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Le voci del verbo vaccinare che il generale Figliuolo declina allo stesso modo di Bertolaso

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Non conoscevo il generale Francesco Paolo Figliuolo, come la stragrande maggioranza di voi, né posso dire di conoscerlo. Confesso però di aver accolto con sollievo la sua nomina a Commissario per l’emergenza epidemiologica il 1° Marzo scorso, e di avere fiducia in lui.

Le sue dichiarazioni di ieri, tuttavia, non mi hanno entusiasmato. 

Intanto, perché mantengono i toni roboanti che sembrano accompagnare la declinazione del verbo “vaccinare”: propositi e non programmi. Cioè obiettivi che si intenderebbe realizzare, ma scarse indicazioni su come realizzarli. Vaccineremo l’80% degli italiani per settembre. Fa impressione, detto da un generale, per di più esperto di logistica. Una frase lapidaria: una cifra, una data. Invece no: è una frase che t.u.t.t.i. dovremmo imparare a porre immediatamente tra quelle che non vogliono dir niente. Qualche settimana fa, il Commissario al piano vaccinale ingaggiato dalla Regione Lombardia, G. Bertolaso, fece un altro annuncio di questo tipo su non so quale incoraggiante numero di lombardi vaccinati entro non so quale incoraggiante data. Aggiungendo in finale: “se avremo la disponibilità di dosi”. Insomma, come il famoso codicillo microscopico alla micidiale “nota 59” dei contratti di assicurazione o altro che nessuno legge ma che cambia la faccenda per come te la immagini dopo che l’agente te l’ha descritta in lungo e in largo.

Chiedo al gen. Figliuolo, sommessamente, di gettare uno sguardo a quel che sta succedendo in Marocco: sì insomma, sulla sponda Sud del Mediterraneo, da dove –a intervalli irregolari- sembrano provenire tanti mali: migratori, ideologici e altro. Ebbene in Marocco, la campagna di vaccinazione è stata lanciata senza strepiti a fine gennaio, cioè un mese dopo che da noi e soprattutto quando da noi il processo vaccinale, dopo le defezioni di Big Pharma era presto diventato un fiume carsico, di cui si è perso non solo il tracciato sotterraneo, ma ogni segno che ci faccia capire dove e in quali condizioni riemerga dal suo percorso ctonio. Ebbene finora, e cioè in non più di un mese e mezzo, nel regno alawita sono state vaccinate più di 4 milioni di persone, ossia –visto che i marocchini sono 36 milioni- l’11% della popolazione. Poco meno di un milione di marocchini ha ricevuto anche la seconda dose. Si è vaccinato il sovrano, Maometto V, per dare l’esempio di fronte a una popolazione inizialmente alquanto scettica. E poi, secondo indicazioni semplici, lineari e prive di eccezioni categoriali e territoriali, il personale sanitario di più di 40 anni, gli insegnanti di più di 45 anni, la gente di oltre 75 anni. Tutto ciò è successo nel mese di febbraio, mentre in Italia andavano in scena pièces strepitose della commedia dell’arte politica e sanitaria. 

Dopo il mese di febbraio, e cioè nelle ultime settimane, in Marocco si stanno vaccinando gli ultrasessantenni. La vaccinazione, effettuata con sieri Sinopharm e AstraZeneca, è gratuita e non obbligatoria. Il processo è interamente informatizzato: si fornisce il numero della Carta d’Identità e si riceve l’appuntamento con un sms. Un appunto per il gen. Figliuolo, se posso permettermi: generale, ci dica che presto (sperabilmente) o tardi riceveremo un vecchio, caro sms con su scritto data, ora e indirizzo per la vaccinazione. Quando ce lo dirà, significherà che abbiamo superato la fase inutilmente chiassosa della comunicazione e siamo dentro la fase che conta, quella della informazione. O anche, ci dirà, che siamo passati dalla fase dei propositi, tanto buoni quanto facili da enunciare, a quella dei programmi concreti, che si realizzano seguendo certe procedure e secondo certe tempistiche.

Il Re del Marocco

Già, i tempi: 80% degli italiani a fine settembre, dice il Commissario all’emergenza. No, non mi entusiasma affatto. Neppure come buon proposito. Avrebbe fatto meglio ad annunciare una cosa del tipo: la mia struttura realizza l’immunità di gregge nel Paese a fine giugno, vaccinando i 2/3 della popolazione (o quel che serve). Perché a fine giugno? Perché non si piò pensare di affrontare la stagione turistica prossima ventura, la seconda dallo scoppio della pandemia, senza predisporre le condizioni certe ed efficaci di una ripresa di questa e.s.s.e.n.z.i.a.l.e. risorsa economica: e in primis l’indebolimento certificato, strutturale e non semplicemente stagionale del contagio, come fu l’estate scorsa. Del resto, le vaccinazioni marocchine, per ammissione corrente, a questo servono in parte non secondaria: a far ripartire il turismo in un Paese per il quale la ripresa è del tutto illusoria se non decolla di nuovo a pieno ritmo l’industria del tempo libero, in tutte le sue forme di hospitality, entertainement, ristorazione ed enogastronomia, cultura.

