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Esteri

Le Pen continua a crederci, Mbappé contro l’ultradestra

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Guerra di nervi, clima di violenza nelle strade, aggressioni e provocazioni: a tre giorni dal ballottaggio che – con ogni probabilità – è destinato a produrre un panorama politico di ingovernabilità, sale la tensione in Francia. Marine Le Pen e Jordan Bardella, dopo lo tsunami di voti a loro favorevole di domenica scorsa e il contro-tsunami delle 220 astensioni del Fronte Repubblicano anti-Rn, si dicono ancora certi della maggioranza assoluta.

Un’eventualità contro la quale è sceso in campo a gamba tesa Kylian Mbappé dal ritiro dei Bleus in Germania: “E’ urgente andare a votare, non si può lasciare la Francia in mano a certa gente”. Nonostante timori e speranze, la maggioranza assoluta per il Rn a quota 289 appare ormai un miraggio e si profilano scelte inedite: un accordo di coalizione, senza le estreme, oppure addirittura un governo tecnico, formula talmente sconosciuta in Francia che oggi Le Figaro dedica una pagina ai casi più recenti in Italia, da Ciampi a Draghi, per spiegarla ai suoi lettori. La tensione della politica si trasmette alle strade e alle piazze, dove per domenica sera l’allerta per possibili reazioni violente di manifestanti “dell’ultradestra e dell’ultrasinistra” hanno spinto il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, a predisporre uno schieramento di forze dell’ordine inedito, 30.000 fra poliziotti e gendarmi, 5.000 nella sola Parigi.

Allarme anche per diverse aggressioni a personalità o semplici militanti in campagna elettorale, e sospetti per un tweet del ministero degli Esteri russo di sostegno a Marine Le Pen. Che però lo liquida come “provocazione”, ipotizzando “un’ingerenza”. Le Pen è furiosa contro quello che definisce “il partito unico” che vuole impedire ai suoi di vincere, con l’obiettivo unico di “conservare il potere”. Ma, proclama, “c’è ancora la possibilità di ottenere la maggioranza assoluta”.

Appena una sfumatura diversa dall'”avremo la maggioranza assoluta” scandito in diretta tv ieri sera da Jordan Bardella, candidato premier. Un nuovo sondaggio Ifop, oggi, conferma che il Rassemblement è lontano dalla fatidica quota 289, ma meno di quanto si credesse nella prima indagine pubblicata ieri dopo l’annuncio delle 220 desistenze: Rn si attesta fra 210 e 240 seggi, il Nuovo Fronte Popolare a 170-200, i macroniani di Ensemble lontani ma in risalita a 95-125. Cifre che preoccupano Mbappé, che è tornato ad invitare alla mobilitazione dopo gli appelli suoi e di Marcus Thuram in vista del primo turno: “E’ veramente urgente andare a votare al secondo turno. Abbiamo visto i risultati catastrofici del primo, non possiamo lasciare la Francia in mano a certa gente. Quindi uscite di casa e andate a votare facendo la scelta giusta. E’ un momento cruciale per la storia del nostro Paese”.

Gli esperti degli schieramenti in campo sono intanto al lavoro sul dopo ballottaggio, quando – con ogni probabilità – la Francia sarà ingovernabile, con tre schieramenti che non raggiungono la maggioranza assoluta e che sono in parte incompatibili. Da Macron e dal premier Gabriel Attal sono giunti inviti ad una “coalizione” che vada dai Republicains ai comunisti, per la quale servirebbe però una non belligeranza de La France Insoumise. La quale, guidata dal tribuno Mélenchon, ha perso oggi un pezzo importante, quel François Ruffin che ha lasciato il partito in aperto dissidio con il leader e i suoi metodi, dopo aver rappresentato il volto ragionevole e aperto del movimento. Insieme a Marine Tondelier, giovane leader dei Verdi, potrebbe diventare un tassello decisivo da aggiungere alla coalizione.

