“Beatrice era una donna buonissima, sempre sorridente. Faceva tutto lei per la sua famiglia, per i bambini. Lui, il marito, non lavorava. Non riesco a capire come abbia fatto una cosa del genere, viveva in un mondo suo, non parlava con nessuno…”. In queste poche parole che Nadine Coulibaly, la vicina di casa di Beatrice, continua a ripetere, c’è l’orrore e la tragedia, la strage di una famiglia. Anche gli agenti della scientifica, che da ieri lavorano nell’appartamento al piano terra di un palazzo di Meaux, a est della regione di Parigi, sono sotto shock e parlano di “scenario di spaventosa violenza”.
Noé Bafania-Efete, 33 anni, ha infierito senza pietà sui corpi della moglie, che aveva 35 anni, della primogenita di 10 anni e sulla secondogenita di 7. Su Beatrice e le due bambine c’erano talmente tante ferite da coltello “da non riuscire a contarle”, ha spiegato il procuratore Jean-Baptiste Bladier, faticando a trovare le parole. Nessuna ferita sui cadaveri di bambini più piccoli, un maschietto di 4 anni e un altro di pochi mesi, che potrebbero essere stati soffocati o annegati. Lo sfondo della tragedia di questa famiglia di origini haitiane – ma Noé è nato in Francia – è quello di una famiglia lacerata e in gravi difficoltà, con l’uomo seguito dal 2017 dai servizi di assistenza sanitaria per una grave forma depressiva e psicotica. Nel 2019, al culmine di una delle sue ricorrenti crisi, aveva già accoltellato Beatrice, la sua compagna di una vita (il legame fra i due risale a 14 anni fa).
I due si erano poi sposati un mese fa, a novembre. Noé non era formalmente pregiudicato, ha spiegato il procuratore, nonostante la coltellata alla spalla della compagna che era anche incinta e avrebbe partorito un mese e mezzo più tardi. Nata ad Haiti, Beatrice aveva rifiutato di sporgere denuncia contro Noé in quell’occasione, respingendo anche l’aiuto di un’associazione di assistenza alle vittime di violenza. Noé era stato comunque arrestato e posto in stato di fermo, ma subito dopo trasferito in ospedale psichiatrico. Ripeteva che non era stata sua intenzione far male alla compagna che amava: “La coltellata – disse agli agenti che lo interrogavano – è partita da sola”. La procedura fu archiviata perché l’uomo fu dichiarato non in grado di intendere e volere. Increduli, i vicini e gli amici di Beatrice si sono raccolti davanti alla casa della strage. La descrivono tutti come una donna che “lavorava moltissimo, coraggiosa, generosa e solare”. Esattamente il contrario del compagno: “Non li ho mai visti insieme – testimonia un vicino di casa -, lei lavorava e faceva da mangiare per tutti”.
Un’amica, in lacrime, ripete: “Lei faceva tutto, lui non faceva niente”. Un altro vicino dice addirittura di “non conoscere la voce” dell’assassino, di averlo visto soltanto accompagnare i figli la mattina – a scuola o al nido – e “restare seduto tutto il giorno, d’estate, su una panchina”. Oggi, quando la polizia lo ha localizzato a casa del padre, a nord di Parigi, dove si era rifugiato dopo aver sterminato la famiglia, ha detto agli agenti “so perché siete qui e perché sono in arresto”. E’ stato trasferito direttamente in ospedale psichiatrico ed è stato impossibile per ora interrogarlo.
La Francia, Paese dove ogni 3 giorni in media si registra un femminicidio (118 donne uccise l’anno scorso da mariti, compagni o ex) è stata funestata negli ultimi mesi da più stragi familiari: a fine novembre un uomo condannato a più riprese per violenze domestiche ha confessato di aver ucciso le tre figlie, che avevano fra 4 e 11 anni, anche in questo caso vicino a Parigi, ad Alfortville. Prima ancora, ad ottobre, un gendarme aveva ucciso anche lui le sue tre figlie prima di suicidarsi a Vémars, a nord della capitale.