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Economia

L’unicorno green che piace ai vip nel mirino della Sec

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Tre anni fa puntava a quotarsi, oggi è sotto indagine della Sec. E’ una storia tutta americana quella dell’unicorno green, Aspiration Partners. Una fintech, con sede a Los Angeles, che ha legato il suo successo iniziale all’idea di combinare le transazioni finanziarie con la responsabilità ambientale. Nei fatti Aspiration ha ridisegnato il panorama bancario americano con una carta di debito progettata per gli acquisti sostenibili. Oltre a questo ha anche promesso di eliminare tutti i titoli legati ai combustibili fossili dal suo portafoglio.

La quotazione in Borsa, con una valutazione della società che si aggirava attorno a 2 miliardi di dollari, avrebbe comportato un bel ritorno, dal punto di vista economico, per una lista di investitori che hanno sostenuto Aspiration per oltre un decennio. Tra questi l’ex ad di Microsoft Steve Ballmer ma anche gli attori Leonardo DiCaprio, Orlando Bloom, Robert Downey Jr e la supermodella e attrice Cindy Crawford.

Un successo che ha anche agevolato la strada verso il Congresso americano di Andrei Cherny, il suo cofondatore e un tempo amministratore delegato che è in corsa come candidato pro clima nelle combattutissime primarie democratiche del distretto dell’Arizona. Cherny, peraltro, gode dell’appoggio dell’ex presidente Bill Clinton e del sindaco di Phoenix Kate Gallego. Le elezioni si terranno alla fine del mese. Ora però Aspiration deve fare i conti con un’indagine da parte delle autorità statunitensi, tra cui il Dipartimento di Giustizia e la Securities and Exchange Commission.

Il passo falso ha avuto origine dal frettoloso tentativo di avviare una nuova linea di business – e così di aumentare il fatturato – vendendo servizi di sostenibilità, come la piantumazione di alberi, ad altre aziende. Il sospetto è che i ricavi siano stati gonfiati da accordi dubbi e , per lo più, in troppo breve tempo. Un’indagine da parte di Bloomberg ha fatto emergere come, tra gli accordi, ci fosse quello con una sinagoga di Beverly Hills che per 25.000 dollari al mese avrebbe partecipato a progetti di riforestazione in tutto il mondo. E poi quello con un’associazione no-profit che avrebbe dovuto pagare ad Aspiration una somma quasi 10 volte superiore delle sue entrate annuali.

Un altro cliente era una LLC, ossia una società a responsabilità limitata, sconosciuta e creata anonimamente pochi giorni dopo l’accordo con la fintech. Un numero insolito di clienti era poi costituito da celebrità colombiane, tra cui un attore e diversi calciatori in pensione.

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Economia

L’iPhone spinge Apple, ricavi sopra attese. Bene Amazon

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Apple e Amazon archiviano un trimestre sopra le attese e sperano di rassicurare Wall Street, innervosita dalle trimestrali non convincenti di Microsoft e Meta che hanno mandato in fumo i guadagni realizzati dai listini nel mese di ottobre. Il prezzo più salato lo ha pagato il Nasdaq che ha chiuso la seduta in calo del 2,76%. Lo S&P 500 ha perso l’1,86% e il Dow Jones lo 0,90%. Spinta dall’iPhone, Apple ha realizzato nel quarto trimestre dell’esercizio fiscale ricavi record a 94,9 miliardi di dollari, mentre l’utile è sceso del 35% a 14,7 miliardi a causa del pagamento della maxi sanzione per le tasse in Europa. I ricavi dall’iPhone sono saliti del 5,5% a 46,22 miliardi, circa la metà del totale, segnalando un netto cambio di rotta rispetto alla debolezza die primi sei mesi dell’anno.

In Cina i ricavi sono scesi dello 0,3% a 15,02 miliardi, sotto le attese degli analisti. Amazon ha chiuso il terzo trimestre con una solida crescita dell’utile e dei ricavi grazie alla domanda per i servizi di cloud computing. I ricavi sono saliti dell’11% a 158,9 miliardi, con Amazon Web Services cresciuta del 19% a 27,45 miliardi. L’utile netto è salito a 15,3 miliardi rispetto ai 9,9 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I conti di Apple e Amazon potrebbe allentare i timori degli investitori, preoccupati – dopo le trimestrali di Microsoft e Meta – per la corsa senza freni all’intelligenza artificiale. Una preoccupazione che ha affondato Wall Street.

Nonostante la frenata dell’inflazione – l’indice Pce è sceso in ottobre al 2,1%, ai minimi dal 2021 – i listini americani hanno ceduto anche sotto il peso dell’attesa dell’occupazione americana e dell’incertezza delle elezioni, con Kamala Harris e Donald Trump testa a testa nei sondaggi. Venerdì è in calendario il dato sul mercato del lavoro che, secondo gli economisti, potrebbe essere il peggiore dell’era di Joe Biden con soli 110.000 posti di lavoro creati, meno della metà di quelli di settembre e la cifra più bassa dal 2020. A condizionare il dato sono gli uragani Helene e Milton, che hanno causato ingenti danni in North Carolina e in Florida, e lo sciopero in casa Boeing. Per i democratici e Kamala Harris la rilevazione rischia di rivelarsi una doccia fredda.

