Collegati con noi

Esteri

L’epopea di Joe, 50 anni al servizio dell’America

Pubblicato

del

Con il ritiro dalla corsa alla Bianca, l’81enne Joe Biden va in pensione mettendo fine ad una carriera politica di oltre mezzo secolo tra l’aula del Senato e la Casa Bianca, prima come vice di Barack Obama e poi come presidente (il più anziano di sempre) per un solo mandato, dopo aver tentato per ben tre volte la scalata alla carica più importante. Quattro anni sulle montagne russe, dopo che la sua netta vittoria nel 2020 era stata contestata da Donald Trump con un’offensiva culminata nell’assalto al Capitol dei suoi fan, uno dei giorni più bui della democrazia americana. Ma la luna di miele è durata solo cento giorni, prima del caotico ritiro dall’Afghanistan, seguito da due guerre inattese, in Ucraina e a Gaza.

Nel frattempo lo ‘zio buono’ d’America è diventato il ‘nonno buono d’America’, logorato e invecchiato a vista d’occhio, sino alle sempre più frequenti e preoccupanti defaillance fisiche e mentali che lo hanno costretto a fare un passo indietro. Uomo di straordinaria resilienza e di profonda empatia in quanto segnato da terribili tragedie familiari, Biden è stato un moderato arrivato con titubanza ai vertici dell’esecutivo: devastato dalla morte per tumore al cervello del figlio Beau, nel 2016 aveva rifiutato di candidarsi, e avrebbe avuto forse più chance contro Trump di Hillary Clinton, come dimostrato con la vittoria del 2020: oltre 81 milioni di elettori a favore, il 51,3%, e quel che conta, 306 voti elettorali contro i 232 del rivale uscente. Presidente per tre lustri della commissione Esteri del Senato, poi braccio destro di Barack Obama fino al 2016, Biden aveva cominciato ad occuparsi di affari internazionali nel 1997, dopo aver perso, da numero uno della commissione Giustizia, la battaglia contro la nomina del conservatore Clarence Thomas alla Corte Suprema: uno dei togati che da presidente gli ha più dato del filo da torcere.

Nato in una famiglia irlandese nella Pennsylvania del carbone, a 10 anni Joseph Robinette Biden si trasferì con i suoi nel vicino Delaware, lo Stato dove da senatore tornava ogni sera in treno per far da padre ai figli dopo aver perso la moglie a soli 29 anni. Da ragazzo era balbuziente ma guarì esercitandosi allo specchio. Nel 1972, a meno di 30 anni, si era candidato al Senato: soltanto lui e la famiglia pensavano che ce l’avrebbe fatta, ma a novembre fu eletto. La gioia del trionfo svanì presto: poco prima di Natale la moglie Neilia e la figlia di 13 mesi Naomi rimasero uccise in un incidente stradale, mentre i maschi, Beau e Hunter, finirono in ospedale gravemente feriti. Biden pensò di dimettersi ma i colleghi lo convinsero a restare.

La prima di altre tragedie: la morte di Beau, procuratore del Delaware e capitano della Guardia Nazionale, lasciò nel padre un vuoto incolmabile. Hunter, cronicamente in mezzo ai guai tra droghe e business spericolati in Paesi come Ucraina e Cina, ha messo più volte il padre nei guai con accuse di corruzione, fornendo ai repubblicani il destro per una inchiesta di impeachment poi naufragata. Dal 1977 Joe ha avuto al suo fianco l’amatissima seconda moglie Jill Jacobs, italo-americana, professoressa in un community college e madre della terza figlia, Ashley.

La corsa del 2020 era stata la terza per la Casa Bianca. Durante la prima, nel 1988, si scoprì che aveva copiato un discorso dal suo modello, il leader laburista britannico Neil Kinnock. Entrato in gara nel 2008 ma battuto dalle primarie da Hillary Clinton, fu scelto come vice da Obama a cui portò un bagaglio di esperienza e un cuore sincero, ricompensato con un accesso senza precedenti nell’Ufficio Ovale. Non un accademico, un oratore o un teorico, Biden è stato un grande “politico di strada” e un abile negoziatore, capace di dialogare con le varie anime del partito e con l’opposizione. Primo presidente cattolico dopo Jfk, Biden è sempre stato in linea con papa Francesco sull’immigrazione e la difesa del clima (all’indomani dell’insediamento rientrò nell’accordo di Parigi), ma in contrasto col Vaticano e con l’episcopato più conservatore sull’aborto.

