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L’Italia travolge Israele, finale Nations League vicina: doppietta di Di Lorenzo

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Sono passati poco più di 100 giorni dalla partita senza storia con la Svizzera che costò gli Europei, ma per l’Italia di Spalletti sembra trascorsa un’era. Quel gruppo impaurito si è trasformato in un branco affamato di rivincita che fa un sol boccone di Israele (4-1) e scappa in vetta alla classifica del girone di Nations League, a un passo dalla qualificazione matematica alla finale a otto che varrebbe anche la posizione di testa di serie al sorteggio per le qualificazioni mondiali. Da segnare il debuttto di Daniel Maldini, terza generazione di campioni.

Quello di Udine e’ anche un match che verrà ricordato per le straordinarie misure di sicurezza, nei giorni di forti tensioni in Medio Oriente; tutto blindato fuori dallo stadio, cecchini sui tetti, mentre lontano dall’impianto sfilaavano per la citta’ i pro Palestina. In campo, invece, tutto comincia con fischi all’inno di Israele (coperti poi dagli applausi) e finisce con un invasore ‘pacifico’, placcato prima di arrivare a chiedere la maglia di Calafiori. Spalletti ripropone la formazione che aveva dominato il Belgio nei primi 40′ a Roma, con Raspadori al posto dello squalificato Pellegrini: uniche novità sono Fagioli per Ricci, in cabina di regia, e il portiere Vicario – per capitan Donnarumma – che gioca nella città in cui è nato e cresciuto calcisticamente.

Ben Shimon risponde affidandosi all’estro di Gloukh per colpire in ripartenza. Sprintano subito gli azzurri, ma sono gli ospiti, all’8′, ad andare a un passo dal vantaggio. Fagioli perde una palla sanguinosa nella propria metà campo e proprio Gloukh, talento ventenne del Salisburgo, avanza e dal limite lascia partire un rasoterra che esce di un soffio. L’Italia non si scompone e al 15′ si divora la rete: lo splendido lancio dalla destra di Di Lorenzo mette solo davanti alla porta Retegui, Glazer risponde da campione al tiro potente. Passano 3′ minuti e il copione si ripete: Raspadori pesca Frattesi che d’esterno al volo libera ancora Retegui al limite, la sciabolata del centravanti sembra indirizzata in fondo al sacco ma Glazer si supera ancora e mette in angolo. Il tiro al bersaglio prosegue al 20′: Tonali riceve solo in area piccola e scarica una fucilata che centra il portiere avversario.

Tre enormi occasioni gettate al vento in soli 5′ che lasciano nella disperazione il ct Spalletti, che torna sulla panchina dello stadio Friuli a quasi vent’anni dalla sua cavalcata con i bianconeri. Gli azzurri riprendono fiato solo per una decina di minuti e al 30′ Dimarco, con il solito sinistro fatato, mette un cross liftato su cui Frattesi non arriva di un soffio e Retegui, sempre lui alle spalle sparacchia sull’esterno. Al 32′ D. Peretz gioca da centroboa e assiste l’accorrente Gloukh la cui mira fa difetto. Poi al 40′ Tonali riceve un inutile pestone per un intervento in ritardo di D. Peretz all’ingresso in area, ma in posizione defilata, e Retegui stavolta esegue la sentenza dal dischetto per la sua sesta rete in nazionale. Gli ospiti vacillano, due minuti dopo Raspadori lascia correre la sfera e si fa anticipare invece che spingere verso la porta una sorta di rigore in movimento. Primo tempo spumeggiante e vantaggio minimo bugiardo.