Più arduo il sentiero – mai battuto neppure in teoria – di un governo tecnico, “una soluzione all’italiana”, come si continua a ripetere nei talk-show. Preoccupa infine il crescente livello di tensione, con violenze in passato sconosciute in campagna elettorale. Mercoledì sera ne ha fatto le spese Prisca Thevenot, portavoce del governo candidata nella banlieue di Parigi. Con alcuni ragazzi che la accompagnavano ad attaccare manifesti, è stata aggredita: “Sono scioccata ma determinata a continuare la campagna”, ha detto oggi, ricevendo il premier Attal che è andato a darle sostegno personale. Denunce di violenze anche da una candidata Rn, Marie Dauchy, e dall’ex ministro Olivier Véran.

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Scontri e cariche a Parigi, incidenti in altre città

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La festa per la vittoria della sinistra alle elezioni legislative in Francia si è trasformata in una serata di scontri e cariche tra manifestanti, black block e poliziotti a Place de la République a Parigi, mentre incidenti si sono registrati anche in altre città del Paese con almeno un agente ferito dal lancio di una molotov. Dopo che i primi exit poll hanno dato in testa il Nuovo Fronte Popolare, una folla si è radunata nella piazza della capitale francese: partendo da Place des Fêtes, dove si svolgeva una kermesse antifascista, un gioioso corteo è sceso lungo rue de Belleville, accompagnato da una banda e da sempre più persone, tra gli applausi della gente alle finestre.

Il popolo della gauche, migliaia di persone, ha festeggiato una vittoria insperata con le famiglie, spesso con bambini piccoli, tantissimi giovani e giovanissimi in un ambiente festoso, con bandiere e cori per la sinistra e contro Marine Le Pen ed Emmanuel Macron. Fra gli slogan, “Tutti odiano Bardella” e “abbiamo vinto”. E al centro della piazza, è stato dispiegato lo striscione “La Francia è un tessuto di migrazioni”. In serata, la festa è degenerata in violenza: stando a giornalisti di Le Figaro sul posto, le prime cariche della polizia sono avvenute a est di Place de la République, nei confronti di gruppi di individui incappucciati che cercavano di provocare gli agenti.

Arredi urbani sono stati dati alle fiamme e sono state lanciati fuochi d’artificio e altri oggetti contro gli agenti che hanno risposto con gas lacrimogeni. Gruppi di manifestanti sono stati respinti dopo aver tentato di forzare l’ingresso di un grande magazzino di elettrodomestici e prodotti informatici, “Darty”. Secondo una fonte della polizia citata da Le Figaro, i black block hanno attaccato i negozi Bouygues Télécom a Saint Martin e la Banque Populaire in Boulevard Magenta.

Tensioni tra polizia e manifestanti sono scoppiate anche a Rennes e Nantes, dove diverse migliaia di persone si sono radunate dopo aver esultato per i risultati delle elezioni legislative. A Rennes, i manifestanti partiti in corteo verso il centro storico sono stati bloccati dalla polizia che ha sparato gas lacrimogeni in risposta al lancio di oggetti da parte dei manifestanti. La vetrina di un supermercato è stata danneggiata e venticinque persone sono state arrestate “dopo i danni commessi” in città, ha precisato la prefettura. Poco prima di mezzanotte è tornata la calma.

A Nantes, 2.500 persone, secondo la prefettura, si sono radunate per seguire i risultati nel centro della città, in un iniziale clima di festa. Successivamente il corteo ha marciato per le strade ed è stato respinto più volte dalla polizia, che ha utilizzato gas lacrimogeni. Fuochi d’artificio sono stati sparati in direzione della polizia, che è stata anche bersaglio di lanci di bottiglie. Un agente di polizia è rimasto ustionato dopo che una bottiglia Molotov gli è esplosa vicino.

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Orban annuncia suo arrivo in Cina, ‘missione di pace 3.0’

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Il premier ungherese Viktor Orban ha annunciato di essere arrivato oggi in Cina. “Missione di pace 3.0”, ha scritto sul suo profilo X pubblicando una foto del suo arrivo in aereo a Pechino.

