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Esteri

Lukashenko a Pechino da Xi dopo il piano cinese

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Il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, l’alleato più stretto del capo del Cremlino Vladimir Putin, è atterrato in serata all’aeroporto di Pechino per l’annunciata visita di stato di tre giorni, sotto osservazione perché è il primo capo di Stato ad incontrare il presidente Xi Jinping dal ‘documento di posizione’ cinese in 12 punti sulla soluzione politica della crisi ucraina, presentato il 24 febbraio e accolto con scetticismo in Occidente. Tra grandi aspettative di maggiore cooperazione bilaterale per sfruttare la ripresa economica post-pandemia, il tema in cima all’agenda dell’incontro Xi-Lukashenko sarà il conflitto tra Russia e Ucraina, nel mezzo delle forti tensioni sulla guerra tra l’Occidente e l’asse Mosca-Minsk. L’ipotesi prevalente, secondo gli analisti, è che la missione del presidente bielorusso abbia il duplice scopo di dare maggiore risalto alla soluzione cinese dimostrando che non c’è isolamento della comunità internazionale verso Russia e Bielorussia, con un occhio rivolto già alla possibile visita di Xi a Mosca indicata per la prossima primavera. In un’intervista all’agenzia di stampa Xinhua prima di arrivare in Cina, Lukashenko ha detto che “al giorno d’oggi nessun problema al mondo può essere risolto senza la Cina”, di cui è apprezzabile “il perseguimento della politica estera indipendente di pace” e il documento sulla crisi ucraina “ne è la dimostrazione”.

Cina e Bielorussia hanno concordato di migliorare le relazioni trasformandole in “un partenariato strategico completo per tutte le stagioni”, nella nota congiunta dopo il bilaterale dei leader al vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) di Samarcanda, in Uzbekistan, di settembre 2022. I Paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti, hanno imposto sanzioni economiche anche alla Bielorussia per il sostegno all’aggressione di Mosca contro Kiev: Minsk è stata però uno dei primi Paesi a sostenere e a partecipare alla ‘Belt and Road Initiative’ voluta da Xi. Il Parco industriale sino-bielorusso viene spesso definito come la “perla della cintura economica della Via della Seta”, forte di volumi dell’interscambio commerciale che ha superato i 5 miliardi di dollari (+33% annuo) nel 2022, secondo i dati delle Dogane cinesi. La visita di Lukashenko in Cina “sarà una continuazione della costruzione di relazioni amichevoli di lungo termine e di cooperazione reciprocamente vantaggiosa con la Repubblica popolare”, ha riferito l’agenzia bielorussa Belta all’arrivo del leader nella capitale cinese. Ad attendere Lukashenko all’aeroporto della capitale c’erano il vice ministro degli Esteri Ma Zhaoxu e l’ambasciatore cinese in Bielorussia Xie Xiaoyong.

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Attacco di Hezbollah in Libano, feriti quattro militari italiani della missione UNIFIL

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Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE  (FOTO IMAGOECONOMICA)

La dinamica dell’attacco

Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.

Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA

Le dichiarazioni del ministro Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:

“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.


La solidarietà del Presidente Meloni

Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.


Unifil: una missione per la pace

La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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