La ripresa parte con un avvicendamento in cabina di regia, Ricci si posiziona davanti alla difesa al posto di uno spento Fagioli ma lo schema è il medesimo della prima frazione: azzurri in pressing asfissiante a tutto campo. Proprio su una palla rubata all’8 scaturisce una punizione dal limite per un fallo di mani. Sul cross pennellato di Raspadori, Di Lorenzo salta più in alto di tutti e insacca di testa. Un raddoppio, meritato, tutto in salsa napoletana. Il match si riapre improvvisamente al 22′: Abu Fani calcia un angolo a rientrare e Baltaxa sembra ostruire l’uscita di Vicario che gli salta letteralmente sulla schiena: non è dello stesso avviso Ricardo de Burgos che convalida tra le proteste degli azzurri e del Bluenergy. I padroni di casa non ci stanno e un solo minuto dopo sfiorano la rete con un’inzuccata di Bastoni che l’ennesimo intervento stupefacente di Glazer spinge in angolo.

Il gol arriva al 27′: Dimarco, ormai fantasista di sinistra, vede l’inserimento di Frattesi che non dà scampo al portiere avversario. Stavolta all’insegna delle due formazioni che si stanno contendendo la vetta del campionato, la marcatura è tutta a tinte nerazzurre. C’è tempo anche per aggiornare l’almanacco: Daniel Maldini fa il suo debutto in azzurro nello stadio in cui papà Paolo iniziò la sfavillante carriera in A e nella regione del triestino nonno Cesare. Proprio il figlio e nipote d’arte innesca la rete del poker, favorendo l’inserimento di Udogie e l’assist per il rimorchio di Di Lorenzo, che segna una doppietta personale che getta alle spalle quell’Europeo da dimenticare. Spiccioli di gara ed esordio in nazionale anche per il beniamino di casa Lorenzo Lucca in uno stadio ormai colmo d’entusiasmo.

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Cronache

Piero Marrazzo racconta la sua caduta e redenzione nel libro “Storia senza eroi”

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Nel suo nuovo libro “Storia senza eroi”, Piero Marrazzo, (nella foto di Imagoeconomica in evidenza) giornalista ed ex presidente della Regione Lazio, rivela i dettagli drammatici della sua vita personale e politica, segnata dallo scandalo che lo coinvolse nel 2009. Marrazzo, che fu ricattato da quattro carabinieri infedeli mentre si trovava in un appartamento di via Gradoli a Roma, con una prostituta trans, ripercorre gli eventi che lo portarono a una profonda crisi personale e professionale.

La telefonata di Berlusconi

Uno dei momenti più significativi narrati da Marrazzo è una telefonata ricevuta dall’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che lo informò di un video compromettente. Berlusconi, con tono riservato, gli disse che un’agenzia fotografica aveva contattato la Mondadori per segnalare l’esistenza di un filmato che riguardava proprio Marrazzo. La notizia fu devastante per l’ex governatore, che si ritrovò a gestire la tempesta mediatica che stava per abbattersi su di lui.

Il crollo emotivo

Nel libro, Marrazzo descrive il suo crollo emotivo dopo aver appreso la notizia. Nonostante cercasse di mantenere un’apparenza di normalità durante gli impegni pubblici, come un intervento all’Auditorium Parco della Musica di Roma, dentro di sé sentiva che la sua carriera e la sua vita stavano per andare in frantumi. La pressione psicologica lo portò a momenti di disperazione e vergogna, soprattutto nei confronti della sua famiglia.

Il peso delle responsabilità familiari

Un tema ricorrente nel libro è il rapporto di Marrazzo con le sue figlie e la sua famiglia. Descrive il dolore nel dover affrontare la verità con le sue figlie, Giulia, Diletta e Chiara, e la moglie Roberta. La vergogna e il senso di colpa per non averle messe al corrente degli eventi prima che i giornali pubblicassero la notizia lo tormentavano.

La svolta e la liberazione

Uno dei passaggi più toccanti del libro è quando Marrazzo racconta di essersi finalmente sentito libero dopo aver confessato tutto al suo inner circle e dopo aver affrontato il processo in cui fu parte lesa. “Finalmente mi sento libero, la mia coscienza si è liberata”, disse, sottolineando come la verità, seppur dolorosa, gli avesse tolto un enorme peso.

