Panino “Estate Italiana” in Germania. Che cos’è? Una leccornia a guardare la foto. Basta non leggere un claim pubblicitario. Parla di una prelibatezza “Per veri mafiosi”. Questa pubblicità porcata che infanga un intero Paese arriva dalla mafiosissima Austria. Tranquilli, poi vi spiego perché l’Austria è un paese mafioso. Basta spostarsi di qualche chilometro più a nord e in Germania (assieme all’Austria hanno partorito, fatto crescere e alimentato un signore che si chiamava Adolf Hitler), semmai doveste andarci in vacanza, è possibile che sulla vostra App di McDonald’s, compaia una notifica in inglese, lingua internazionale: “Hey mafioso, try our new Bacon della casa now! Bella Italia”. Per chi non conosce la lingua della perfida Albione, la traduzione è: “Hey mafioso, prova ora il nostro nuovo Bacon della casa! Bella Italia”.
Ora se questo è il sentiment che esprimono due paesi amici attraverso catene di distribuzione di alimenti spazzatura, credo che gli italiani debbano come minimo interrogarsi su come rispondere in maniera civile ma adeguata ad austriaci e tedeschi che giocano a farsi pubblicità per vendere le loro porcherie, contrabbandandole per prodotti italiani e contestualmente dandoci del mafioso. Non in giorni qualunque dell’anno.
No, ci chiamano mafiosi per vendere panini nei giorni in cui noi italiani piangiamo al ricordo della brutalità della mafia che il 23 maggio e il 19 luglio del 1992 con i suoi luridi mafiosi fece saltare in aria con le bombe Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e tutti i ragazzi e le ragazze in divisa che avrebbero dovuto proteggerli. Sono due stragi che ancora toccano la nostra carne viva perché ancora non abbiamo una verità su autori, mandanti e soprattutto moventi di questi eccidi. Carneficine in cui lo Stato con alcuni suoi uomini – é scritto in sentenze e si dibatte ancora in aule di giustizia – era schierato dalla parte sbagliata. In ogni caso non era al fianco di Falcone e Borsellino quello Stato. Era un Stato compromesso per omissioni e commissioni. Se noi italiani piangiamo (e piangiamo sempre, piangiamo ancora di rabbia), austriaci e tedeschi sembra si divertano ogni tanto a raffigurarci come mafiosi o a insultare anche i nostri morti. Perché prima di Falcone e Borsellino abbiamo pianto per gli stessi motivi Carlo Alberto Dalla Chiesa, Peppino Impastato, Rocco Chinnici, Rosario Livatino, Emanuele Basile e un lunghissimo elenco di uomini e donne trucidati da questo cancro che non é inestirpabile se lo Stato italiano fosse sempre schierato tutto dalla parte giusta. Ma in questi anni abbiamo fatto progressi enormi. Abbiamo dato vita ad una legislazione antimafia tra le più dure ed avvedute al mondo. Abbiamo stanato mafiosi, li abbiamo chiusi in celle di isolamento al 41 bis, li abbiamo sepolti in luoghi dove devono marcire. E in quei luoghi marciscono e muoiono. Abbiamo fatto giustizia e facciamo giustizia in Italia usando la nostra arma migliore: il diritto. I mafiosi non lo avrebbero meritato, ma uno Stato é civile ed é forte se combatte e vince con il diritto e la giustizia. L’Italia sta facendo questo. E allora leggere certe porcherie austriache, vedere certe pubblicità che fanno più schifo dei panini che propina MacDonald nei locali in cui ingozza la gente con schifezze più o meno certificate, procura un fastidio enorme. Tutto questo denota che non c’è alcun rispetto per un Paese (l’Italia), per un popolo (gli italiani) e per chi é morto e per chi rischia di morire per combattere la mafia. Fin qui una analisi di fatti poco edificanti che arrivano da Austria e Germania.
Ora, sulla vicenda della notifica promozionale di McDonald’s, sono intervenuti i deputati siciliani del M5s. “McDonald’s chieda scusa a tutti gli italiani”, hanno scritto in una nota Roberta Alaimo, Steni Di Piazza, Valentina D’ Orso, Giorgio Trizzino e Adriano Varrica. “Non è accettabile che lo sgradevole stereotipo Italia uguale mafia venga veicolato ancora nel 2019 con tale leggerezza. Auspichiamo che McDonald’s rimedi al suo grave errore. Magari con una campagna di sensibilizzazione sul tema della lotta alla mafia”.