Nell’immagine, Orban viene accolto all’aeroporto dalla portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hua Chunying. Il dicastero di Pechino ha dichiarato da parte sua che il premier ungherese, il cui Paese detiene la presidenza di turno dell’Ue, incontrerà oggi il presidente cinese Xi Jinping per discutere “questioni di reciproco interesse”.

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Macron non crolla e punta a fare l’ago della bilancia

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Macron perde la sua scommessa ma non crolla. La sua ormai ex maggioranza esce dalle urne con le ossa rotte, ma meno del previsto; e soprattutto, viste le premesse, alla sua più diretta rivale per l’Eliseo va sicuramente peggio. In due settimane sull’ottovolante, è andato in scena il flop del presidente che si credeva Jupiter e ormai può soltanto sperare di fare l’ago della bilancia in una coalizione tutta spostata a sinistra, con il tribuno Mélenchon che lo attacca e rivendica il governo e in cui i suoi deputati sono stati falcidiati prima dalle legislative del 2022, poi da quelle anticipate di oggi. Per qualcuno la decisione di sciogliere l’Assemblea nazionale dopo la batosta alle europee è stata un hara-kiri, un azzardo da giocatore di poker, per altri un peccato di presunzione.

Sono tanti in Francia a raccontare di aver vissuto come un incubo quei pochi minuti dopo l’annuncio dell’umiliazione elettorale del 9 luglio, quando il capo dello Stato, in una diretta tv senza precedenti subito dopo gli exit-poll, annunciò di aver già firmato lo scioglimento delle Camere e comunicò agli attoniti francesi le date delle elezioni legislative anticipate. Dopo 5 anni di mandato, nel 2022 Macron era stato rieletto dopo aver battuto Marine Le Pen con un margine ridotto rispetto al 2017: era sceso dal 66,10% al 58,55%. E, subito dopo, aveva perso la maggioranza assoluta in Assemblée Nationale, 250 seggi contro i 361 che gli avevano consentito di governare fino ad allora.

Quei 250 seggi, per una decisione dello stesso leader di Ensemble (Renaissance partito presidenziale più i centristi e Horizons, il movimento dell’ex premier Edouard Philippe) non si sono adesso dimezzati ma quasi. Anche se i macroniani, pur non essendo più maggioranza relativa, sono riusciti contro tutte le previsioni a piazzarsi al secondo posto dietro la sorpresa del Nuovo Fronte Popolare, davanti all’ultradestra del Rassemblement. Il presidente aveva chiesto “un chiarimento” ai francesi, e l’ha avuto, anche se non come pensava lui e come i sondaggi pronosticavano fino a qualche ora fa. Lo sbando fra i suoi delle ultime settimane, fra racconti di consigli dei ministri fatti di grida e lacrime e una desistenza fatta a metà (con il presidente che ha spinto i suoi a desistere contro Marine Le Pen ma non contro La France Insoumise, seguito in questo da personaggi di primo piano come il ministro Bruno Le Maire ed Edouard Philippe) hanno contributo ad esasperare il caos.

Con il premier Gabriel Attal – che in queste settimane ha affermato una sua personalità indipendente da Macron ricordando a più riprese che “il rischio è la maggioranza assoluta del Rassemblement National” e non quella della sinistra – è calato poi il gelo. I due, Macron e il suo ormai ex pupillo, non si parlano più. Insomma, il re è nudo, e per capire quali siano adesso i suoi progetti ci si deve porre in modalità “macroniana”: una coalizione, se sarà possibile formarla con i riformisti del Fronte Popolare, i reduci macroniani, i centristi e i Républicains che si convinceranno, avrà in Macron e nei resti di Ensemble l’ago della bilancia. Lui, il presidente della scommessa perduta e della popolarità sbriciolata, non avrà spazio di manovra ma potrà proporre, convincere e indirizzare, facendo da cardine con il suo potere. Non un grande progetto per il partito dei macroniani, già ridotto a un terzo rispetto agli inizi nel 2017. Ma il destino del movimento, vista la parabola del leader, era già segnato e per il presidente ora l’obiettivo è la promessa fatta ai francesi: arrivare in piedi all’Eliseo a fine mandato, nel maggio 2027.

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