Le conseguenze dello scandalo

Lo scandalo ebbe un impatto devastante sulla carriera politica di Marrazzo, costringendolo a dimettersi dalla carica di presidente della Regione Lazio nel 2009. Il libro racconta come quattro carabinieri, successivamente condannati, abbiano orchestrato l’imboscata per ricattarlo, utilizzando il video come leva.

“Storia senza eroi” è un racconto intimo e personale, in cui Marrazzo non solo ripercorre la sua caduta pubblica, ma riflette anche sul percorso di redenzione che ha intrapreso da allora.

Un libro di confessioni e riflessioni

Con questo libro, Marrazzo non cerca giustificazioni, ma piuttosto offre una riflessione profonda su come un uomo possa rialzarsi anche dopo essere stato travolto dagli eventi. Una storia di caduta, ma anche di rinascita, che invita i lettori a guardare oltre lo scandalo per comprendere l’essenza umana dietro l’ex politico e giornalista.

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Ambientalisti, dal Ponte sullo Stretto impatti gravissimi

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Le Associazioni ambientaliste demoliscono il Ponte sullo Stretto, fortemente voluto dal vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini. “Rimane un progetto dall’impatto ambientale gravissimo e irreversibile, non compensabile né mitigabile”, mettono nero su bianco Italia Nostra, Kyoto Club, Legambiente, Lipu, Man e Wwf Italia, insieme alla ‘Società dei Territorialisti’ ai ‘Medici per l’Ambiente – Isde’ e ai Comitati ‘Invece del Ponte e ‘No Ponte – Capo Peloro’ nelle “nuove Osservazioni”, presentate alla Commissione Via del ministero dell’Ambiente. E lo fanno “contestando nel metodo e nel merito” le integrazioni depositate dalla Stretto di Messina un mese fa in risposta alle richieste della Commissione stessa. In un corposo testo di oltre 600 pagine, elaborato da 39 tecnici ed esperti per conto delle Associazioni, si sottolinea che il lavoro di analisi prodotto dalla Stretto di Messina contiene un “errore eccezionalmente grave”, ovvero, “la totale assenza di una valutazione della somma che i vari impatti connessi alla realizzazione dell’opera producono”.

L’assenza del cosiddetto “effetto cumulo” rappresenta “una palese violazione della normativa vigente, sia comunitaria che nazionale”, denunciano. Inoltre, essendo il Ponte un “progetto ideologico”, voluto politicamente, indipendentemente dalla sua utilità e realizzabilità, l’altra “palese violazione” è relativa alla cosiddetta “opzione zero” che “non viene analizzata correttamente”, in particolare nel rapporto costi, non solo economici, ma anche ambientali, e benefici tra fare o non fare l’opera, spiegano ancora le Associazioni, specificando che dal punto di vista economico, il Ponte rappresenta “un buco nero nei bilanci pubblici”. Il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture però non ci sta e, prendendo la parola, ad un evento organizzato dalla Camera di Commercio Americana in Italia, tuona: “Solo l’Italia vede la politica dividersi sulle infrastrutture, il dibattito sul sì o no al ponte è un delirio esclusivamente italiano. Il ponte è sovranista, il ponte è fascista, è il ponte di Salvini”, dice.

“Mi fa piacere che dall’estero siano più sereni, obiettivi, curiosi e che guardino all’Italia come un modello”, aggiunge Salvini, auspicando che “sia un milanese a posare la prima pietra dei lavori” per il Ponte sullo Stretto “perché tutte le imprese italiane, in primis quelle lombarde, si avvantaggeranno dai lavori per questa infrastruttura”. L’obiettivo è “arrivare al 2032 per arrivare a vedere il compimento delle grandi opere”, conclude il ministro. Tra gli altri punti evidenziati nelle Osservazioni, la presenza di “faglie sismiche attive e capaci nell’area interessata dall’opera”, quindi il “pesantissimo impatto sulla ricchissima biodiversità dell’area, in special modo sull’avifauna”. Le Associazioni ambientaliste e i Comitati ritengono pertanto che la Commissione non potrà che chiudere il procedimento Via in corso “con parere negativo”. La Commissione dovrebbe esprimersi entro metà novembre per poi trasmettere il suo parere alla Conferenza dei servizi, che a sua volta chiuderà i lavori e presenterà al Cipess tutto il materiale raccolto. Il dl Infrastrutture fissa al 31 dicembre la scadenza per la decisione del Cipess sul progetto definitivo del Ponte sullo Stretto.