La campagna della vicepresidente è già in difficoltà sul fronte economico e una gelata dell’occupazione a quattro giorni dal voto potrebbe infliggerle un duro colpo. In attesa della fotografia del mercato del lavoro, Wall Street è arretrata con Big Tech. Se la trimestrale di Google aveva alleviato i timori sull’IA, i conti di Microsoft e Meta li hanno riaccesi. Pur presentando ricavi e utile sopra le attese, i due colossi hanno deluso con le loro stime, facendo crollare del 3,1% l’indice che monitora le Magnificent Seven (Apple, Amazon, Google, Tesla, Nvidia, Microsoft e Meta).

Redmond ha chiuso il primo trimestre dell’esercizio fiscale con utile netto in aumento dell’11% a 24,7 miliardi su ricavi cresciuti del 16% a 65,6 miliardi di dollari grazie alla domanda per il cloud computing spinta dal boom nell’adozione di strumenti di intelligenza artificiale. Microsoft ha previsto però un rallentamento della crescita delle attività cloud. Nel periodo luglio-settembre i ricavi di Meta sono invece saliti del 19% a 40,58 miliardi di dollari, mentre l’utile netto è balzato del 35% a 15,68 miliardi. Il colosso di Mark Zuckerberg ha paventato anche una “significativa” crescita delle spese di capitale per il prossimo anno. Le previsioni dei due giganti hanno innervosito gli investitori, tornati a temere che la corsa all’IA si sia spinta troppo in avanti: agli investimenti miliardari paventati, infatti, non corrispondo ancora risultati tangibili.

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Economia

L’industria in crisi, cala l’occupazione a settembre

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La crisi dell’industria non si ferma, con il fatturato che va ancora giù ad agosto. Segna invece una battuta d’arresto l’occupazione a settembre, dopo tre mesi di crescita. Il bilancio nei dodici rimane comunque positivo, anche se il calo mensile apre all’interrogativo se il mercato del lavoro italiano sia davanti ad una inversione di tendenza o solo ad un inciampo. Il quadro dell’Istat si muove così tra dati altalenanti. Ultimi quelli sull’inflazione che ad ottobre torna a salire, con l’accelerazione del carrello della spesa.

La debacle del fatturato dell’industria si riassume nel nuovo segno meno registrato ad agosto, contenuto ad un -0,1% rispetto al mese precedente ma che tocca il -4,6% rispetto ad un anno prima. In questo caso, è il 17esimo di fila. Una caduta in valore, oltre che in volumi, che riflette difficoltà nel mercato interno ed europeo, con la locomotiva della Germania ormai in frenata. Altro fronte, quello del lavoro. A settembre, dopo aver toccato livelli record, il numero degli occupati scende di 63mila unità (-0,3%), tornando sotto quota 24 milioni (a 23 milioni 983mila).

Diminuiscono sia i dipendenti permanenti che a termine, sia uomini che donne, mentre rimangono stabili gli autonomi. Ma nell’arco di un anno, gli occupati sono comunque 301mila in più (+1,3%). Si conferma la spinta all’insù che arriva innanzitutto dai dipendenti a tempo indeterminato (+331mila) e poi dagli autonomi (+81mila) e, all’opposto, il calo dei dipendenti a termine (-110mila). E nonostante il calo mensile, il terzo trimestre chiude con un incremento di 84mila occupati (+0,4%). Se il tasso di occupazione a settembre dunque scende al 62,1%, il tasso di disoccupazione risulta stabile al 6,1% – comunque ai minimi di maggio 2007 – ma sale quello giovanile al 18,3%. E crescono gli inattivi, ovvero coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano (il tasso di inattività sale al 33,7%).

La riduzione degli occupati si inscrive in un quadro di “forte rallentamento dell’economia”, sottolinea l’Ufficio studi di Confcommercio. Con il rischio che se proseguisse nei prossimi mesi, avverte, “ne conseguirebbero gravi effetti sia sulla crescita del 2024 sia, soprattutto, su quella del 2025”. Al momento, comunque, il mercato del lavoro appare “ancora solido e vitale, nonostante questo inciampo”. Vede “nuovi segnali di criticità” Confesercenti sostenendo che questa battuta d’arresto “va monitorata con attenzione perché, pur mantenendo una crescita rispetto all’anno precedente, si collegherebbe alla frenata in atto dell’economia”.

