Una stretta di mano, sorrisi di rito e quattro ore di faccia a faccia in una scenografica residenza alle porte di San Francisco per avviare il disgelo tra Usa e Cina. Non un reset, ma una ripresa del dialogo a tutti i livelli, anche militari, per “gestire responsabilmente la competizione” evitando che le tensioni degenerino in conflitti, in un mondo già troppo in fiamme. Con un invito a cooperare rilanciato anche da media statali del Dragone come il Quotidiano del Popolo, che ricorda come “il popolo cinese non dimenticherà mai un vecchio amico”.
Era l’obiettivo minimo del summit tra Joe Biden e Xi Jinping dopo che le relazioni tra i due Paesi sono scivolate al punto più basso, col tonfo finale dei palloni spia cinesi. Entrambi i presidenti avevano bisogno di una tregua, il primo per motivi politici, il secondo per ragioni economiche: Biden vuole evitare un conflitto aperto con Pechino nel bel mezzo di due guerre e della difficile campagna per la rielezione, Xi intende rilanciare una crescita in frenata, minacciata dalla bolla immobiliare.
“Pace e sviluppo globali”, i due binari del vertice indicati da Pechino alla vigilia dell’incontro, il primo di persona dopo un anno ma il settimo tra i due leader, che si conoscono dal 2011, quando entrambi erano vicepresidenti. Xi non metteva piede negli Usa dal 2017, epoca Trump. Biden ha dato il benvenuto al presidente cinese – che in passato aveva definito “un dittatore” – in una location tenuta segreta dalle parti sino all’ultimo, per timore di contestazioni: la storica tenuta Filoli, 40 km a sud di San Francisco, 654 acri di verde che circondano una residenza di campagna in stile revival georgiano immersa in giardini rinascimentali all’inglese, ideali per una passeggiata dopo il pranzo di lavoro.
E’ qui che i capi delle due superpotenze hanno cercato possibili punti di incontro sui principali dossier bilaterali e globali, anche se le divergenze non mancano e i rispettivi team dovranno continuare a confrontarsi. La prima intesa è stata trovata sul clima, poche ore prima del vertice, quando Usa e Cina hanno firmato una dichiarazione comune in cui si impegnano a lavorare insieme contro “una delle più grandi sfide del nostro tempo”, intensificando la cooperazione sul metano e sostenendo gli sforzi globali per triplicare l’energia rinnovabile entro il 2030. Il documento tace sull’uso del carbone e sul futuro dell’energia fossile ma in ogni caso si tratta di un segnale positivo, anche in vista dell’imminente Cop28. Preannunciato anche un accordo con cui Pechino lancerà un giro di vite sulla produzione e l’esportazione dei precursori chimici del Fentanyl, l’oppioide sintetico a basso costo che miete decine di migliaia di vittime ogni anno in Usa.
In cambio Washington potrebbe revocare le sanzioni contro l’istituto di scienze forensi, accusato di collaborare alla repressione degli uiguri nello Xinjiang, anche se la Casa Bianca ha assicurato che i diritti umani in Cina, compresa la repressione degli stessi uiguri, sono nei ‘cahiers de doléances’ di Biden. Tra i risultati dati per acquisiti alla vigilia, il ripristino della hotline militare, cancellata da Pechino dopo la controversa visita dell’allora speaker Nancy Pelosi a Taiwan nel 2022.
Previsto anche un impegno a limitare l’uso dell’intelligenza artificiale nelle armi nucleari. Tutta da verificare alla prova dei fatti la risposta di Xi alla richiesta di Biden di uno sforzo per la de-escalation sia in Medio Oriente (in particolare facendo pressione sull’Iran perché non allarghi il conflitto) che in Ucraina (in questo caso il pressing richiesto è anche sulla Corea del Nord): il leader cinese resta il principale alleato politico di Putin e ha sposato la causa palestinese. Prove di equilibrismo poi su Taiwan, dove alla vigilia delle elezioni i due presidenti pretendono garanzie reciproche di non interferenza, con la Casa Bianca ferma sulla politica Usa che riconosce un’unica Cina ma che vuole difendere la democrazia dell’isola, pur non sostenendone l’indipendenza. Sullo sfondo anche la rivalità nell’Indo-Pacifico.
Sul fronte economico Biden ha dipinto una Cina con “problemi reali” (“una bomba a orologeria”, ha detto di recente) ma ha escluso il decoupling riaprendo agli scambi commerciali. Xi vuole di più, l’allentamento dei dazi e dei limiti all’export high-tech Usa. Nel frattempo punta a corteggiare il gotha dell’economia americana in una cena da 40 mila dollari a tavolo: in prima fila Elon Musk con i ceo di Microsoft, Citigroup, Exxon Mobil. Il messaggio è che “la Cina è ancora un buon posto per investire” ma le aziende Usa chiedono rassicurazioni contro restrizioni e abusi.