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Manovra:fondi da spending, pensioni recuperano inflazione

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Non si cambia sulle pensioni ma si ragiona sulla piena rivalutazione all’inflazione, una protezione che verrà applicata anche ai contratti pubblici, mentre il taglio del cuneo fiscale e la riforma delle aliquote Irpef diventeranno strutturali. Le risorse verranno anche da un nuovo round di tagli alla spesa e da un contributo delle imprese che hanno fatto più profitti negli ultimi anni. Prende forma la prossima manovra di bilancio che il governo comincia ad anticipare a sindacati e imprese, convocati formalmente a palazzo Chigi per informarli sul Piano strutturale di bilancio, il documento che sarà presentato alle Camere a ridosso del prossimo Consiglio dei ministri previsto per venerdì mattina. Ai sindacati che chiedevano rassicurazioni su pensioni, contratti, sanità, fisco, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ricordato che l’approccio resta “prudente e responsabile”.

E ha elencato le priorità per il governo. La prima è “rendere strutturali in maniera sostenibile alcune misure, coerentemente con quanto annunciato”, cioè la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori a basso e medio reddito e la riforma delle aliquote Irpef. Sui contratti di lavoro pubblico c’è poi l’impegno a recuperare i valori dell’inflazione, ovvero circa il 2% annuo. Sulla sanità c’è la conferma a tenere la spesa sopra l’1,5% del Pil previsto in media per i prossimi 7 anni. Sulle riforme invece l’esecutivo si concentrerà su quattro aree. La prima è la giustizia, puntando su efficientamento e digitalizzazione, accorciamento tempi processo civile. La seconda è la pubblica amministrazione, dove si cerca l’efficientamento della spesa.

La terza è l’ambiente imprenditoriale, per aumentare la concorrenza e promuovere la transizione green. E la quarta è la fiscalità, puntando su compliance e recupero della base imponibile. Per investimenti su altro non c’è grosso spazio perché, sottolineano fonti di governo, “purtroppo l’approccio della Commissione europea non è di tipo espansivo e non sono state accolte le richieste italiane di considerare diversamente le spese per gli investimenti”. La caccia alle risorse, che tiene conto dell’impegno del governo a non alimentare il debito pubblico, passa anche per la spending review e per una forma di contributo delle imprese che più hanno tratto profitto in questi anni di prezzi alle stelle. Giorgetti ha auspicato il contributo da parte di chi ha maggiormente beneficiato delle condizioni particolarmente favorevoli, escludendo però che si debba pensare alle cosiddette tasse sugli extraprofitti. Il tema c’è, tanto che l’Abi ha aperto all’idea di fornire “maggiore liquidità al bilancio dello Stato”.

Ma per il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, sarebbe una forma di “carità” che va persino restituita in quanto prestito, invece è giusto che chi ha fatto molti profitti paghi “per redistribuire a chi in questo Paese sta soffrendo molto”. Alla Cgil del segretario Maurizio Landini non piace l’impianto della manovra che sta prendendo forma a partire dal Psb che illustra la traiettoria della spesa per i prossimi sette anni. “Considerando quello che ci è stato comunicato oggi, abbiamo davanti il rischio di sette anni di politiche austerità, sacrifici e tagli”, ha detto la termine dell’incontro. “Non c’è la volontà di andare a prendere i soldi dove sono e si continua a tassare unicamente i lavoratori dipendenti e i pensionati. E su questa linea non siamo disponibili a stare a guardare”, ha spiegato. Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, apprezza invece il confronto con il governo che “è disponibile a ragionare per dare strutturalità al taglio del cuneo contributivo e all’accorpamento delle due aliquote Irpef e ci rassicura sulla piena indicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione. C’è la volontà di rafforzare le risorse per la sanità e la disponibilità a sostenere il rinnovo dei contratti pubblici”.

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Cittadinanza, referendum fa scricchiolare il campo largo

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Che poi la piazza smussa un po’ gli spigoli, con i leader che si incontrano – non tutti – e si scattano foto insieme – non tutti – e si abbracciano e si parlano. Però il campo largo sta attraversando un momento delicato. La seduta del Parlamento sul cda della Rai si annuncia problematica, non c’è una linea condivisa: M5s e Avs sono decisi a votare, mentre nel Pd la discussione è in corso, ma c’è un orientamento a non farlo. E anche sul tema della cittadinanza ci sarà da lavorare, come hanno dimostrato le posizioni alla Camera sulla mozione del Pd, votata dalle opposizioni ma con i “no” di 5 Stelle e Azione alla parte sullo Ius soli.

