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Lettera degli eredi di Maradona: indagini serie per inchiodare chi ha isolato e portato alla morte nostro padre

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Il comunicato stampa è stato pubblicato anche sulla pagina Fb del campione, Diego Armando Maradona. A firmarlo sono gli eredi dell’inarrivabile campione argentino. “Vogliamo mettere a conoscenza dell’opinione pubblica in generale e in particolare di tutti coloro che hanno amato nostro Padre, Diego Armando Maradona, che ieri la Procura n° 15 della Città di La Plata (i magistrati che indagano sulla morte di Diego, ndr ) ha fatto un passo in più (come già hanno fatto la Fiscalia Generale di San Isidro e il Tribunale civile n° 20 della Città di La Plata), alla ricerca della VERITÀ OBIETTIVA” è scritto nell’incipit del comunicato.
“Questa risoluzione – è scritto – è stata la conseguenza naturale, né più né meno, delle prove che abbiamo potuto raccogliere per conoscere ogni giorno di più la realtà dei fatti. La nostra intenzione e quella dei nostri avvocati è stata scoprire cosa è successo nella vita di nostro Padre nell’ultimo periodo della sua vita, LA VERITÀ DELLA SUA morte. Inoltre, SAPERE LA VERITÀ delle azioni del suo ambiente (l’ambiente dovrebbero essere le persone che si erano proclamati amici e dunque badanti di Diego in un periodo difficile dell’uomo), chi lo ha circondato e isolato gli ultimi anni della sua vita e probabilmente abbandonandolo alla fine al suo destino, svuotando il suo patrimonio e diventando milionari da un giorno all’altro.
Così vogliamo anche che si chiarisca, chi sono le parti in causa in questa storia e che finalmente il mondo intero sappia con certezza, chi sono i titolari a proteggere il buon nome e a  proteggere l’eredità di nostro Padre, affinché non abbia alcun dubbio su chi ha parlare e in chi fidarsi” scrivono gli Eredi di Diego Maradona. C’è poi il ringraziamento ai giudici e agli inquirenti argentini che stanno facendo chiarezza.
“Vogliamo esprimere il nostro profondo ringraziamento a tutti i membri della Procura n° 15 di La Plata, nonché alla Procura General de San Isidro e al Juzgado Civil n° 20 de La Plata, per aver lavorato in modo instancabile e professionale per fare luce in tanta oscurità. Dalla risoluzione che decide la citazione a inchiesta si può leggere chiaramente, parte dei fondamenti che esporremo qui di seguito, che riassumono in modo chiaro la situazione che ha dovuto attraversare nostro Padre” scrivono ancora. E quali sono questi elementi di chiarezza? Qui gli eredi di Maradona sono durissimi con gli odierni indagati per la morte di Diego.
“… Da – almeno – la  del mese di luglio 2020 e fino all’inizio del mese di novembre dello stesso anno, nel Barrio Cerrado Campos de Roca…, gli imputati, Victor Stinfale, Matias Edgardo Morla, Maximi liano Pomargo, Vanesa Morla, Maximiliano Trimarchi e Carlos Orlando Ibañez, hanno ridotto Diego Armando Maradona allo stato di servitù, limitandogli i contatti con familiari, amici e parenti, sia in forma personale che telefonica, fornendogli alcool, farmaci e marijuana e manipolandolo psicologicamente con diversi modi, con lo scopo di tenerlo sotto il suo potere, per beneficiare economicamente dei guadagni generati intorno alla sua figura. È risaputo che potevano accedere a visitarlo solo chi era precedentemente autorizzato da uno degli imputati, e se per questo era autorizzato la visita o il contatto telefonico di un amico o familiare, l’ordine era che non potevano rimanere soli, doveva essere sempre presente uno degli imputati o loro persona di fiducia, come lo erano i responsabili della sicurezza, per vedere e sentire tutto ciò che accadeva lì e fino quando diventasse inconveniente per i loro interessi, intervenire per sciogliere il contatto. Allo stesso scopo, quello di impedirvi di contattare amici e familiari, … ” argomentano nella nota per i media argentini e internazionali gli eredi di Maradona.
“È importante anche chiarire – continuano ancora – che non possiamo ignorare che in alcuni tribunali o procuratori esistono persone suscettibili di interessi politici ed economici. Per concludere, vogliamo mettere in risalto la decisione del giudice federale Ariel Lijo, incaricato del tribunale penale e correzionale federale n. 4 della Commodoro Py, che, con una scusa processuale, a nostro giudizio infondata, intende prendere in carico tutte indagini in corso, cosa che non ha alcun assoggettamento di fatto né giuridico, fatto che CI PREOCCUPA sommamente e che avrà la nostra massima attenzione.
Chiediamo – concludono –  a tutti coloro che hanno voluto bene a nostro Padre, di stare attenti a tutte le future decisioni di questo Giudice, poiché, controllando tra tutti, avremo una maggiore garanzia che finalmente si faccia GIUSTIZIA”.

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Georgia: Putin promulga cooperazione con Ossezia separatista

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Il presidente russo Vladimir Putin ha promulgato oggi la legge che ratifica il trattato di cooperazione tecnico-militare con la regione separatista georgiana dell’Ossezia del Sud, la cui indipendenza e’ stata riconosciuta dal Cremlino nel 2008. “Il rispetto dell’accordo consentira’ di approfondire la cooperazione tecnico-militare per rafforzare la capacita’ difensiva della Federazione Russa e della Repubblica dell’Ossezia del Sud”, si legge nella nota emessa a settembre dalla Duma russa.

Putin ha poi inviato alla camera bassa del parlamento russo un disegno di legge per la ratifica del trattato firmato nell’agosto 2023. Il documento, simile a quelli firmati con Bielorussia, Armenia o Kazakistan, regola la fornitura di armi ed equipaggiamento militare e rafforzera’ la presenza russa nel Caucaso. L’Ossezia del Sud, che conta quasi 50.000 abitanti, e’ praticamente un protettorato, il cui bilancio dipende per il 90% dalle casse dello Stato russo. La Russia ha basi militari sia nell’Ossezia del Sud che nella separatista Abkhazia, repubbliche che hanno inviato volontari per combattere l’Ucraina nelle file dell’esercito russo.

L’accordo e’ stato firmato poco dopo che l’Ossezia del Sud ha celebrato lo scorso anno il 15 anniversario del riconoscimento russo dell’indipendenza del territorio, riconosciuta anche da Venezuela, Nicaragua, Repubblica di Nauru e Siria. Il Cremlino ha riconosciuto l’indipendenza di entrambe le regioni separatiste georgiane – Ossezia del Sud e Abkhazia – il 26 agosto 2008, due settimane dopo la firma dell’accordo per porre fine al breve ma sanguinoso conflitto con la Georgia per il controllo del territorio dell’Ossezia del Sud la Guerra dei Cinque Giorni. La Georgia continua a non riconoscere l’indipendenza di entrambi i territori e ha invitato a revocare il suo riconoscimento il Cremlino, che ha il sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione Europea e ritiene che le truppe russe siano forze di occupazione.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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