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Maggioranza si spacca a Senato, Governo battuto due volte grazie al voto di Iv

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Viene battuto due volte, nell’Aula del Senato, il governo Draghi. Si vota il decreto che aumenta le capienze nei luoghi di cultura e sport. Il provvedimento e’ a bassa conflittualita’, l’esecutivo non pone la fiducia. Ma qualcosa va storto e Lega, Forza Italia e Italia viva, infischiandosene del parere contrario del governo, approvano con Fdi due emendamenti che riguardano bus turistici e l’eta’ di pensionamento dei medici. Pd, M5s e Leu si scagliano contro gli alleati, li accusano di voler mettere a rischio il governo, evocano la crisi e, per evitarla, invocano “un punto” (una verifica) di maggioranza. Il rischio, avvertono, e’ che le fibrillazioni si ripetano sulla manovra. Ma il non detto e’ il Quirinale: la lettura diffusa e’ che chi scatena il caos in Aula voglia inviare un segnale, anche a Draghi, in vista del voto di gennaio. A Palazzo Chigi non drammatizzano quanto accaduto in Senato, ma l’osservano con attenzione, anche perche’ e’ chiaro che un conto sono due emendamenti, dopotutto marginali, al decreto sulle capienze, ben altra storia sarebbe se lo “sfilacciamento” (copyright Enrico Letta) della maggioranza si ripercuotesse sulla legge di bilancio, che proprio in Senato ha iniziato il suo iter tra mille difficolta’, perche’ non c’e’ l’accordo neanche sui relatori. Alcuni senatori del M5s, esponenti di un partito sempre piu’ nervoso e spaccato, attraverso i ministri avrebbero fatto pervenire al premier Mario Draghi una richiesta di ascolto, la possibilita’ di avere un momento di confronto a Palazzo Chigi. E la disponibilita’ c’e’, tanto che potrebbe tradursi la prossima settimana in un incontro. E’ una disponibilita’ che esiste anche nei confronti del resto della maggioranza e dei governatori che chiedono una stretta sul fronte Covid. Quanto all’ipotesi che i senatori abbiano voluto inviare un segnale a Draghi, per avvertirlo che e’ nelle loro mani la sua eventuale elezione al Quirinale, dal governo non si mostrano convinti dell’equazione. Di sicuro non passa inosservato che abbiano votato a favore dei due emendamenti in Senato – e contro l’esecutivo – il leader della Lega Matteo Salvini e la ministra Erika Stefani, che avrebbe lasciato per questo in anticipo il Consiglio dei ministri. Con il loro voto passa un emendamento sulla capienza al 100% per i bus turistici, con obbligo di Green pass per i passeggeri, e uno di Iv che alza a 68 anni l’eta’ dei dirigenti di Asl che possono essere ‘arruolati’ per l’emergenza sanitaria. La prima modifica era condivisa anche dal Pd e concordata in maggioranza, ma quando il ministero della Sanita’ da’ parere negativo i Dem, Leu e M5s si attengono alla linea e scelgono di non votare a favore. La seconda modifica ha il parere negativo del ministro della Pa Renato Brunetta, ma anche Fi vota a favore e la norma passa, tra gli applausi dei senatori del centrodestra. Dopo il voto gli azzurri negano ragioni politiche dietro la loro scelta. Si da’ la colpa ai tanti assenti, tra cui anche il leader di Iv Matteo Renzi. Ma dal M5s parlano di uno “scambio” tra renziani e centrodestra per far passare le due norme. In Aula e’ il caos. “La verita’ – dice a sera un ministro – e’ che le dinamiche sono impazzite, nessuno controlla i gruppi. Il M5s, dopo le tensioni sulla Rai, e’ balcanizzato. Ognuno va per conto suo”. “Il centrodestra e Iv sostengono ancora il governo?”, domanda la capogruppo Pd Simona Malpezzi, che si coordina con le colleghe di M5s e Leu. L’episodio, dicono dal Nazareno, mostra “grave irresponsabilita’” di chi ostenta sostegno al premier ma non lo traduce in voti e prese di posizione”. “Dobbiamo fare un punto sui rapporti in maggioranza”, dichiara Loredana De Petris. “Mi sembra evidente che Renzi voglia provocare la seconda crisi di governo dell’anno”, attacca il ministro M5s Stefano Patuanelli. Iv respinge le accuse: “E’ stato un voto nel merito”, dice Ettore Rosato. “Ho votato per aiutare i bus turistici”, dichiara Matteo Salvini, che nel pomeriggio sente Silvio Berlusconi. Il colloquio – fanno sapere – serve per coordinarsi sulla manovra e rafforzare l’asse del “centrodestra di governo”. Ma il nodo Quirinale si staglia sullo sfondo, soprattutto dopo che Giorgia Meloni ha allontanato l’ipotesi di una candidatura del Cavaliere. Per il Colle, nei rumor parlamentari, e’ ancora Draghi il principale candidato. Il problema e’ pero’ blindare l’accordo in maggioranza ed evitare che venga silurato dai franchi tiratori. Comunque vada, ragiona un Dem alla Camera, un accordo ci deve essere, perche’ una maggioranza spaccata sull’elezione del presidente (chiunque lui o lei sia) avrebbe come conseguenza il venire meno del patto di maggioranza e la caduta dello stesso governo Draghi. In queste ore si osserva con attenzione anche il fattore Covid: se a gennaio arrivasse il picco dei contagi, potrebbe spingere verso una soluzione di continuita’ e la richiesta a Sergio Mattarella di restare per un bis con Draghi a Chigi.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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Spagna, imprenditore sotto inchiesta denuncia: diedi 350mila euro a ministro e consulente