Un quadro che vede ad ottobre un aumento dell’inflazione allo 0,9% su base annua (dal +0,7% del mese precedente). Una lieve ripresa, considerata quasi fisiologica, ma che pesa di più per alcuni settori, gli alimentari in testa. Tanto che il cosiddetto carrello della spesa torna a correre: i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona accelerano al +2,2%. I consumatori rilanciano l’allarme. Per una famiglia con due figli questa risalita equivale ad un aggravio di spesa pari in media a +238 euro annui solo per l’acquisto di cibi e bevande, calcola il Codacons. Parla di “autunno caldo sul fronte dei prezzi”, l’Unione nazionale dei consumatori.

Di qui il richiamo ad intervenire per sostenere i consumi e a cascata l’attività delle imprese. “Un Paese che non consuma per effetto di prezzi alti e un basso potere d’acquisto, è un Paese che non cresce”, rimarca l’Adoc. Per Federdistribuzione è fondamentale che la legge di Bilancio venga incardinata “nella prospettiva di sostegno ai redditi delle famiglie e di facilitazione degli investimenti e delle opportunità di crescita delle imprese”.

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Economia

Panetta: Italia investa su innovazione e efficienza della pubblica amministrazione

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La Bce deva tagliare ancora i tassi e, nonostante i segnali di accelerazione della crescita europea, guardare alla “fiacchezza” dell’economia, o rischierà di dover agire successivamente con più forza contro un’inflazione troppo bassa. Il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ribatte ai ‘falchi’ che chiedono cautela nel ridurre il costo del denaro. E non lesina uno sprone al governo: acceleri su investimenti e riforme del Pnrr, affronti il debito elevato e i “nodi irrisolti” dell’economia come la poca innovazione delle imprese o la pubblica amministrazione inefficiente. Un monito in tandem con quello della presidente della Bce Christine Lagarde, che su Le Monde avverte, “Lo stallo dell’Europa è una realtà”, occorre “rimboccarsi le maniche” cogliendo l’occasione per mettere in pratica il rapporto Draghi che “evidenzia uno stallo in termini di produttività, che arriva essenzialmente dal settore delle nuove tecnologie”.

L’occasione per Panetta è la Giornata mondiale del risparmio organizzata dall’Acri, che festeggia il centesimo compleanno in una veste internazionale, all’interno del Congresso dell’Istituto Mondiale delle Casse di Risparmio e delle Banche territoriali. E’ qui che Panetta, fresco degli incontri alle riunioni del Fmi a Washington, riporta la palla al centro nel dibattito fra le anime della Bce dopo che ieri Isabel Schnabel, del Comitato esecutivo, aveva invocato un “approccio graduale” di fronte a un “punto di svolta” della crescita dell’area euro. Dopo i tre tagli di giugno, settembre e ottobre fino a raggiungere il 3,25%, per il governatore italiano e membro del Consiglio Bce non è il caso di rallentare il ritmo.

“Le condizioni monetarie rimangono restrittive, e richiedono ulteriori riduzioni”, dice Panetta. Altrimenti “si correrebbe il rischio di spingere l’inflazione ben sotto l’obiettivo” del 2%, una situazione che “la politica monetaria faticherebbe a contrastare e che va evitata”. In gioco, alla Bce, c’è la decisione se tagliare di mezzo punto o di uno 0,25 al Consiglio direttivo del 12 dicembre. Poi c’è il dopo: se far arrivare il ‘tasso terminale’ a un livello neutrale (calcolato al 2,25% circa) e a che ritmo arrivarci. Dipenderà dall’inflazione, che dovrebbe tornare a salire per motivi statistici a fine anno, prima di assestarsi intorno al 2% nel corso del 2025. E dalla crescita, dove evidentemente il governatore italiano vede pochi motivi per essere ottimisti. La crescita dell’area euro è tornata ai massimi di due anni allo 0,4% nel terzo trimestre, la Germania è tornata a crescere dello 0,2%, la Francia dello 0,4 e la Spagna dello 0,8%. Ma l’Italia al contrario è tornata alla crescita zero, come non accadeva da fine 2020, nel trimestre estivo.

“L’economia europea rimane fiacca; pesano i tassi di interesse reali ancora elevati e il venir meno degli stimolo fiscali degli anni scorsi. L’economia italiana ne sta risentendo”. Sullo sfondo c’è la necessità di rilanciare le riforme. La Germania non sembra aver superato la sfida strutturale alla sua economia. L’Italia si è fermata col venir meno dei bonus edilizi anche se riceve ancora lo stimolo del Pnrr. In molti avvertono che la crescita frenerà ancora una volta esaurita la spinta degli aiuti Ue. Il governo – avverte Panetta – “ha una responsabilità importante per dare credibilità al progetto europeo, realizzando gli investimenti e le riforme previsti dal Pnrr, riducendo l’incidenza del debito pubblico sul prodotto e affrontando con decisione i nodi irrisolti”: ossia “scarsa capacità innovativa e pochi investimenti, un sistema produttivo frammentato e orientato verso comparti tradizionali, le carenze della pubblica amministrazione e delle infrastrutture, la bassa partecipazione al mercato del lavoro”.

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