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L’Editing del Dna aiuterà i trapianti suino-uomo

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Un team internazionale guidato da ricercatori cinesi ha utilizzato la tecnologia di editing genetico per produrre prototipi “Pig 3.0”, un balzo in avanti verso i trapianti di organi salvavita da animali a esseri umani. In un recente articolo pubblicato su Nature Biomedical Engineering, ricercatori provenienti da Cina e Stati Uniti hanno descritto la produzione di successo di suini i cui organi sono maggiormente compatibili con il sistema immunitario umano e sono privi di retrovirus endogeni suini attivi. Yang Luhan, uno degli autori della ricerca e co-fondatore e amministratore delegato di Qihan Biotech, ha spiegato che a livello mondiale c’e’ un divario enorme tra il numero di persone che necessitano di trapianti di organi e il numero di organi disponibili. Da tempo si sperava che la sfida potesse essere resa meno difficile attraverso i trapianti di organi animali, un concetto noto come xenotrapianto.

Le compatibilita’ immunologica ed ematica del “Pig 3.0” con il sistema immunitario umano e’ stata migliorata e i retrovirus endogeni suini sono stati stato eliminati. I suini ingegnerizzati mostrano anche una normale fisiologia e fertilita’. Yang e il suo team nel 2017 hanno prodotto la prima serie di suini vivi privi di retrovirus endogeni, ponendo le basi per lo xenotrapianto. Nel 2018, e’ nato “Pig 2.0”, rispondendo alle preoccupazioni relative all’immunocompatibilita’ suino-uomo. I maiali sono promettenti candidati grazie alle loro dimensioni e fisiologia simili a quelle umane. Ma una delle piu’ grandi preoccupazioni per la sicurezza riguarda il fatto che la maggior parte dei mammiferi, inclusi i suini, contengono frammenti di retrovirus ripetitivi e latenti nel loro genoma – presenti in tutte le loro cellule viventi – cioe’ innocui per loro ma che possono causare malattie in altre specie. Yang ha spiegato che ora stanno testando la funzione e la sicurezza degli organi con studi preclinici sui primati.

James F. Markmann, capo della divisione di chirurgia dei trapianti presso il Massachusetts General Hospital e coautore dello studio, ha detto che “Pig 3.0” dimostra i progressi critici verso quello che potrebbe essere un’opzione veramente significativa per milioni di pazienti. L’articolo scientifico e’ stato scritto anche da ricercatori di Harvard University, China’s Zhejiang University, Yunnan Agricultural University, Massachusetts General Hospital negli Stati Uniti, ed eGenesis, societa’ di biotecnologia con sede nel Massachusetts. Yang a Xinhua ha detto che il divario nei trapianti, il cancro e la Covid-19 sono questioni globali. Ha evidenziato che il suo team spera di mantenere uno stretto contatto con scienziati, medici e agenzie di regolamentazione in tutto il mondo, in modo da creare prodotti riconosciuti a livello globale.

Yang ha dichiarato che lo studio e’ solo il primo passo verso lo xenotrapianto. La compatibilita’ funzionale degli organi di diverse specie rimane una sfida per i ricercatori. Resta da scoprire se gli organi suini trapiantati possono funzionare completamente come gli organi umani originali nel mantenere la secrezione ormonale e l’equilibrio metabolico. I ricercatori attualmente stanno testando se i primati che hanno subito trapianti di rene suino sono in grado di mantenere l’equilibrio idro-salino nel loro corpo. Yang ha osservato che lo xenotrapianto affronta anche le sfide dell’etica e dei controlli. “Come possiamo bilanciare l’etica nei confronti degli animali con la fornitura di organi? Come possiamo supervisionare e guidare gli istituti di ricerca nello sviluppo di tecnologie correlate in modo attivo e responsabile? Ci sono domande a cui e’ necessario dare una risposta”. Yang ha evidenziato che i regolamenti, le linee guida etiche e la consapevolezza pubblica di solito arrivano quando la tecnologia e’ gia’ avanzata. I ricercatori dovrebbero pensare a queste domande e condividere la loro logica, per promuovere davvero la tecnologia, in modo che possa cambiare la societa’.

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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