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L’ultimo saluto a Thomas, domani il funerale a Rosciano

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Domani l’ultimo saluto a Christopher Thomas Luciani, 17 anni da compiere, brutalmente ucciso domenica pomeriggio, con 25 coltellate, nel parco ‘Baden Powell’ di Pescara. I funerali verranno celebrati alle ore 17:00 nella chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. Ad officiare la funzione saranno l’arcivescovo della diocesi di Pescara Penne, monsignor Tommaso Valentinetti, e il parroco don Mario Spadaccini. Per la giornata, il sindaco, Simone Palozzo, ha proclamato il lutto cittadino. “Per chi vuole dare l’ultimo saluto al mio angelo…”, scrive sui social, condividendo l’immagine del necrologio, la nonna del ragazzino, che fin da quando lui aveva tre anni e mezzo si era presa cura di lui “come una mamma”.

Nel manifesto funebre c’è una foto di Crox – così lo chiamavano gli amici – con i suoi capelli lunghi sulla fronte e il suo volto da bambino. “Ci prepariamo con immenso dolore e profonda commozione a dare il nostro ultimo saluto al nostro piccolo angelo Christopher”, scrive sui social il sindaco di Rosciano. Dall’autopsia, andata avanti fino alla tarda serata di ieri, è emerso che a provocare la morte del ragazzo sono state lesioni che hanno interessato entrambi i polmoni, provocando uno shock emorragico irreversibile. Thomas sarebbe morto rapidamente.

L’esame – eseguito dal medico legale Cristian D’Ovidio, alla presenza del collega Ildo Polidoro, perito di parte della famiglia della vittima – ha confermato il numero di colpi emerso in sede di ispezione cadaverica, cioè 25. L’autopsia è stata lunga e complessa per la necessità di identificare le singole lesioni, ma ha consentito di ricostruire in modo chiaro la dinamica, le cause della morte e quali siano stati i colpi letali. Per l’omicidio di Crox sono stati sottoposti a fermo due 16enni. L’unico vero intento è stato “quello di cagionare sofferenza e morte”, si legge in un passaggio del provvedimento con cui il gip del Tribunale dei Minori dell’Aquila, ieri, ha convalidato il fermo. Il quadro indiziario, scrive ancora il giudice, fa “risaltare come causa determinante dell’azione sia l’impulso lesivo, quello di provocare sofferenza e uccidere un essere umano”.

Un atroce delitto commesso per ‘futili motivi’, circostanza che è contestata ai due minori. La città di Pescara, che ieri si è raccolta nel dolore all’interno del parco teatro del delitto, dove si è svolta la veglia di preghiera promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, cui hanno preso parte oltre mille persone, è ancora sotto choc per l’accaduto. Ora dopo ora aumentano fiori e bigliettini lasciati all’ingresso dell’area verde. Sulla vicenda interviene anche l’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi d’Abruzzo, che lancia un appello. “Regione, Asl ed enti locali – afferma – completino l’applicazione delle leggi dotando finalmente le scuole della figura dello psicologo scolastico e potenziando i servizi necessari. Due anni fa la Regione Abruzzo aveva compreso questa urgenza, varando due leggi fondamentali: una per l’istituzione dello psicologo di base e l’altra per l’istituzione dello psicologo scolastico. Mentre per lo psicologo di base, seppur lentamente, si sta procedendo, la legge sullo psicologo scolastico, approvata il 17 agosto 2023, non è ancora stata applicata”.

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Morte Cerciello, sconto pena ad americani in appello bis: da ergastolo a 15 mesi

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Dai due ergastoli inflitti in primo grado ad una sentenza di appello bis che fissa le pene a 15 anni e due mesi e 11 anni e quattro mesi di carcere le pene. E’ il percorso giudiziario dei due studenti americani, Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, accusati della morte di Mario Cerciello Rega ucciso con 11 coltellate la notte del 25 e il 26 luglio del 2019 in strada a Roma. I giudici della Corte d’Assise di appello, dopo che la Cassazione aveva disposto un nuovo processo di secondo grado, hanno ulteriormente ridotto le condanne che erano state di 24 anni per Elder e 22 per Hjorth.

