il patrimonio dell’argentino e su chi saranno gli eredi. Un rompicapo se si pensa che oltre all’ex moglie, Claudia Villafane, i cinque figli riconosciuti – Dalma e Gianinna, nate dal matrimonio con la Villafane, Diego junior, frutto della relazione con la napoletana Cristiana Sinagra, Jana, nata dalla relazione con l’argentina Valeria Sabalain e il piccolo Diego Fernando, figlio di Veronica Ojeda – ci sono almeno altre sei persone che chiedono di essere riconosciute come figli dell’ex pibe de oro. Tra richieste di esami del dna, accuse e beghe degne della peggior telenovela, quello dell’eredita’ e’ un tema controverso e del quale si parlera’ a lungo. La prima ad avviar l’iter, ieri, e’ stata Jana, la figlia riconosciuta nel 2005. Secondo il Clarin, Maradona aveva estromesso dal suo testamento Claudia Villafane e le figlie Dalma e Gianinna, una decisione presa nel 2016, all’indomani della causa intentata contro la Villafane, accusata dal campione argentino di essersi appropriata di circa 6 milioni di dollari. In queste ore in argentina circola un documento che confermerebbe la volonta’ di Maradona di escludere dall’asse ereditario la donna che per quasi un quarto di secolo gli e’ stata a fianco nel bene e nel male, e le due figlie. C’e’ poi la questione legata al ruolo dell’avvocato Matias Morla, che negli ultimi anni curava gli interessi di Maradona, nemico giurato di Dalma e Gianinna. Secondo il sito Infobae, negli ultimi giorni ci sarebbe stato uno scambio di messaggi tra il legale – escluso dalla veglia funebre alla Casa Rosada come l’ex compagna di Maradona Rocio Oliva – e Gianinna Maradona proprio sul tema dell’eredita’. “Gianinna, chi determinera’ chi sono gli eredi di tuo padre e’ un giudice – ha detto Morla in un audio WhatsApp fatto ascoltare durante la trasmissione tv Intrusos – Quello che consiglio come professionista e’ di fare la proposta il prima possibile e quando saro’ convocato andro’ volentieri a raccontare tutto quello che ho da dire sull’eredita’ di tuo padre. Per ora, non posso incontrare nessuno finche’ la giustizia non determinera’ chi sono i tuoi fratelli e chi sono gli eredi”. Morla nell’audio non manca di sottolineare il rammarico per essere stato escluso dalla veglia funebre: “Non potro’ mai dimenticare che non ho potuto partecipare alla veglia del mio migliore amico, tuo padre”. La querelle sull’eredita’ e’ solo alle battute iniziali.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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