Tra i successi della sua presidenza, quella più impegnata sulla “diversità” e più incisiva sui diritti civili, la nomina di Ketanji Brown Jackson, prima afroamericana nella storia della Corte Suprema, che però non è bastata a correggere la sterzata a destra dei quattro anni di Trump, suggellata dalla cancellazione della storica sentenza ‘Roe v. Wade’ sull’aborto. Tra i flop, il ritiro dall’Afganistan mentre il Paese cadeva nelle mani dei Talebani. Biden si è riscattato riunendo il fronte occidentale contro l’invasione russa in Ucraina, dopo aver ricucito le alleanze infrante dal tycoon, e allineandolo nella sfida alla Cina.

Ma il difficile equilibrismo nella guerra a Gaza tra l’alleato israeliano e le istanze palestinesi resta un interrogativo aperto. Tra i risultati della sua presidenza, la rapida uscita dalla pandemia, l’approvazione di leggi chiave con maxi finanziamenti per le infrastrutture, il welfare, la transizione energetica, le catene di fornitura (a partire dai chip), oltre alla ripresa dell’economia e dell’occupazione, offuscata però dall’inflazione. Tra i talloni d’Achille l’immigrazione, dove è stato costretto a rincorrere Trump.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

Zelensky: ho un piano di pace, lo porterò a Washington

Pubblicato

del

“Un piano” per mettere fine alla guerra in Ucraina: è quello che Volodymyr Zelensky ha ribadito di volere presentare al presidente americano Joe Biden e ai candidati alla Casa Bianca, Kamala Harris e Donald Trump. La necessità di consultare Washington, ha sottolineato il presidente ucraino dal forum di Cernobbio, deriva dal fatto che “ci sono alcuni punti che dipendono dall’America”. Un’annotazione particolarmente importante in giorni in cui si fa sempre più spinosa la discussione tra Kiev e Washington sulla possibilità di utilizzare le armi fornite dagli Usa per colpire in profondità il territorio russo. Zelensky aveva già parlato del piano il 27 agosto, anniversario dell’indipendenza del suo Paese. “Noi vogliamo delle garanzie”, ha ribadito oggi. Probabilmente garanzie americane di difesa da possibili nuovi attacchi di Mosca anche dopo che sarà finito il conflitto in corso. Ma anche, pare di capire, la garanzia che gli Stati Uniti non passino sopra la testa del governo ucraino per cercare con la Russia un compromesso al ribasso.

Negli ultimi giorni Zelensky ha detto di voler spingere Mosca ai negoziati servendosi di due mezzi: il primo è l’offensiva nella regione russa di Kursk, il secondo la possibilità appunto di usare i missili forniti dagli Usa e altri Paesi Nato per colpire quegli aeroporti russi – a non più di 300 chilometri dal confine, promette – da dove partono i bombardieri per compiere raid sull’Ucraina. Sull’offensiva di Kursk, Washington non si è finora espressa chiaramente a favore o contro. Quanto all’uso dei missili contro il territorio russo, l’amministrazione americana continua ad opporre resistenza. Dopo l’incontro avuto ieri da Zelensky in Germania con i ministri della Difesa dei Paesi del Gruppo di Ramstein, quello americano Lloyd Austin si è detto contrario, sottolineando che i raid ucraini non rappresenterebbero un punto di svolta. “Non esiste una capacità che sarà di per sé decisiva in questa guerra”, ha dichiarato il capo del Pentagono.

Fonti americane ed europee citate dal Wall Street Journal hanno invece accusato l’Iran di consegnare missili balistici alla Russia, oltre ai micidiali droni kamikaze Shahed che sarebbero impiegati massicciamente da tempo nei raid di Mosca. Le fonti ritengono che la Russia abbia firmato un contratto a dicembre a Teheran per ottenere 200 vettori balistici tattici a corto raggio Fath-360 e un certo quantitativo di droni a lungo raggio Ababil. La missione permanente iraniana presso le Nazioni Unite ha smentito la notizia: “L’Iran non solo si astiene dal prendere parte a tali azioni, ma invita anche altri Paesi a cessare la fornitura di armi alle parti coinvolte nel conflitto”, si legge in un comunicato. Ma il ministero degli Esteri ucraino si è detto “profondamente preoccupato”.