I giudici hanno fatto cadere le aggravanti, ammesso il rito abbreviato e questo ha portato ad una sensibile diminuzione degli anni da scontare in carcere. In particolare per Elder è arrivata anche una assoluzione, perché il fatto non costituisce reato, per l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. In aula, alla lettura della sentenza, era presente anche la moglie di Cerciello, Rosa Maria, che è apparsa scossa e ha lasciato piazzale Clodio senza volere rilasciare dichiarazioni. “Certamente rispetto alla gravità del fatto – ha commentato il suo legale, il professore Franco Coppi – è una sentenza indubbiamente generosa, ma noi non eravamo interessati alla entità della condanna. Eravamo interessati al fatto che venisse riconosciuta la responsabilità di entrambi”. Dal canto loro i difensori degli imputati non hanno nascosto la soddisfazione per il verdetto.

“Elder dopo la sentenza mi ha detto che era terribilmente stressato ma si rende conto che una pena la meritava e che la sentenza è più giusta delle precedenti” rivela l’avvocato Renato Borzone aggiungendo che la sentenza apre “tutto un altro scenario come è giusto che sia. Noi poche ore dopo aver parlato con Finnegan avevamo messo le nostre facce per spiegare come lui non si fosse mai reso conto di trovarsi davanti a degli agenti della forza pubblica. Ci sono voluti cinque anni, finalmente abbiamo una corte che potrà dormire tranquilla perché in coscienza ha preso una decisione giusta”, ha aggiunto il penalista. Il difensore di Hjorth, l’avvocato Francesco Petrelli, parla apertamente di “ridimensionamento assai importante in termini di pena che è stata dimezzata. Siamo passati da 22 anni a 11 anni ed è per noi una soddisfazione”.

La tragica fine di Cerciello iniziò con il tentativo dei due americani di comprare della cocaina a Trastevere. Poi il furto dello zaino del ‘facilitatore’ dei pusher, Sergio Brugiatelli. Quest’ultimo, dopo avere ricevuto la telefonata dei due statunitensi con la richiesta di riscatto, il classico ‘cavallo di ritorno’, aveva allertato i carabinieri. Cerciello Rega e il suo collega di pattuglia di quella note, Andrea Varriale, dopo una trattativa intercorsa tra Brugiatelli e i due ragazzi, si recarono in borghese all’appuntamento in via Pietro Cossa. In pochi istanti una tranquilla serata dell’estate romana si è trasformata così in tragedia. I due americani aggredirono Cerciello e il suo collega. Elder, che aveva con sè un coltello, colpì con undici fendenti il vicebrigadiere che morì, di fatto, per shock emorragico.

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Comandante carabinieri ucciso: incapace di intendere e volere, prosciolto il brigadiere assassino

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Il Tribunale militare di Verona ha prosciolto, per incapacità di intendere e volere, il brigadiere dei carabinieri Antonio Milia, che nell’ottobre di due anni fa, sparò e uccise con l’arma di ordinanza il suo comandante, il maresciallo Doriano Furceri, 58 anni, all’interno della caserma dei carabinieri di Asso, in provincia di Como.

Dopo avere sparato al superiore, Milia si barricò all’interno della caserma e fu arrestato solo la mattina successiva in seguito ad un blitz dei corpi speciali del Gis. La Procura militare aveva chiesto una condanna a 24 anni di carcere nei confronti del brigadiere, ma i giudici hanno accolto le conclusioni dei consulenti d’ufficio, secondo i quali la patologia di cui soffriva Antonio Milia era tale da non consentirgli di rendersi conto di quello che stava facendo.

Il Tribunale ha disposto per l’imputato la misura di sicurezza di cinque anni di permanenza in comunità terapeutica. I giudici hanno inoltre deciso di inviare gli atti del processo alla Procura ordinaria di Como, perché indaghi sulla commissione medica militare che aveva riammesso pienamente in servizio il brigadiere, con la possibilità di usare l’arma di ordinanza, nonostante la sospensione decisa dai suoi superiori, preoccupati per i suoi atteggiamenti e per le sue condizioni psichiche. L’omicidio avvenne infatti pochi giorni dopo il rientro in servizio di Milia ad Asso.

