Collegati con noi

Politica

Letta-Calenda, ora volano gli schiaffi

Pubblicato

del

E’ scontro aperto nel centrosinistra, tra Enrico Letta da una parte e Carlo Calenda dall’altra. Dopo il faccia a faccia tra il leader del Terzo Polo e la premier Giorgia Meloni sulla manovra, con le proposte del primo al vaglio di Palazzo Chigi, Letta parte all’attacco: “Si sono già proposti per sostituire Forza Italia, loro che sono stati votati per stare all’opposizione e che invece sono già pronti a passare in maggioranza”.

La replica di Calenda, nel rimarcare che la sua forza politica non sosterrà questo esecutivo, è durissima: quelle del segretario del Pd sono “fesserie di un uomo che non è più neanche capace di elaborare una strategia politica. L’opposizione, come si richiede in un grande paese europeo, si fa proponendo e non solo inseguendo i 5s e urlando no a tutto”. Le scintille tra i due fanno seguito ad un diverso approccio alla manovra maturato da giorni. Il Pd, in polemica contro un documento definito “iniquo”, “un inno all’evasione fiscale”, ha annunciato prontamente la piazza per il 17 di dicembre. Il Terzo Polo, invece, ha prima presentato la sua contromanovra e poi ottenuto un incontro con Meloni. “Prima di prendere appuntamento con Meloni – racconta Calenda -, ho detto al Pd ‘vogliamo cercare di andare insieme con una proposta comune’?. Letta non ha neanche risposto”. Il leader dem guarda avanti, al futuro dell’esecutivo e alla rifondazione del suo partito come “sinistra più forte e radicata”.

“Questo – sostiene – è un Governo che naviga a vista e che già sta lavorando per sostituire i suoi alleati, basti vedere l’incontro tra Giorgia Meloni e il Terzo Polo. Noi stiamo progettando un Partito Democratico europeista che sia in grado di fare opposizione dopo otto anni al governo”. Tra le misure proposte da Azione-Iv maggiormente gradite a Palazzo Chigi ci sarebbe Industria 4.0 – che nell’ottica di Calenda si potrebbe finanziare con il Pnrr – e il pacchetto famiglia. Secondo il terzo polo un pezzo rilevante di Industria 4.0 si dovrebbe inserire nel capitolo della transizione ecologica e digitale del piano di ripresa e resilienza. “E’ l’unico vero spazio di manovra sul Pnrr, in quanto non si tratta di una rinegoziazione delle misure o del cambio di un progetto, bensì della finalizzazione di una voce”, spiega un esponente del terzo polo. Se il suggerimento sarà accolto da Meloni – preoccupata di perdere i fondi del piano se non spesi – è, però, ancora tutto da vedere. Comunque vada, la posizione di Calenda sta creando qualche malumore nella maggioranza.

In primis dentro Forza Italia, dove i sospetti che il Terzo polo possa trasformarsi in una stampella per l’esecutivo in chiave anti-azzurri sono vivissimi. E le sferzate del leader di Azione non fanno che rinfocolare i mal di pancia: “Ci sono amministratori di Fi che stanno arrivando – annuncia da Bruno Vespa -…Se sono validi li prendiamo”. “E’ un provocatore nato, ma da parte nostra incassa solo quel che merita: indifferenza”, afferma l’azzurro Giorgio Mulè. Intanto, al Nazareno proseguono le consultazioni parallele sul documento di bilancio. Letta, dopo aver incontrato le associazioni del commercio e del terzo settore, vede il numero uno di Confindustria e i segretari di Cgil, Cisl e Uil. Gli ‘scontenti’ della finanziaria, pronti al confronto ma anche a scendere in piazza se non avranno risposte soddisfacenti dal governo, trovano nel segretario dem un interlocutore attentissimo: “Abbiamo fatto una concertazione per affinare la nostra controproposta – afferma – più che una legge di bilancio per il 2023 è sostanzialmente un decreto aiuti quinquies”. Secondo Maurizio Landini “c’è bisogno di non stare fermi, di scendere anche in piazza e di chiedere a tutto il Parlamento di cambiare una manovra sbagliata”. Ma tra i confederali non tutti sono sulla stessa linea: se Cgil e Uil pensano a mobilitazioni e scioperi territoriali (tra 12 e 16 dicembre), la Cisl punta tutto sul confronto per migliorare la manovra.

Advertisement

In Evidenza

Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

Pubblicato

del

La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

Continua a leggere

Politica

La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

Pubblicato

del

“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

Continua a leggere

Politica

Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

Pubblicato

del

Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto