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L’ex violento evaso dai domiciliari, ‘arrestato in Romania’

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“L’hanno arrestato oggi in Romania, probabilmente è scattato il mandato internazionale, ora è in carcere in Romania. È stato trovato a casa della nonna, dove sapevamo che era da tempo. Oggi è un giorno importante, ce lo ricorderemo bene, sono molto contenta che giustizia sia stata fatta”. A dare la notizia dell’arresto del suo ex fidanzato è stata la stessa Chiara Balistreri, 20enne bolognese che circa due anni fa ha subito violenza dal 24enne, arrestato circa un mese fa a Bologna dopo due anni e mezzo di latitanza e poi subito evaso dai domiciliari, dopo una settimana. La ragazza, come fanno sapere Le Iene su Instagram, ha dato la notizia dell’arresto parlando telefonicamente con la trasmissione. Chiara Balistreri aveva raccontato di recente la vicenda in un video – mettendoci nome e faccia – pubblicato su TikTok per lasciare una “testimonianza” prima di “diventare l’ennesimo femminicidio”.

Un filmato rilanciato anche dalla trasmissione tv “Chi l’ha visto”, dalla stampa locale e una storia raccontata, prima dell’evasione, anche al programma tv le Iene. “Dire che sono amareggiata, inc.., delusa, spaventata, è dir poco, ringrazio il giudice che ha dato” al mio ex “la possibilità di tornare a casa sua, ai domiciliari, e di scappare di nuovo dopo che si era reso latitante per due anni”, aveva detto su TikTok. Il giudice, si chiedeva sarcastica, avrebbe preso la stessa decisione “se fossi stata sua figlia? Non so che piega prenderà la mia vita – aggiunge – e non so come si aspettano che io stia serena o conduca una vita normale sapendo che lui è a piede libero e posso ritrovarmelo davanti da un momento all’altro”. Chiara aveva denunciato con un video le violenze subite due anni e mezzo fa che diventò virale sui social, e che ora TikTok – dice su Instagram – ha però cancellato. Nel 2022 ci fu l’episodio più eclatante: Chiara finì in ospedale col naso rotto, pestata e presa a cinghiate. Fu la goccia che portò alla denuncia dopo cinque anni di violenze subite, anche quando era minore e lui maggiorenne.

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La solidarietà incontra l’arte e la scienza nell’ottava edizione de “l’ORigano”, l’iniziativa senza scopo di lucro ideata dalla giornalista, naturalista e divulgatrice scientifica Olga Fernandes. Un evento annuale che unisce impegno umanitario e cultura per promuovere un progetto ambizioso: fare della Campania una regione cardioprotetta.

Il progetto “l’ORigano”: cuore, scienza e solidarietà

l’ORigano” premia ogni anno le eccellenze partenopee e internazionali che si distinguono per contributi significativi al progresso scientifico, artistico e sociale. Olga Fernandes spiega così l’obiettivo dell’iniziativa:

“Premiamo risultati innovativi raggiunti con il cuore, sostenendo al contempo la diffusione di apparecchiature salvavita come i defibrillatori”.

Negli ultimi otto anni, Fernandes si è dedicata con passione a combattere le morti improvvise per malori cardiaci, promuovendo la diffusione dei defibrillatori nelle comunità. La sua campagna, “l’ORigano in moto per il cuore”, ha donato cinque defibrillatori alla Polizia Municipale e formato gli agenti al loro corretto utilizzo.

Morti evitabili: il ruolo cruciale dei defibrillatori

I numeri sono impressionanti: in Italia si registrano oltre 200 decessi al giorno per infarto, molti dei quali potrebbero essere evitati. Fernandes sottolinea:

“Un defibrillatore costa quanto un telefonino, ma può salvare vite”.

L’impegno di “l’ORigano” va oltre la sensibilizzazione, includendo la formazione e il supporto pratico con l’installazione di dispositivi salvavita in luoghi strategici.

L’appuntamento 2023: Napoli protagonista

L’edizione 2023 si terrà il 19 novembre alle ore 20:30 presso il Teatro Bolivar di Materdei, Napoli. Durante la serata, due nuovi defibrillatori saranno donati a Procida: uno destinato a Torretta Corricella e l’altro al Procida Camp Resort.

L’evento sarà una vera e propria kermesse, con la partecipazione di artisti e personalità di spicco come Lino D’Angiò, Alan De Luca, Gigi Finizio, Marco Zurzolo e tanti altri.

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Maxi operazione dei Carabinieri: smantellata organizzazione criminale dedita a furti di auto e appartamenti

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Un’importante operazione dei Carabinieri di Reggio Calabria ha portato all’arresto di sei persone accusate di furto aggravato di auto e rapine in abitazione. L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal dott. Giuseppe Lombardo, ha messo in luce l’esistenza di un’organizzazione criminale ben strutturata, operativa in città.

Gli arresti e il modus operandi della banda

L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. di Reggio Calabria, ha colpito sei soggetti, di età compresa tra i 18 e i 54 anni, tutti già noti alle forze dell’ordine per reati contro il patrimonio. Le indagini hanno rivelato una serie di crimini predatori pianificati nei minimi dettagli, perpetrati con estrema professionalità.

La banda utilizzava veicoli “apripista” per monitorare la presenza delle forze dell’ordine e prevenire eventuali controlli, rendendo così difficile l’intervento delle pattuglie. I furti d’auto avvenivano principalmente nel centro cittadino: i veicoli rubati venivano poi impiegati per chiedere un riscatto ai proprietari con la tecnica del “cavallo di ritorno”, oppure smontati in officine clandestine per alimentare il mercato nero dei ricambi.

