“Lettera ai francesi”: Emmanuel Macron, nel mirino della critiche unanimi, che lo condannano per aver sciolto il Parlamento portando il paese sull’orlo di una crisi mai vista, si rivolge direttamente ai francesi. “Potete fidarvi di me”, assicura. Esclude le sue dimissioni sulle quali insiste Marine Le Pen, garantisce che “cambierà il modo di governare” e propone quello che appare senza dubbio un governo di coalizione, “aperto a tutti quelli che hanno avuto il coraggio di opporsi agli estremisti”. La lettera in 4 punti arriva a una settimana dal primo turno delle legislative, alla vigilia della settimana più difficile, nella quale le tensioni fra i tre blocchi contrapposti – estrema destra, sinistra unita e macroniani – promettono di aumentare. Il primo punto è per respingere le critiche sullo scioglimento del Parlamento, da lui difeso come “unica scelta possibile”.
Macron continua vantando i meriti del suo governo, che incarna “la strada migliore per il nostro paese” di fronte ai programmi del Rassemblement National e della sinistra. Il capo dello stato garantisce che il suo partito “è l’unico a poter sbarrare la strada all’estrema destra e all’estrema sinistra”. “Non sono cieco – continua – ho colto la misura del malessere democratico”, e “ho fiducia nei francesi”. Da qui l’invito ad “analizzare i programmi, decidere e andare a votare, in coscienza e responsabilità. Il modo di governare “cambierà”, promette ancora, facendo chiaramente allusione a un governo di coalizione che unisca “chi ha avuto il coraggio di opporsi alle ali estreme”. Date “fiducia ai responsabili politici delle forze dell’arco repubblicano, sperando che l’8 luglio possano lavorare insieme”, prosegue l’inquilino dell’Eliseo, rivolgendo poi un appello accorato ai francesi: “Potete darmi la vostra fiducia, agirò fino al maggio 2027 come vostro presidente”.
Niente dimissioni, quindi, la prospettiva evocata da Marine Le Pen è infondata. I sondaggi sulle proiezioni in seggi del voto danno un’Assemblée Nationale inedita, con la maggioranza relativa al Rn (fra 210 e 250 seggi), inseguito dal Nuovo Fronte Popolare (180-210) e dai macroniani di Ensemble (75-105). I lepenisti sembrano lontani dalla maggioranza assoluta (almeno 289 seggi) e se così sarà, il favorito al posto di primo ministro, Jordan Bardella, non chiederà di essere nominato premier: “Accetterò soltanto se arriveremo in testa e se i francesi ci accorderanno la maggioranza assoluta”. Per il premier attuale, Gabriel Attal, questa insistenza di Bardella nel porre condizioni “comincia ad assomigliare sempre di più a un rifiuto dell’ostacolo”, dizione usata anche nell’ippica quando il cavallo in corsa si ferma davanti alla barriera da superare. Continuano intanto regolamenti di conti e litigi nel variegato Fronte della gauche, composto da elementi in molti casi incompatibili.
L’ex presidente François Hollande, tornato a candidarsi per l’occasione, ha usato parole nettissime contro Mélenchon, il cui eventuale avvento alla guida del governo in quanto leader del partito che più peso nell’alleanza preoccupa non poco, viste le sue ricorrenti intemperanze verbali. “Se vuole fare un favore al Nuovo Fronte Popolare – ha detto Hollande ad un gruppo di giornalisti – bisogna che si metta da parte e taccia. Non nego le sensibilità che egli rappresenta – ha spiegato l’ex presidente – ma quando i numeri di ostili alla sua candidatura sono superiori a quelli di Marine Le Pen o Jordan Bardella, bisogna interrogarsi sull’interesse generale”. Soprannominato “il tribuno” della gauche, Mélenchon ha fatto fischiare ad un suo comizio il nome dell’ex presidente, rispondendogli così: “La popolarità non sta dove crede lui, voi sapete che tipo di uomo sono io. Se sono a questo posto è perché in questi anni non ho mai ceduto a nessuno”.