Francesco Paolo Figliuolo. Il generale commissario anti-covid

C’è da dire che il deludente annuncio del Commissario Figliuolo giunge dopo un poco convincente annuncio del Presidente del Consiglio, sempre nei giorni scorsi, concernente la mitica “accelerazione” delle inoculazioni. “Accelerare”: ecco un’altra parola ben pensata, che però ha un valore puramente comunicativo, mentre il suo significato informativo è prossimo allo zero. Buoni propositi, insomma, non pianificazione. Che vuol dire accelerare? Che senso ha dire che faremo 500.000 vaccinazioni al giorno? Sì, sì, avete capito bene: sto chiedendo chi, come, dove, quando? Chi se ne occuperà, qui a Milano, Figliuolo o Bertolaso? E, in piccolo sovrappiù: con quali vaccini? L’11 Marzo è stata data la notizia che l’EMA, come ci si attendeva, ha autorizzato l’impiego del farmaco della Johnson&Johnson. Una buona notizia, vanificata tuttavia  dalla stessa azienda farmaceutica americana che, il giorno successivo, si è affrettata a precisare che non consegnerà all’UE i 90 milioni di dosi promesse (immagino contrattualizzate), ma soltanto 30 milioni.

Di che stiamo parlando Dr. Draghi? In cosa consiste esattamente la sua politica di “accelerazione vaccinale”? Marzo sta passando velocemente, ma io non sono per nulla rassicurato. Sto entrando in un nuovo lockdown generalizzato, esattamente come un anno fa (lo ha notato anche lei): e questo mi dice che siamo ancora inchiodati a misure di sanità pubblica nella lotta all’epidemia, come se fossimo a Firenze nel ‘300, o a Milano nel manzoniano 1630, e non possiamo ancora contare significativamente su misure mediche, si tratti di prevenzione farmacologica o di terapia clinica. E il mio sconcerto aumenta giacché mentre so che i miei colleghi cinquantenni si vaccinano a Roma (sono un professore), ho ricevuto l’ennesima mail dal mio eroico medico di base che alla domanda “quando farò il vaccino”, risponde “non sappiamo nulla”. Nonostante l’ottima dr.ssa Moratti e l’ottimo dr. Bertolaso, si capisce.

Ci aspettiamo il salto qualitativo dal gen. Figliuolo, ma ce lo sapettiamo anche da lei, dr. Draghi: un deciso passaggio dai propositi ai programmi, un traghettamento del discorso pubblico dalla comunicazione priva di informazione, ad una comunicazione informativamente densa. E ci aspettiamo che, magari raccordandosi ai meritevoli sforzi di G. Giorgetti -il suo ministro dello Sviluppo Economico taciturno e fattivo- ci illustri di cosa consiste “l’accelerazione”, e quindi i contenuti e le tempistiche e le articolazioni del suo Piano vaccinale. Già, parta da qui, dall’articolazione, magari con un grafico, che è un modo d’espressione che le è congeniale. Poiché è importante far capire al maggior numero di italiani una faccenda essenziale. E cioè che dovremo procedere per tutto il 2021 –è ormai chiaro- con “approvvigionamenti” da terzi, e cioè dalle case farmaceutiche che stanno prendendo l’UE a pesci in faccia. E tuttavia nel prosieguo sarà una robusta industria nazionale che, in un modo o nell’altro, dovrà provvedere ai bisogni di questo Paese, per un periodo che, a quanto pare, non sarà breve. Esattamente ciò a cui sta lavorando il ministro G. Giorgetti, a quanto se ne sa: cioè poco, rispetto all’importanza di questo tipo di informazioni. 

E giacché ci siamo, illustre Presidente, non dimentichiamo di inserire nel Recovery Plan un capitolo sul riequilibrio territoriale in Italia, per modo che si cominci fin da subito a pensare che l’industria dei vaccini prossima ventura, e ogni forma di produzione farmacologica innovante, passino per il Sud, tra il tacco e la punta di uno stivale che altrimenti potrà pure essere “bello”, ma resterà sempre cedevole di fronte alle aggressioni di futuri possibili e tutt’altro che improbabili.  

  

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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A Pompei via al numero chiuso, guerra ai bagarini

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“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.

Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.

“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.

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Casi di Covid in calo, 8.660 in 7 giorni e cresce la variante Xec

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Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).

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Salgono del 30% i casi di Covid, in 7 giorni 11.164

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Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.

Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.

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