“Chiediamo alla comunità internazionale di aumentare la pressione su Teheran e Mosca per proteggere la pace e la sicurezza internazionale”, ha affermato la diplomazia di Kiev in una nota. Mentre l’ambasciatore iraniano a Mosca ha annunciato che il presidente Massud Pezeshkian parteciperà il mese prossimo al vertice dei Brics a Kazan, in Russia, dove prevede di incontrare Vladimir Putin. Sul terreno, il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato che le truppe russe hanno conquistato un altro insediamento nell’est dell’Ucraina. Si tratta di Kalinovo, nella regione di Donetsk. Nella stessa regione, fonti ucraine hanno confermato un bombardamento russo sulla cittadina di Kostyantynivka con un bilancio di tre morti e tre feriti. I servizi di sicurezza ucraini (Sbu) hanno poi riferito di aver colpito con un drone un deposito di munizioni in una non meglio precisata regione russa di confine, dove è scoppiato un vasto incendio. “Ieri sera i russi hanno perso un grande deposito di munizioni e attrezzature”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Afp una fonte dello Sbu. La regione potrebbe essere quella di Voronezh, il cui governatore ha dichiarato che i detriti di un drone abbattuto hanno provocato un incendio e una serie di esplosioni. Un villaggio ha dovuto essere evacuato. Mosca ha invece affermato di avere bombardato una serie di siti in Ucraina, tra i quali “officine di produzione di componenti per missili tattici-operativi Grom-2 e veicoli aerei senza pilota Palyanitsa”.

Continua a leggere

Esteri

In Kenya brucia dormitorio d’una scuola, strage di bimbi

Pubblicato

del

Strage di bambini in Kenya, dove un incendio violento in piena notte ha devastato il dormitorio di una scuola di campagna, prendendosi la vita di almeno 17 piccoli ospiti, i cui corpi carbonizzati recuperati sono “irriconoscibili”, e provocando gravi ustioni ad almeno altri 27, ricoverati in ospedale. Mentre i familiari dei bambini ospiti della Hillside Endarasha Academy della contea di Nyeri, fra i 5 e i 12 anni, ma anche più grandi, attendono nell’angoscia notizie anche di altri 70 bambini di cui si sono perse le tracce. Altri 59 si sono salvati indenni e vengono ora assistiti da medici e psicologi in un centro temporaneo messo su dalla Croce Rossa, insieme a insegnanti e familiari traumatizzati.

Il rogo è scoppiato intorno alla mezzanotte (le 23 di ieri in Italia) nei locali affollati del dormitorio, che ospitava almeno 150 bambini ospiti del collegio, per motivi di cui non si sa ancora nulla, ma la Commissione nazionale per l’eguaglianza e i generi ha fatto sapere che le informazioni preliminari descrivono il dormitorio come “sovraffollato, in violazione delle norme di sicurezza”, chiedendo l’apertura di un’inchiesta giudiziaria. La Hillside Endarasha Academy, una scuola elementare privata che serve un’area semirurale a circa 170 chilometri a nord della capitale kaniana Nairobi, secondo il governo keniano, ospita in totale 824 allievi – 422 bambine e 402 bambini – di cui 316 dormono nel collegio.

“I corpi recuperati sul posto sono bruciati a tal punto da essere irriconoscibili”, ha dichiarato il portavoce nazionale della polizia, Resila Onyango, anticipando che “altri cadaveri saranno probabilmente estratti”. “Ci sono ancora 70 bambini dispersi. Questo non vuol dire che siano morti o feriti, vuol dire solo che per adesso non sappiamo dove siano”, ha dichiarato il vice presidente del Kenya, Rigathi Gachagua, parlando con i giornalisti e con i parenti affollati sul posto in attesa di notizie. Fra i famigliari dei bambini, riferiscono fonti giornalistiche, si sentono molti pianti e lamenti. Alcuni hanno potuto riconoscere dei corpi. Altri sono stanno solo aspettando. “Noi genitori siamo nel panico”, ha detto all’Afp Timothy Kinuthia, che non sa più nulla del suo ragazzo di 13 anni. “Siamo qui dalle 5 di questa mattina e non ci hanno ancora detto niente”.

John Githogo, zio di un bambino disperso, ha confessato che l’attesa è una “tortura”. “Sappiamo che alcuni sono morti, ma che altri sono scappati via e altri sono stati portati a casa dai genitori. Non sappiamo se sia morto o se sia scappato, mettendosi in salvo”. Il ministro dell’Interno, Kithure Kindiki ha detto che alcuni si sono rifugiati nelle case vicine. La Bbc, citando funzionari locali, afferma che i vigili del fuoco hanno spento le fiamme e salvato alcuni bambini anche con l’aiuto delle comunità locali. “Abbiamo visto che il dormitorio bruciava e abbiamo cercato di salvare i bambini. Ne abbiamo trovati alcuni che si erano nascosti sotto al letto e siamo riusciti a salvarli”.

