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Cronache

Mafia: arrestato Guttadauro, ancora ai vertici del clan

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Delle nuove leve di Cosa nostra parlava con disprezzo “sono quattro banditelli da tre lire”, accusava i giovani boss di scarsa tenuta “questo capo di tutto eh… neanche un giorno di carcere si e’ fatto e si e’ pentito”, ma il suo cuore e soprattutto i suoi affari continuavano a essere legati a doppio filo a Cosa nostra. Nonostante gli anni di carcere scontati e la certezza di essere ancora oggetto delle attenzioni degli inquirenti, Giuseppe Guttadauro, ex primario all’ospedale Civico di Palermo, storico padrino del mandamento mafioso di Brancaccio, non ha mai interrotto i suoi legami con le cosche e oggi e’ stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa. La galera l’aveva lasciata nel 2012, dopo tre condanne ormai definitive si era trasferito a Roma, proprio per tentare di non destare le attenzione degli inquirenti, ma, attraverso il figlio Carlo, anche lui finito in cella, continuava a decidere le sorti delle “famiglie” mafiose palermitane e trafficava in droga. L’inchiesta che ha svelato gli affari dell’anziano capomafia, coordinata dalla Dda di Palermo, nasce dalle indagini per la ricerca del boss Matteo Messina Denaro: il fratello di Guttadauro, Filippo, e’ cognato del padrino ricercato. Del “dottore”, cosi’ lo chiamavano gli uomini d’onore, il gip di Palermo sottolinea la avversione naturale al rispetto delle regole dell’ordinamento giuridico, “la perdurante appartenenza al sodalizio di tipo mafioso, in particolare della famiglia di Roccella”. “Ti devi evolvere, hai capito? Il problema e’ rimanere con quella testa, ma l’evoluzione…”, diceva al figlio, suo trait d union con i clan, invitandolo a rispettare le regole di Cosa nostra pur stando al passo con la modernita’. Da Roma il dottore, che aveva una florida attivita’ di commercio ittico in Marocco – e’ stato arrestato proprio mentre rientrava dal nord Africa – dirimeva le controversie tra i clan sulla esecuzione di lavori edili commissionarti dall’Eni a Brancaccio, progettava la costruzione di un grosso distributore di carburante, gestiva, insieme al clan di Bagheria e Roccella un traffico di droga occupandosi dell’approvvigionamento della cocaina dal Sudamerica e dell’hashish dall’Albania. Il giudice, che lo ha messo ai domiciliari, sottolinea il ruolo ancora decisionale di Guttadauro che “forte della sua caratura mafiosa da soggetto che aveva ricoperto posizione di vertice in seno alla consorteria, ancora poteva dirimere i contrasti insorti sul territorio e risolvere, con autorita’ para statuale le ‘vertenze’ criminali'”. A Roma il dottore aveva stretto relazioni importanti con esponenti dei salotti buoni. L’inchiesta ha svelato che aveva cercato di risolvere un contenzioso tra una facoltosa romana, Beatrice Sciarra, moglie di un chirurgo docente alla Sapienza, e Unicredit . A incaricare il boss di risolvere il problema era stata proprio la Sciarra che vantava un credito di 16 milioni di euro con l’istituto di credito. In cambio del suo intervento il capomafia aveva pattuito per se’ un compenso del 5% della somma che la donna avrebbe incassato. Guttadauro, emerge dalle intercettazioni, aveva fatto capire chiaramente che sarebbe passato, in case di esito infruttuoso della sua mediazione, all’azione violenta, incaricando qualcuno di “dare legnate” al soggetto che impediva la transazione, l’ex ministro Mario Baccini. Baccini, a dire di un altro intermediario, assieme all’ex consigliere di Stato Eugenio Mole, avrebbe potuto interferire nella questione pregiudicandone l’esito per la Sciarra. Guttadauro venne coinvolto nell’indagine, denominata talpe alla Dda, che costo’ una condanna per favoreggiamento alla mafia a 7 anni all’ex governatore siciliano Toto’ Cuffaro. L’inchiesta, coordinata dai pm della dda dell’epoca, Maurizio de Lucia e Michele Prestipino, svelo’, proprio partendo dagli accertamenti sul medico, una rete di informatori che davano notizie riservate su indagini in corso tra l’altro all’imprenditore mafioso Michele Aiello e allo stesso Guttadauro. Il nome del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, emerse da una intercettazione effettuata a casa del boss di Brancaccio, poco prima che questi scoprisse l’esistenza di una microspia piazzata nella propria abitazione. Era il 15 giugno 2001 e la cimice registro’: ”Ragiuni avia (ragione aveva, ndr) Toto’ Cuffaro”. La frase costitui’ lo spunto per gli accertamenti che svelarono che a riferire al boss l’esistenza di microfoni nel suo appartamento era stato il medico Domenico Miceli, “delfino” di Cuffaro che, a sua volta, aveva avuto l’informazione da Cuffaro.