Il referendum proposto da Più Europa, invece, è stato firmato dalla segretaria del Pd Elly Schlein, dai leader di Alleanza Verdi-Sinistra Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, da Matteo Renzi, ma non dal presidente del M5s Giuseppe Conte e nemmeno da Carlo Calenda. Insomma, la piazza romana contro il Ddl Sicurezza, che ha permesso ai fotografi di immortalare il duo Bonelli-Fratoianni prima con Conte e poi con Schlein, racconta di un progetto d’alleanza possibile ma ancora in divenire. Che però potrebbe essere aiutato da un eventuale Referendum Day, a cui mirano diversi parlamentari di opposizione, che auspicano un unico giorno di primavera in cui far votare sui tre quesiti: quello sulla cittadinanza e quelli contro l’Autonomia e il Jobs Act. Per adesso nulla di concreto, mancano ancora i giudizi di ammissibilità dalla Corte costituzionale.

E il ministro Roberto Calderoli gela: “A mio giudizio i referendum sono inammissibili”. Fra le opposizioni la discussione sulla cittadinanza è in corso. Le firme già raccolte per il referendum sono oltre le 500 mila richieste. “Nemmeno io ero così certa ci saremmo riusciti – ha commentato Emma Bonino – È un referendum abrogativo che dimezza da 10 a 5 anni i tempi per richiedere la cittadinanza: spero che Meloni non si metta di traverso. Per quanto riguarda le proposte in parlamento, mi limito a segnalare che in tutti questi anni nessun passo avanti è stato fatto”. Per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, “il referendum è un piccolo strumento per cominciare a modificare la legge sulla cittadinanza. Un primo passo che tuttavia riguarda 2 milioni di persone”. Ma ci sono i perplessi. “Non ho firmato” il referendum “perché siamo impegnati su una convergenza possibile sullo ius scholae – ha spiegato il segretario di Azione – Dobbiamo evitare che l’argomento della cittadinanza diventi un altro conflitto ideologico che non produce risultati”.

Anche nel M5s la linea è simile. Il Movimento ha una sua proposta di legge proprio sullo ius scholae ed è su quel terreno che intende portare avanti la battaglia. Perché è lo stesso su cui si è aperto un dibattito anche nel centrodestra – ragionano nel M5s – e questo è il viatico principe per l’integrazione, mentre puntare solo sulla riduzione dei tempi, come prevede la proposta di Più Europa, può diventare divisivo. Alla Camera intanto è stata bocciata la mozione del Pd sulla cittadinanza. “Alla prova dei fatti – ha commentato la capogruppo dem, Chiara Braga – Forza Italia non ha avuto determinazione e coraggio per sostenere le ragioni di una legge per la cittadinanza: nessuna mozione e nessun voto a sostegno di quella presentata dalle opposizioni. Quello di Fi per i diritti è stato un amore estivo”. La mozione conteneva i punti della riforma proposta del Partito democratico, come lo Ius soli e lo Ius scholae per chi non è nato in Italia.

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Approvato il ddl Valditara: torna il voto in condotta e sanzioni per le scuole

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La Camera dei Deputati ha dato il via libera definitivo al ddl Valditara sul voto in condotta, con 154 voti a favore, 97 contrari e 7 astenuti. La riforma prevede cambiamenti significativi per il sistema scolastico italiano, introducendo il ritorno alla valutazione numerica del comportamento nelle scuole medie e stabilendo regole più severe per la condotta degli studenti.

Bocciatura con 5 in condotta e valutazione numerica

La riforma introduce la bocciatura automatica per gli studenti che non raggiungono almeno il 6 in condotta, sia alle scuole medie che alle scuole superiori. Questo significa che un voto di 5 in condotta comporterà il ripetersi dell’anno scolastico, misura già presente ma ora rafforzata. Per le scuole superiori, il voto di condotta influenzerà anche l’assegnazione del credito scolastico: solo gli studenti con un voto pari o superiore a 9 decimi potranno ottenere il punteggio più alto.

Debiti formativi e educazione civica

Nel caso di una valutazione di 6 in condotta nelle scuole superiori, gli studenti dovranno affrontare un debito formativo. Sarà richiesto di presentare un elaborato di educazione civica per recuperare il debito, rendendo così la condotta un fattore cruciale non solo per la promozione, ma anche per l’accesso al diploma.

Multe per aggressioni al personale scolastico

Un’altra novità della riforma riguarda le sanzioni amministrative per chi commette aggressioni al personale scolastico. Gli atti di violenza verso insegnanti e personale scolastico saranno puniti con multe, in aggiunta ai procedimenti penali già previsti dalla legge. Questo cambiamento punta a garantire una maggiore protezione per gli insegnanti e a ristabilire l’autorità scolastica.