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Da inizio anno 17 epidemie potenzialmente pericolose

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Dal virus di Marburg al vaiolo delle scimmie, dall’influenza aviaria alla dengue, nel 2024 si sono già verificati 17 focolai di epidemie pericolose, che ci ricordano “la vulnerabilità del mondo alle pandemie”. Lo scrive l’Organizzazione mondiale della Sanità in un rapporto presentato al Summit mondiale della Salute a Berlino. Mentre il direttore generale dell’Oms Tedros Ghebreyesus punta il dito contro la disinformazione: “durante la pandemia di Covid-19 le falsità su mascherine, vaccini e lockdown si sono diffuse rapidamente quanto il virus e sono state quasi altrettanto mortali”. E ora stanno “rallentando l’adesione al nuovo Piano pandemico dell’Oms”. Il rapporto, realizzato del Global Preparedness Monitoring Board, delinea 15 fattori chiave del rischio di pandemia, classificati in cinque gruppi: sociale, tecnologico, ambientale, economico e politico.

Un grande ruolo lo svolge la crescente probabilità di contagio tra esseri umani in un mondo sempre più interconnesso: basti pensare che nel 2023 sono stati registrati 36,8 milioni di voli aerei, con oltre quattro miliardi di passeggeri. Questo fattore, unito al surriscaldamento globale, ha facilitato la diffusione di malattie come la dengue o il virus Zika, trasmesse dalle zanzare Aedes aegypti, anche alle nostre latitudini, come dimostra il recente focolaio a Fano, nelle Marche, e i casi di infezione da virus del Nilo occidentale segnalati da 14 paesi europei, inclusa l’Italia. Tra le principali minacce identificate dall’Oms, la mancanza di fiducia negli operatori sanitari, che ha pesato molto nella diffusione del virus Ebola in Africa occidentale. Ma anche l’aumentare degli allevamenti intensivi, che favoriscono il diffondersi di patogeni come quello dell’aviaria H5n1, che ha fatto il salto di specie dagli uccelli alle mucche ed è stato individuato anche in alcuni casi nell’uomo. Mentre a maggio un’epidemia di tubercolosi ha portato a un’emergenza sanitaria a Long Beach, California. Una minaccia sono poi i conflitti violenti, “che registrano il livello più critico dalla fine della seconda guerra mondiale”: “colpiscono circa 2 miliardi di persone, con oltre 117 milioni di sfollati dalle loro case nel 2023” e hanno un impatto diretto sulla diffusione di malattie infettive.

Lo dimostrano i casi di poliomielite a Gaza e l’epidemia di mpox, o vaiolo delle scimmie, in Congo, di cui nel 2024, sono stati segnalati in Africa oltre 34.000 casi, ma anche 1.046 casi nell’Unione Europea. A pesare è poi la diffusione di fakenews che, ha sottolineato il direttore generale dell’Oms, “ha contribuito alla sfiducia nei vaccini” e oggi continua a minare i negoziati sull’Accordo Pandemico messo a punto dall’Oms che i governi stanno sottoscrivendo. “Media, celebrità, influencer e politici – ha detto Ghebreyesus – hanno diffuso false affermazioni secondo cui l’accordo farà cedere parte della sovranità nazionale all’Oms. Queste affermazioni sono del tutto false”. Il piano punta invece a “garantire che i servizi sanitari essenziali siano disponibili per tutti”, in particolare per le fasce le più svantaggiate, e “garantire che i piani di risposta alle pandemie siano regolarmente rivisti e flessibili”. Prerequisito a tutto questo, però, ha concluso Ghebreyesus, ricordando i conflitti in Ciad, a Gaza e in Ucraina è “la pace, che resta la migliore medicina”.

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