E la catena americana si è giustificata dicendo che si è trattato di “un errore nella traduzione dal tedesco all’inglese”. Una giustificazione puerile, insulsa come gli insulti. Poi, quando hanno capito che la scusa era peggio delle porcherie di pubblicità, si sono scusati a capo chino: “McDonald’s Austria si dichiara sinceramente dispiaciuta e si scusa per aver veicolato un messaggio che è risultato offensivo”. Può bastare? No. E qui veniamo alla prima affermazione che abbiamo fatto. Ad inizio articolo abbiamo scritto che l’Austria é un paese mafioso. Spieghiamo perché! In Austria si fermano e si arenano, vengono insabbiate quasi tutte le inchieste della magistratura antimafia italiana che va a caccia non solo dei latitanti mafiosi che riparano a Vienna e zone limitrofe ma dove ci sarebbero da sequestrare beni immobili e conti correnti di mafiosi che nascondono miliardi di euro che arrivano dall’Italia. Soldi che grondano sangue italiano. Soldi che i mafiosi italiani hanno investito dopo averli depredati e rapinati in Italia. Risorse per miliardi investite tra Austria e Germania. Le autorità austriache e tedesche sono poco collaborative. Ad ogni rogatoria rispondono ‘’ni’’ o “no”. Fanno perdere tempo e il tempo consente ai mafiosi di nascondere i loro tesori altrove, trasferendoli verso altri luoghi, costringendo i magistrati italiani a continuare la loro caccia in altri posti. La polizia federale austriaca e la polizia criminale tedesca hanno mappe aggiornatissime della presenza delle famiglie mafiose sul loro territorio. Li conoscono uno a uno. Li hanno schedati per cognome, origine geografica, organizzazione mafiosa e interessi economici. Fintantoché non muovono un dito, fino a quando investono miliardi di euro in ristorazione, immobili, finanza sul loro suolo, godono di ogni rispetto.
Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.
Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.
La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.
Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.
Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.
Il mercato dei cimeli legati alle grandi leggende del passato non smette di stupire, e anche Diego Armando Maradona ne è protagonista. Tra ciocche di capelli, maglie storiche e pezzi unici, la passione per il Pibe de Oro continua a ispirare collezionisti e fan in tutto il mondo.
Capelli da record: Elvis Presley e Maradona
Il mercato delle ciocche di capelli ha visto protagonisti nomi leggendari, come Elvis Presley, la cui ciocca fu venduta nel 2002 per la cifra record di 100mila euro. Ora è il turno di Maradona: il 15 dicembre, la casa d’aste Aguttes di Parigimetterà in vendita una ciocca dei capelli del campione, tagliata nel 2018 a Dubai quando allenava il Fujairah. La ciocca è custodita da Stefano Ceci, assistente e amico di Maradona, ed è stimata tra i 35mila e i 50mila euro. «L’ho conservata e ora la propongo per beneficenza», spiega Ceci, che gestisce anche i diritti d’immagine di Diego.
La maglia della Mano de Dios
Tra i pezzi pregiati messi all’asta, spicca una maglia commemorativa della Nazionale argentina, realizzata nel 2006 per celebrare i 20 anni dal trionfo ai Mondiali di Città del Messico del 1986. Sul retro, la maglia reca l’autografo di Maradona e l’impronta in oro della sua mano sinistra, simbolo del celebre gol contro l’Inghilterra, la “Mano de Dios”. Stimata tra i 40mila e gli 80mila euro, è accompagnata da un video che documenta Diego mentre lascia la sua impronta.
Cimeli contesi e maglie milionarie
Il mercato dei cimeli di Maradona ha visto altre aste straordinarie. Nel 2022, Sotheby’s ha venduto per 8,8 milioni di eurola maglia indossata da Maradona contro l’Inghilterra, il pezzo sportivo più costoso mai venduto. Altrettanto clamoroso è stato il caso del Pallone d’Oro “non ufficiale” ricevuto da Maradona nel 1986, finito all’asta da Aguttes. Tuttavia, la vendita fu bloccata dagli eredi del campione e dalle autorità per indagare sul sospetto percorso che il trofeo aveva seguito.
Iniziative a Napoli per ricordare Diego
Napoli, città che con Maradona ha un legame unico e profondo, si prepara a commemorare il Pibe de Oro con una serie di eventi in occasione del quarto anniversario della sua scomparsa. Tra questi:
Una partita a Scampia tra gli amici di Ciro Esposito e i tifosi del Boca Juniors.
Un “murale umano” organizzato all’Edenlandia.
Fiaccolate davanti allo Stadio Maradona e al murale nei Quartieri Spagnoli.
Selfie con Dieguito, il pupazzo dedicato al campione, in piazza Plebiscito.