Commento degli esperti

Secondo Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), la riforma è un passo importante per ristabilire l’autorevolezza dei docenti. Ha sottolineato che è giusto responsabilizzare gli studenti per i loro comportamenti e considera positivo l’introduzione di multe per chi aggredisce il personale scolastico, poiché queste sanzioni amministrative possono accelerare i tempi di giustizia rispetto ai processi penali.

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Meloni all’Onu, Israele rispetti diritto e tuteli civili

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Una bacchettata a Israele, l’auspicio di una nuova leadership palestinese, il rinnovo sostegno all’Ucraina e l’invito alla comunita’ internazionale ad “alzare la voce” in Venezuela. Sono questi i nodi di politica estera toccati dalla premier Giorgia Meloni nel suo intervento all’assemblea generale dell’Onu, cui ha chiesto di fare di piu’ contro il traffico di essere umani. Ma a colpire di piu’ forse e’ stato il passaggio su Israele, finito sul banco degli imputati nel primo giorno dei grandi al Palazzo di vetro non solo per Gaza ma anche per l’escalation in Libano.

“Affermiamo il diritto dello Stato di Israele di difendersi da attacchi esterni, come quello orribile del 7 ottobre scorso, ma allo stesso tempo chiediamo ad Israele di rispettare il diritto internazionale, tutelando la popolazione civile, anch’essa vittima in gran parte di Hamas e delle sue scelte distruttive”, ha detto la premier. “E seguendo lo stesso ragionamento sosteniamo, ovviamente, anche il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato, ma affinché questo possa vedere presto la luce è necessario che i palestinesi lo affidino a una leadership ispirata al dialogo, alla stabilizzazione del Medio Oriente e all’autonomia”, ha aggiunto citando gli Accordi di Abramo come esempio di “convivenza e cooperazione vantaggiosa sulla base del mutuo riconoscimento”.

“Se questa è la prospettiva sulla quale tutti dobbiamo lavorare, e lo è, oggi l’imperativo è raggiungere, senza ulteriori ritardi, un cessate il fuoco a Gaza e l’immediato rilascio degli ostaggi israeliani. Non possiamo più assistere a tragedie come quelle di questi giorni nel Sud e nell’Est del Libano, con il coinvolgimento di civili inermi, tra cui numerosi bambini”, ha incalzato. Poco prima era tornata sull’invasione russa, ammonendo che “non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte al diritto dell’Ucraina a difendere le sue frontiere, la sua sovranità, la sua libertà”. Una “ferita” che ha minato il “sistema internazionale” e “sta avendo effetti destabilizzanti ben oltre i confini” di quella guerra e “come un domino riaccende o fa detonare” altri conflitti.

Di forte impatto anche l’appello su Caracas: “la comunità internazionale non può rimanere a guardare mentre in Venezuela, a distanza di quasi due mesi dalle elezioni, ancora non è stato riconosciuto il risultato elettorale, ma nel frattempo si è consumata una brutale repressione, la morte di decine di manifestanti, l’arresto arbitrario di migliaia di oppositori politici, l’incriminazione e l’esilio del candidato presidente dell’opposizione democratica. E’ nostro dovere alzare la voce”. La premier ha insistito anche su un tema a lei caro, ricordando come proprio un anno fa da quello stesso podio propose “di dichiarare una guerra globale ai trafficanti di esseri umani”.

“Sono felice – ha osservato – che quell’appello non sia caduto nel vuoto, e che in primis a livello G7 si sia trovata l’intesa per dare vita ad un coordinamento internazionale per smantellare queste reti criminali. Ma bisogna fare di più. Le Nazioni Unite devono fare di più, perché queste organizzazioni criminali stanno riproponendo, sotto altre forme, una schiavitù che questa Assemblea, in altri tempi, ebbe un ruolo fondamentale nel debellare definitivamente. Non si torna indietro”.

La presidente del consiglio ha affrontato anche altri temi: la riforma del consiglio di sicurezza, che “non puo’ prescindere dai principi di eguaglianza, democraticità e rappresentatività”, la necessita’ di una nuova forma di cooperazione paritaria incarnata a suo avviso dal piano Mattei per l’Africa, la necessita’ di una governance globale sull’Ia. “Il destino ci sfida, ma in fondo lo fa per metterci alla prova. Nella tempesta, possiamo dimostrare di essere all’altezza del compito che la storia ci ha dato. L’Italia, come sempre, è pronta a fare la sua parte”, ha concluso citando il patriota Carlo Pisacane.

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