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Lombardia, il Comitato Nord verso una lista per Moratti

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Una cosa è certa: i quattro leghisti che al Consiglio regionale della Lombardia hanno creato il gruppo Comitato Nord, che si rifà alla corrente del Carroccio ispirata da Umberto Bossi, alle prossime regionali non sono candidati nella lista civica di Letizia Moratti che, salvo piccole modifiche dell’ultimo minuto, è stata chiusa, con tanto di candidati riuniti a Milano per firmare l’accettazione ieri. Ma questo non significa che Comitato Nord non sosterrà l’ex vicepresidente della Lombardia che ha detto addio al centrodestra per correre con l’appoggio del Terzo Polo.

L’idea rimane quella di presentare una lista d’appoggio (che non ha bisogno di raccolta firme grazie all’esistenza del gruppo al Pirellone), forse con un nome leggermente diverso. Ed è proprio questo il nodo. Perché una lista del Comitato Nord, che con la benedizione del senatùr corre contro il governatore uscente, Attilio Fontana, storico esponente del Carroccio, vorrebbe dire lo strappo definitivo con la Lega di Salvini. Il dialogo tra Moratti e i transfughi leghisti va avanti. Davanti al muro dal Carroccio che ha rifiutato di averli in coalizione, i consiglieri, guidati dall’europarlamentare Angelo Ciocca, negli ultimi giorni hanno offerto il loro appoggio a Moratti. Sfumata l’ipotesi di vedere alcuni candidati del Comitato Nord inseriti nella lista civica, l’unica strada per i fuoriusciti potrebbe essere quella di presentarne una propria. Opzione gradita anche a Moratti, soprattutto se potrà contare pure sul sostegno di Bossi.

Nella Lega, però, nessuno crede che il Senatùr avallerà mai un’operazione del genere in aperta contrapposizione a Fontana, al quale tra l’altro ha ribadito il proprio sostegno nell’ultimo incontro a Gemonio prima di Capodanno. Ma Bossi è anche risentito per il mancato dialogo con Matteo Salvini, dopo le repentine espulsioni dei consiglieri e il suo appello a revocarle caduto nel vuoto. E c’è chi conta su questo malumore per convincerlo a provare a indebolire Salvini, a partire dalla Lombardia. Intanto a Milano c’è stato il primo incontro pubblico tra i candidati in corsa alla presidenza: nessun confronto politico, ma una foto insieme in occasione della ‘Befana del Clochard’ organizzata dai City Angels.

“Oggi siamo qua per un motivo sociale, quindi lascerei la campagna elettorale fuori” è tutto quello che ha da dire Moratti sui bossiani. E anche il governatore respinge le domande a riguardo: “Oggi lasciamola un po’ stare la politica, siamo qui per un’iniziativa di solidarietà”. È invece possibilista il leader del Terzo Polo Carlo Calenda sul supporto dei ‘bossiani’ che “probabilmente ci saranno. E non – ha detto – mi sorprende”. Mentre sono dure le critiche del Pd con la capogruppo al Senato Simona Malpezzi convinta che si chiuda “definitivamente la storia della candidatura moderata, liberale e riformista” e il candidato di centrosinistra e M5S Pierfrancesco Majorino, convinto che sarebbe un’alleanza politica “molto coerente da parte di Moratti, che si sposta ancora più a destra”.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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