Furti in appartamento e traffico di armi

L’organizzazione non si limitava ai furti d’auto. Ha messo a segno numerosi colpi in appartamento, sottraendo denaro contante, gioielli, pietre preziose, orologi di lusso e persino armi. Durante le perquisizioni, i Carabinieri hanno recuperato diverse armi nascoste in comparti di edilizia popolare nella zona di Arghillà, spesso utilizzata come nascondiglio per la refurtiva.

L’impatto sui residenti e la risposta dell’Arma

Il blitz dei Carabinieri ha posto fine a un’escalation di reati che stava seminando paura tra i residenti di Reggio Calabria. Tutti gli arrestati sono stati trasferiti in carcere, in attesa di ulteriori accertamenti. La brillante operazione rappresenta un segnale forte per la comunità, dimostrando l’impegno costante dell’Arma nel contrastare la criminalità e tutelare il tessuto sociale.

Un invito alla collaborazione

I Carabinieri hanno sottolineato l’importanza del dialogo con i cittadini, invitando le vittime di furti o atti criminali a segnalare tempestivamente ogni episodio sospetto. La collaborazione tra forze dell’ordine e popolazione si rivela fondamentale per contrastare fenomeni di questo tipo e garantire una maggiore sicurezza per tutti.

Il principio di presunzione di innocenza

È importante ricordare che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e che, per gli indagati, vale il principio di non colpevolezza fino a condanna definitiva.

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Aggressione a scuola a Castellammare di Stabia: il caso della sexy chat e le accuse contro una docente

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Un episodio sconcertante ha sconvolto la scuola media “Catello Salvati” di Castellammare di Stabia, dove giovedì scorso un gruppo di circa trenta mamme ha fatto irruzione nell’istituto e aggredito un’insegnante di sostegno. Alla base dell’aggressione ci sarebbe una chat, denominata “La Saletta”, che coinvolgerebbe sei alunni e la docente.

Secondo l’accusa riportata in un esposto firmato da cinque genitori, nella chat sarebbero stati condivisi messaggi audio con allusioni sessuali esplicite. La vicenda, al vaglio della Procura di Torre Annunziata, apre interrogativi delicati sia sulle presunte molestie sia sulle dinamiche che hanno portato all’aggressione, avvenuta sotto gli occhi di studenti presenti nell’istituto.

Le accuse contro la docente e le indagini in corso

L’accusa contro l’insegnante è grave e complessa. L’esposto fa riferimento al presunto comportamento inappropriato della docente, ma al momento non è chiaro se la voce presente negli audio sia effettivamente quella dell’insegnante. Gli inquirenti stanno valutando l’autenticità del contenuto della chat, prendendo in considerazione anche la possibilità che possa essere stato manomesso o falsificato.

Ad aggravare la situazione, emergono elementi che potrebbero indicare una possibile ritorsione contro la docente. Due giorni prima dell’aggressione, la professoressa aveva infatti sorpreso un alunno di dodici anni a fumare nei bagni, fatto che aveva portato alla sua sospensione. Il ragazzo era tra i partecipanti alla chat incriminata.

In parallelo, la Procura sta indagando su episodi di hackeraggio dei profili social della docente e su minacce di morte ricevute sui social network negli ultimi mesi. Un quadro investigativo complesso che richiede verifiche approfondite prima di attribuire responsabilità.

Il contesto della violenza: la spedizione punitiva

Giovedì scorso, la tensione è sfociata in un’aggressione fisica all’interno dell’istituto. La docente, colpita duramente, ha riportato un grave trauma cranico diagnosticato dai medici. Attualmente è in malattia e potrebbe decidere di rinunciare al suo incarico.

L’episodio ha scatenato il timore tra il personale scolastico, portando la dirigente Donatella Ambrosio a richiedere un presidio fisso delle forze dell’ordine davanti alla scuola.

Durante il rientro a scuola ieri mattina, la tensione era palpabile. I carabinieri erano presenti, mentre alcuni genitori hanno affisso striscioni con messaggi come «Sì ai docenti no alla direzione» e «Tutela per i nostri figli, solidarietà alle mamme».

Le reazioni della comunità scolastica

La dirigente Ambrosio ha accolto gli ispettori dell’Ufficio scolastico regionale, giunti per valutare la situazione. Allo stesso tempo, molte mamme coinvolte nell’aggressione hanno difeso il loro gesto, sostenendo che la violenza fosse stata una risposta a una presunta mancanza di tutela verso i loro figli.

Al centro della vicenda c’è anche Teresa Manzi, una delle mamme che ha pubblicato un post su Facebook diventato virale. «Ci hanno chiamato camorriste, ma la verità è diversa», ha dichiarato.

La posizione dell’istituto

La docente aggredita non ha rilasciato dichiarazioni, mentre la professoressa responsabile del plesso, Teresa Esposito, ha sottolineato la necessità di lasciar fare il proprio corso alla giustizia: «Facciamo fare il suo corso alla giustizia. Non alla giustizia sommaria».

Conclusione

Questo episodio mette in luce non solo una frattura tra genitori e corpo docente, ma anche la pericolosa deriva verso forme di giustizia fai da te. La vicenda resta al centro di un’indagine complessa che mira a chiarire la verità e a garantire un ambiente sicuro e rispettoso per studenti, genitori e insegnanti.

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