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Strage in famiglia: 17enne rivede i nonni in carcere

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A distanza di poco più di due settimane dalla strage di Paderno Dugnano, nel Milanese, avvenuta nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre, il 17enne, che ha ucciso a coltellate padre, madre e fratello di 12 anni, oggi ha incontrato nel carcere minorile Beccaria i nonni. Nonni che da giorni avevano chiesto di vederlo perché, comunque, malgrado ciò che è successo e che resta senza una vera spiegazione, hanno deciso di non abbandonare il nipote e di “sostenerlo”. Cinque giorni fa il Tribunale per i minorenni di Milano aveva autorizzato, su richiesta della difesa, il colloquio, dopo che sia il 17enne che i nonni, così come gli altri familiari, avevano manifestato la loro disponibilità. I nonni, ma allo stesso modo gli zii del ragazzo, hanno più volte ripetuto, infatti, che vogliono rimanergli vicino e vogliono aiutarlo nel suo percorso giudiziario. E oggi si è trattato ovviamente, da quanto si è saputo, di un incontro toccante, fatto di lacrime, parole e silenzi.

“Volevo proprio cancellare tutta la mia vita di prima”, aveva messo a verbale, interrogato, il ragazzo parlando di un suo “malessere” che durava da tempo, ma che si era acuito in estate, e dicendo di sentirsi “estraneo” rispetto al mondo. E aveva spiegato, però, che non ce l’aveva con la sua famiglia nello specifico e non aveva, dunque, fornito un movente preciso per la strage. La difesa, con legale Amedeo Rizza, intanto, punta su una consulenza psichiatrica affidata ad un esperto per una successiva richiesta di perizia, affinché venga accertato se al momento dei fatti il giovane avesse o meno un vizio di mente. Per la difesa, inoltre, non può reggere nel procedimento l’aggravante della premeditazione, contestata, invece, dalla procuratrice facente funzione per i minori di Milano, Sabrina Ditaranto, e dalla pm Elisa Salatino nell’accusa di triplice omicidio. Aggravante riconosciuta dalla gip Laura Pietrasanta nella misura cautelare.

Il ragazzo, dopo l’incontro con i nonni di oggi, è stato poi trasferito, da quanto si è saputo, dal carcere minorile Beccaria di Milano a quello di Firenze.

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Maltempo: temporali e forti venti, allerta gialla in 10 regioni

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Una vasta perturbazione, attualmente centrata sull’area balcanica, determinerà un graduale inasprimento delle condizioni di maltempo sull’Italia, con precipitazioni sparse sul territorio, specie settori adriatici, più diffuse e persistenti su Emilia-Romagna e Marche. Inoltre, la formazione di un’aera di bassa pressione sul basso Tirreno genererà una intensificazione dei venti nord-orientali sui settori adriatici centro-settentrionali. Sulla base delle previsioni disponibili, il Dipartimento della Protezione Civile d’intesa con le regioni coinvolte – alle quali spetta l’attivazione dei sistemi di protezione civile nei territori interessati – ha emesso un avviso di condizioni meteorologiche avverse.