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L’imprenditore Victor de Aldama (nella foto col premier, che non è sotto accusa in questa inchiesta), uno dei principali accusati della rete di corruzione e tangenti al centro dell’inchiesta nota come ‘caso Koldo’, ha tentato oggi di coinvolgere numerosi esponenti dell’esecutivo, mentre il Psoe ha annunciato azioni legali per diffamazione. In dichiarazioni spontanee oggi davanti al giudice dell’Audiencia Nacional titolare dell’indagine, de Aldama ha segnalato anche il premier Pedro Sanchez, che a suo dire lo avrebbe ringraziato personalmente per la gestione che stava realizzando a favore di imprese spagnole in Messico, della quale “lo tenevano informato”, secondo fonti giuridiche presenti all’interrogatorio citate da vari media, fra i quali El Pais e Tve.

Al punto che lo stesso presidente avrebbe chiesto di conoscerlo, per ringraziarlo, in un incontro che – a detta dell’imprenditore, presidente del club Zamora CF e in carcere preventivo per altra causa – avvenne nel febbraio 2019 nel quartiere madrileno di La Latina, durante un meeting socialista. Un incontro che sarebbe documentato nella fotografia con Pedro Sanchez, pubblicata da El Mundo il 3 novembre scorso. Il presunto tangentista avrebbe sostenuto che Koldo Garcia, da cui deriva il nome del ‘caso Koldo’, divenne consulente dell’ex ministro dei Trasporti, José Luis Abalos, per decisione dello stesso Sanchez. Avrebbe sostenuto, inoltre, di aver consegnato tangenti per 250.000 euro ad Abalos e per 100.000 euro Koldo Garcia, arrivando a dire “io non sono la banca di Spagna, state esagerando”, secondo le fonti citate.

La rete di corruzione si sarebbe avvalsa dell’ex segretario di organizzazione del Psoe, Santos Cerdàn, al quale Aldama sostiene di aver consegnato una busta con 15.000 euro. Il tangentista avrebbe affermato anche si essersi riunito in varie occasioni con la ministra Teresa Ribera, per un presunto progetto di trasformazione di zone della Spagna disabitata in parchi tematici, secondo fonti giuridiche citate da radio Cadena ser. Un progetto al quale avrebbe partecipato anche Javier Hidalgo, Ceo di Globalia e al quale fu presente, in almeno una riunione, Begona Gomez, moglie di Pedro Sanchez. Fonti governative, riportate da Cadena Ser, definiscono un cumulo di menzogne le dichiarazioni di Aldana, che “non ha alcuna credibilità” ed è in carcere preventivo, per cui punterebbe a ottenere un trattamento favorevole in una prevedibile condanna.

“Il presidente del governo non ha né ha avuto alcuna relazione” con Aldama, segnalano le fonti. “Tutto quello che dice è totalmente falso”, ha dichiarato da parte sua ai cronisti Santos Cerdàn, “Questo signore non ha alcuna credibilità, sta tentando di salvarsi dal carcere. Non ha alcuna relazione con il presidente del governo, io non ho ricevuto mai denaro da lui e non lo conosco”, ha aggiunto l’esponente socialista, annunciando azioni .giudiziarie. Lo stesso ha fatto il portavoce parlamentare del Psoe, Patxi Lopez, che ha confermato “azioni legali” del partito della rosa nel pugno “perché la giustizia chiarisca tutte queste menzogne”.

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