Il legame di Maradona con il popolo
Diego era ben consapevole dell’impatto che aveva sui suoi tifosi. Quarant’anni fa, Napoli fu invasa da bancarelle che vendevano parrucche ispirate ai suoi capelli. «Se queste persone vivono grazie a me, io ne sono felice, perché sono stato povero come loro», diceva Maradona, con il sorriso che lo ha reso eterno nei cuori dei napoletani.
Discutere della sentenza della Corte penale internazionale sull’arresto di Benjamin Netanyahu al tavolo del G7 e provare a concertare assieme agli alleati una linea comune. Nelle stesse ore in cui 4 soldati italiani restano feriti nella base Unifil in Libano dopo un lancio di missili di Hezbollah, il governo cerca di gestire il nodo della decisione dell’Aja sul leader israeliano – e sul suo ex ministro della Difesa Gallant – coinvolgendo i partner europei e occidentali. E’ l’input che Giorgia Meloni affida ad Antonio Tajani (che tra l’altro rivendica su questi temi il ruolo di palazzo Chigi e della Farnesina) dopo le divisioni emerse nell’esecutivo che di certo non le avranno fatto piacere, anzi.
Le fughe in avanti dei ministri irritano palazzo Chigi che, invece, sui dossier delicati vorrebbe che il governo si esprimesse con un’unica voce. Ecco perchè di fronte al susseguirsi di dichiarazioni la premier, in vista del vertice di maggioranza convocato per lunedì, decide intanto di mettere nero su bianco quella che deve essere la linea di tutto il governo. La premessa è che sulla sentenza della corte dell’Aja vadano fatti degli approfondimenti per capirne le motivazioni che, sottolinea, “dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”.
Ma “un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Una presa di posizione che ha come obiettivo anche quello di mettere a tacere i distinguo e le voci in libertà nella compagine. Accanto alla posizione prudente di Antonio Tajani, c’era stata infatti la dichiarazione più netta di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa, pur criticando il pronunciamento della Cpi, aveva aggiunto: “La sentenza andrà rispettata”. Ma soprattutto, a pesare è quanto detto da Matteo Salvini. Il leader della Lega è quello che si è spinto più avanti, arrivando ad invitare il premier israeliano in Italia dandogli il “benvenuto” perchè, avvisa, “i criminali di guerra sono altri”.
Parole che pesano negli equilibri internazionali alla vigilia del G7 dei ministri degli Esteri in programma a Fiuggi lunedì. Non è un caso infatti (forse anche dopo contatti con Chigi) che il leader della Lega cerchi poi di ammorbidire i toni invocando la condivisione delle decisioni: “Troveremo una sintesi – confida Salvini – il problema è a livello internazionale”. Chi sceglie di non esprimersi è la Santa Sede. Il Vaticano si affida alle laconiche parole del segretario di Stato Pietro Parolin: “Abbiamo preso nota di quanto avvenuto, ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra”. Intanto, le dichiarazioni dei ministri e dei leader della maggioranza finiscono sotto il fuoco di fila delle opposizioni che vanno all’attacco.
Ma le tensioni sulla politica estera sono solo l’ultimo punto che si aggiunge ad una lista di nodi che Meloni dovrà sciogliere con i due alleati di governo nel vertice in programma per lunedì 25, prima della riunione del Consiglio dei ministri. Il ‘caso’ Netanyahu sarà uno dei temi che i tre leader del centrodestra dovranno discutere, ma altrettanto dirimenti, sono le decisioni da prendere sul versante interno. La sconfitta alle regionali ha alzato il livello dello scontro e, di conseguenza, le richieste di Lega e Forza Italia da inserire nella legge di Bilancio. Ufficialmente tra i partiti di maggioranza regna la concordia: “Ci incontreremo e risolveremo i problemi nel miglior modo possibile”, è la convinzione di Tajani a cui fa eco il vicepremier leghista: “Siamo in sintonia su tutto”.
Ma il taglio dell’Irpef, la flat tax per i dipendenti e la riduzione del canone Rai sono tre temi su cui da giorni è in atto un vero e proprio braccio di ferro. E la mancanza di un accordo ha fatto slittare alla prossima settimana le votazioni sul decreto fiscale. Alle richieste dei partiti si aggiungono i desiderata dei ministri. Un elenco impossibile da realizzare (visti i fondi a disposizione) su cui la premier dovrà dire una parola definitiva. In stand by invece resta la decisione sul successore di Raffaele Fitto.L’idea della presidente del Consiglio pare sia quella di tenere le deleghe a palazzo Chigi fino a gennaio, scavallando quindi la sessione di bilancio. Nessuna fretta anche anche perchè, raccontano nella maggioranza, per la prossima settimana è attesa anche la decisione dei giudici se rinviare o meno a giudizio la ministra per il Turismo Daniela Santanchè.