L’avviso prevede dalle prime ore di domani precipitazioni diffuse e persistenti, anche a carattere di carattere di rovescio o temporale, su Emilia-Romagna e Marche, dalla mattinata, precipitazioni sparse, anche a carattere di rovescio o temporale, su Abruzzo e Molise, specie settori costieri, e su Campania, Puglia e Basilicata. Tali fenomeni saranno accompagnati da rovesci di forte intensità, frequente attività elettrica, locali grandinate e forti raffiche di vento. Attesi, inoltre, dal primo mattino di domani, venti da forti a burrasca nord-orientali, su Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna e Marche, specie su settori costieri e appenninici, con mareggiate sulle coste esposte. Sulla base dei fenomeni previsti e in atto è stata valutata per la giornata di domani allerta gialla su parte di Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, sugli interi territori di Molise, Basilicata e Puglia, su parte di Campania e Sardegna.

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Auto contro scooter, omicidio volontario dopo una lite

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Un incontro, questa volta casuale. Gli animi che si scaldano, ancora, per quella relazione sentimentale con sua sorella che proprio non gli andava giù. Il finestrino della sua auto frantumato con un martelletto, la rabbia che monta e l’inseguimento dello scooter a bordo del quale viaggiavano i due rivali. Infine la tragedia provocata da una collisione, a quanto pare voluta, che trasforma un diciannovenne nell’assassino di un ventenne. E’ il drammatico epilogo di una lite che andava avanti da qualche mese, caratterizzata anche da altri episodi su cui adesso si sta cercando di fare luce, la morte di Corrado Finale, speronato mentre era in fuga su uno scooter con un altro giovane che, per fortuna, è rimasto solo ferito. Contrariamente a quanto si era pensato in un primo momento non si è trattato di un incidente, uno dei tanti che funestano i weekend, ma di un atto voluto, deliberato, finalizzato a punire quei giovani suoi rivali.

E così ha trasformato la Fiat 500 in un ariete, facendo carambolare a terra i ragazzi che prima finiscono con lo scooter contro un palo e poi su una fioriera. Le condizioni di Corrado, disarcionato dal Beverly, sono sembrate subito molto gravi. E, purtroppo, il suo decesso è sopraggiunto poco dopo, per le gravi ferite riportate. Sarà l’esame autoptico disposto dalla Procura di Napoli Nord, a fornire l’esatta causa della morte. L’altro centauro, il ragazzino protagonista dell’osteggiata liaison amorosa, invece se l’è cavata: la sua prognosi è di 30 giorni, ma è vivo. E’ stato proprio lui a raccontare ai carabinieri la dinamica dell’accaduto (peraltro confermata dalle immagini dei sistemi di videosorveglianza acquisite dagli investigatori), insieme con il movente: una relazione sentimentale contrastata con la sorella del 19enne fermato il quale, dopo l’incidente, si è allontanato senza prestare soccorso alcuno.

Solo successivamente si è consegnato in caserma accompagnato dall’avvocato. Ieri, l’investitore, che viaggiava su una Fiat 500, al termine dell’interrogatorio è stato sottoposto a fermo, non per omicidio stradale, come sembrava logico in un primo momento, ma per i ben più gravi reati di omicidio volontario e tentato omicidio. Nell’auto c’era anche la sorella la quale ha confermato la lite che da mesi andava avanti tra il fratello e il fidanzatino. In caserma, davanti al pm, sono stati convocati e ascoltati anche alcuni parenti del sopravvissuto. Uno ha fatto riferimento a un grave episodio risalente a qualche settimana fa, quando è stata lanciata una bottiglia incendiaria contro il portone della sua abitazione. Un episodio inquietante ma non denunciato. Secondo questa persona sarebbe stato proprio quel giovane fermato l’autore del gesto intimidatorio, ma lui, che ha reso dichiarazioni parzialmente confessorie, ha smentito di avere compiuto quell’attentato. Sequestrati per le perizie la vettura, il parafango bianco di una Fiat 500 trovato su via del Mare, teatro dell’incidente, e lo scooter sul quale viaggiava la vittima.

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