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Bozzoli latitante in fuga con moglie e figlio ricercato in tutto il mondo

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Mentre lui, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, resta in fuga con moglie e figlio, a parlare sono i parenti. Il padre Adelio giura: “non so dove sia”, ma il suocero Daniele ai carabinieri fa mettere a verbale: “sarebbe in una zona imprecisata della Francia”. Ma di Giacomo Bozzoli ancora nessuna traccia. È ricercato e il suo nome è nel database delle forze dell’ordine a livello nazionale e internazionale. La Procura oggi ha disposto pure il Mae, il mandato di arresto europeo. Per i vicini di casa di Soiano del Lago, nel Bresciano, “non si vede da dieci giorni” ma non risulta che abbia soggiornato in alberghi italiani. Moglie e figlio hanno il passaporto, a lui non è mai stato ritirato ma sarebbe scaduto e non rinnovato.

Negli ultimi sei mesi non ha mai preso un aereo. C’è chi scommette su una latitanza studiata nell’arco dei nove anni che hanno separato l’inizio della vicenda dalla sentenza definitiva di lunedì. Chi lo ha conosciuto in questi nove anni spiega che “la decisione su cosa fare deve prenderla solo lui”. La sua fuga potrebbe essere però solo temporanea e legata ad un momento particolare: il compleanno del figlioletto proprio in questi giorni di inizio luglio. Poi, dopo questi ultimi momenti di libertà in famiglia, il 39enne bresciano che per ogni grado di giudizio ha ucciso lo zio Mario l’8 ottobre 2015 gettandolo nel forno della fonderia di cui era proprietario, potrebbe costituirsi in carcere. Forse al Verziano, penitenziario bresciano meno duro rispetto al più sovraffollato d’Italia Canton Mombello.

Ma restano solo ipotesi, voci, supposizioni. E poi ci sono i dati certi, a partire dagli ultimi avvistamenti. Alle 5:51 del 23 giugno è stato infatti registrato un passaggio della Maserati Levante intestata a Giacomo Bozzoli dal portale Valtenesi di via Marconi a Manerba, due minuti più tardi da quello di Desenzano e uno successivo alle 6.03 sempre a Desenzano del Garda sotto il varco che porta all’ingresso in A4. Ma non si sa se sia entrato in autostrada. Il Telepass non ha segnalato accessi, così come i telefoni hanno smesso di essere attivi. Da qualche ora Giacomo Bozzoli è latitante dopo che il presidente della prima sezione penale Roberto Spanò – il primo giudice a condannarlo – ha firmato il decreto di latitanza. Da lunedì dopo la lettura della sentenza della Cassazione sono risultate vane le ricerche nella villa di Soiano – intestata al fratello Alex, indagato per falsa testimonianza nell’ambito dell’inchiesta bis – dove Giacomo vive dal 2015 con moglie e figlio, ma anche nell’azienda di Bedizzole creata con il padre e il fratello, nell’abitazione di Marcheno del genitore e anche ad Ortisei, dove i Bozzoli hanno una casa, non è stato trovato.

Così è scattato prima il decreto di latitanza e ora anche il mandato d’arresto europeo firmato dalla procura sulla scorta di quanto riferito dal suocero che agli inquirenti ha indicato la Francia come meta di un viaggio di cognato, figlia e nipotino. Adelio, padre sempre al fianco di Giacomo, invece nega di sapere di piani di fuga. Adelio, che da teste in aula nel processo di primo grado usava in continuazione l’avverbio “sinceramente” come a voler convivere i giudici delle sue parole, a Repubblica che lo ha incontrato in mattinata fuori dall’azienda ha detto: “Se sapessi dov’è ora mio figlio andrei a dirgli che è il momento di pensare solo alla sua famiglia, al mio nipotino. Ognuno può immaginare cosa prova un padre che vede il proprio figlio innocente condannato all’ergastolo dopo nove anni di processi. La sua scomparsa è una sorpresa, oltre che un incubo, anche per me”.

Adelio ha sempre proclamato l’innocenza di Giacomo così come Antonella, la compagna del 39enne. Dipendente della galleria d’arte di famiglia sentita nel corso del processo di primo grado la donna rispondendo alla domanda del pm: “signora, lei è convinta dell’innocenza di Giacomo?”, rispose: “Assolutamente sì”. Convinta fino a seguirlo nella sua disperata fuga dal carcere a vita.

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