Continua a leggere

Esteri

Zelensky insiste: dobbiamo usare le armi in Russia

Pubblicato

del

Volodymir Zelensky vola prima in Germania, dove a Ramstein partecipa alla riunione del gruppo di contatto sull’Ucraina e parla con il cancelliere Olaf Scholz. Poi sbarca a Cernobbio, alla mini-Davos italiana, dove domani incontrerà Giorgia Meloni, attesa in mattinata al Forum Ambrosetti. L’obiettivo, all’indomani dell’offensiva in Russia e di nuovi pesanti raid di Mosca sul suo Paese, è di guardare in faccia gli alleati e chiedere, ancora una volta, più armi e più contraerea. Ma la tappa sulle sponde del lago di Como ha anche un altro fine, forse ancora più importante: convincere l’Italia a sdoganare l’uso delle armi fornite a Kiev per colpire in Russia. Una linea rossa per Roma che Zelesnsky vuole affrontare con la premier che intanto ribadisce, in videocollegamento con il G7 dei Parlamenti a Verona, l’impegno “con forza” a sostegno della nazione aggredita fino alla “fine della guerra e ad una pace giusta e duratura”.

La politica di parte dei Paesi occidentali di negare a Kiev la capacità a lungo raggio per colpire in Russia è “sbagliata”, ha scandito il leader ucraino da Ramstein: “Abbiamo bisogno di questa capacità non solo sul territorio occupato dell’Ucraina, ma anche su quello russo, per far in modo che Mosca sia incentivata a cercare la pace”. “Ci tirano quattromila bombe al mese, Putin non si fermerà, dobbiamo arrivare ad un eventuale tavolo negoziale in posizione di forza”, ha poi aggiunto Zelensky intervenendo al Forum di Cernobbio e spiegando che l’intenzione non è quella di usare le armi a lungo raggio “per colpire i civili ma i campi militari fino a 100-300 chilometri. Non abbiamo altre idee di usare di queste armi”, ha spiegato, ribadendo di “apprezzare tutti i passi che l’Italia ha fatto per sostenere l’Ucraina, tutti coloro che ci aiutano per la pace. Noi vogliamo porre fine alla guerra, ma non a danno del nostro Paese. Qui incontrerò Giorgia Meloni, sono fiducioso che insieme riusciremo a raggiungere importanti obiettivi”, ha aggiunto il leader di Kiev.

Sul tema l’Europa resta divisa. E se da Bruxelles l’Alto rappresentante Ue, Joseph Borrell, ha recentemente ribadito che le restrizioni andrebbero eliminate, resta proprio lo scoglio dell’Italia, che insieme all’Ungheria continua ad opporsi. A Cernobbio c’era anche Viktor Orban, con cui i rapporti sono tesissimi. Il leader ungherese ha insistito sulla necessità di un incontro Zelensky-Putin (“è possibile e necessario”) ma a Kiev, e non solo, viene ormai visto come la quinta colonna dello zar in Europa. Zelensky intanto incassa altri aiuti: il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, ha annunciato a Ramstein un altro pacchetto da 250 milioni di dollari mentre il collega tedesco Pistorius ha assicurato altri 12 obici Panzer 2000 (6 entro il 2024). E ulteriori 650 missili Martlet arriveranno da Londra, “come impegno del nuovo governo” Starmer; un’altra batteria contraerea da Madrid, nuove forniture dal Canada e 40 milioni aggiuntivi arriveranno dall’Ue per affrontare l’inverno e ripristinare le infrastrutture, soprattutto energetiche, pesantemente colpite dai russi.

Appoggio incondizionato anche dal segretario uscente della Nato Jens Stoltenberg: Kiev “ha bisogno di più supporto militare ora. Il modo più rapido per porre fine a questa guerra è fornirle armi. Putin deve rendersi conto che non può vincere sul campo di battaglia”. Un campo che continua a registrare duri scontri: Mosca ha rivendicato di aver conquistato un altro villaggio nel Dontesk, Zhuravka, mentre ha sferrato l’ennesimo raid con cinque missili balistici sulla città di Pavlograd. Il bilancio delle autorità locali parla di almeno 50 feriti (tra cui un bimbo di 4 anni) e un morto. La guerra prosegue anche a colpi di cifre: Mosca ha fatto sapere che in un mese di combattimenti gli ucraini hanno perso 10.400 soldati, tra morti e feriti, impegnati nell’offensiva in Kursk mentre Zelensky ha quantificato in almeno 6.000 i soldati russi uccisi o feriti dalle sue truppe nell’operazione nella regione. Il leader ucraino ha ricordato che dall’inizio del blitz Kiev ha conquistato 1.300 km quadrati della regione russa, dove si trovano più di 100 insediamenti. Un’avanzata che non vuole fermare guardando ancora una volta agli alleati occidentali, sferzandoli a continuare a fornire le armi e permettergli di usarle anche in casa del nemico Putin.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto