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Cronache

Le cyber-spie e il progetto segreto, una società schermo

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La rete di presunte cyber-spie aveva un progetto “segreto nel cuore”, per usare le parole di Nunzio Samuele Calamucci, la mente tecnologica del gruppo, ai domiciliari come l’ex super poliziotto Carmine Gallo. Un progetto chiamato ‘Safe Harbour’ – ‘Porto Sicuro’ – e che prevedeva la creazione di una società schermo, nata per “ragioni di sicurezza” nel caso di accertamenti e indagini. Come si legge negli atti dell’indagine della Dda di Milano e della Dna, il piano, che ha visto la luce nel maggio scorso e che Calamucci “desiderava realizzare per agevolare le attività criminose” del network che ruotava attorno alla Equalize, ha portato alla costituzione della società ‘Safe Harbour’, con sede legale a Reggio Emilia, presso l’indirizzo di residenza di Giulio Cornelli, uno dei giovani hacker della squadra pure lui ai domiciliari – ieri al gip ha detto che intende “chiarire tutto” – e un capitale sociale “modesto”, pari a 500 euro.

L’operazione architettata, annotano gli investigatori, avrebbe consentito al gruppo “non solo di drenare risorse, movimentandole dalle società capofila, ma anche di ‘allontanare’ da via Pattari la catena di formazione, realizzazione e distribuzione dei report e di gestione della piattaforma Beyond”. Necessità questa “dovuta a ragioni di sicurezza del gruppo legate all’utilizzo di dati abusivamente esfiltrati dalle banche dati strategiche nazionali”. Un’attività imponente con innumerevoli report illegali venduti al cliente di turno, consistita anche in depistaggi e “creazione di finte prove a suo favore”. Basti pensare che la sola Equalize – amministrata da Gallo ma di proprietà di Enrico Pazzali, il presidente di Fondazione Fiera che si è autosospeso in quanto indagato – in base alle fatture raccolte dai Carabinieri di Varese, tra il 2022 e il 2024 avrebbe avuto circa 400 clienti, tra cui pure studi legali ‘blasonati’, Esselunga e Brt-Bartolini” ai quali avrebbe fornito una “mole di report necessari alla difesa – dice sempre Calamucci – dopo lo scandalo innescato dai sequestri e dalle indagini della Procura di Milano” del pm Paolo Storari.

Insomma, il dossieraggio e la raccolta abusiva di informazioni riassemblate in report all’apparenza lecita, avevano portato anche alla ricerca di nuovi uffici, pure a Londra, e all’idea di una società ‘schermo’. E che gli affari fossero floridi lo fa intuire una intercettazione sempre di Calamucci, dello scorso 5 settembre. “Stiamo facendo la trasformazione da Ikea a boutique eh…stiamo diventando boutique…”, dice al telefono con Gallo e Pazzali, il quale chiede: “Ma tu parli della nostra azienda?”. Gallo risponde “sì certo…”.

E ancora Pazzali: “certo perché noi siamo partiti come Ikea, come ti permetti? Cioè……(ride)”. E proprio Pazzali, documenta l’inchiesta con tanto di fotografie, viaggiava su una macchina con autista e una “paletta con stemma della Repubblica e la dicitura Prefettura di Milano”, cosa che porta gli investigatori a sottolineare che “l’istituzionalizzazione delle attività di Equalize passa anche dall’accostamento del suo Presidente” e titolare, ossia Pazzali, e “gli enti e le organizzazioni dello Stato. Pazzali non è solo vicino alle istituzioni, un’evidente vicinanza di comodo, ma – proseguono – si accosta anche alle medesime”.

Infine, ci sono i discorsi su Marco Mancini, l’ex dirigente dei Servizi, che Calamucci addita come “componente della ‘squadra Fiore'”, una sorta di centrale di dossieraggio operativa a Roma e composta da almeno cinque ex appartenenti alle forze di polizia sulla quale sta indagando la procura romana. Di Mancini parla anche l’ex carabiniere Vincenzo De Marzio, anche lui indagato, sostenendo che l’ex 007 lo avrebbe minacciato di morte.

L’avvocato Luca Lauri, legale di Mancini, in una nota replica però che tali “notizie non hanno il benché minimo fondamento. Il Dott. Mancini non conosce né ha mai avuto rapporti con Nunzio Calamucci e Carmine Gallo che nelle intercettazioni riportate dalla stampa parlano di lui, riferendo un coacervo di dati non corrispondenti al vero probabilmente per cercare di accreditarsi tra loro e verso soggetti che le attente indagini della Procura di Milano non mancheranno di individuare. Altrettanto fantasiose – prosegue la nota – sono le affermazioni di Vincenzo De Marzio e le gravi minacce che egli attribuisce al dott. Mancini, il quale tutelerà in ogni sede la sua reputazione, fiducioso che l’attività degli Inquirenti non potrà che disvelare la sua qualità di persona offesa”.

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Auto si scontra con un camion nel Foggiano, muore un 34enne

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Un uomo di 34 anni è morto all’alba in un incidente sulla strada provinciale 77, a Cerignola, nel Foggiano. L’uomo era alla guida di una Bmw 216 che – per cause da accertare – si è scontrata con un camion. L’auto viaggiava in direzione Manfredonia. L’autista del camion è stato trasportato in ospedale. Sul luogo dell’incidente sono intervenuti anche vigili del fuoco e carabinieri.

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Sparatoria in piazza Raffaele Capasso di San Sebastiano al Vesuvio: giovane di Casoria ucciso e un ferito, indagini in corso

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Questa notte, piazza Raffaele Capasso è stata teatro di una drammatica sparatoria. Uno sconosciuto ha esploso colpi d’arma da fuoco, colpendo un giovane di appena 19 anni, incensurato e originario di Casoria, che è stato ferito gravemente al petto. Il ragazzo è stato soccorso e portato d’urgenza all’ospedale del Mare, ma è deceduto poco dopo l’arrivo al pronto soccorso.

Un secondo giovane ferito, non in pericolo di vita

Durante l’aggressione, un altro giovane, anch’egli di 19 anni e incensurato, residente a Napoli, è rimasto ferito al gomito. Trasportato in ospedale, fortunatamente non è in pericolo di vita. Sul luogo della sparatoria sono intervenuti i carabinieri della stazione di San Sebastiano al Vesuvio e la sezione operativa di Torre del Greco.

Una lite tra giovani all’origine della tragedia

Le prime ricostruzioni indicano che i colpi d’arma da fuoco siano stati esplosi al culmine di una lite tra gruppi di giovani. Le indagini sono in corso per identificare il responsabile e chiarire le dinamiche dell’accaduto.

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Csm: verifiche sui sistemi di sicurezza delle procure

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Verifiche sulla tenuta, in termini di sicurezza, dei sistemi informatici negli uffici giudiziari. Sui casi di strutture clandestine che operavano nella raccolta di dati sensibili da data base e archivi digitali si muove anche il Csm (in evidenza la sede di Palazzo dei Maresciualli a Roma), che ha avviato una pratica: una iniziativa voluta dai consiglieri Marco Bisogni, Ernesto Carbone e Genantonio Chiarelli. Nell’ambito delle attività della settima commissione, di cui i tre consiglieri fanno parte, è stata deliberata l’apertura di una pratica sui recenti casi di accesso abusivo ai sistemi informatici e telematici utilizzati per la gestione dei servizi e delle utenze della Rete Unica Giustizia. In particolare quelli commessi da Carmine Miano, un hacker 24enne capace di copiare l’intero data base utenti del ministero della Giustizia e di estrapolarne le mail di 46 procuratori capo, tra cui quello diNapoli Nicola Gratteri e quello di Perugia Raffaele Cantone.

“Stando alle informazioni rinvenibili sulle fonti aperte – spiegano i tre componenti del Consiglio facendo riferimento all’arresto dell’hacker Carmelo Miano nell’ambito di una indagine della Procura di Napoli – l’accesso abusivo ai sistemi informatici del Ministero della Giustizia (che ha interessato gli uffici giudiziari di almeno cinque città), sarebbe avvenuto attraverso un’intrusione nei server di alcune società private e della Guardia di Finanza, allo scopo di visionare ed estrapolare documenti riservati relativi a indagini in corso, consentendo, fra le altre cose, di apprendere i contenuti delle email scambiate fra i magistrati addetti alle inchieste”. Ritenuto che tali questioni coinvolgono direttamente competenze consiliari ed in particolare quelle delle Settima Commissione che si occupa dei “problemi relativi allo sviluppo dell’informatica giudiziaria e ai suoi effetti sull’attività giudiziaria e sull’organizzazione degli uffici”, la pratica aperta ha la specifica finalità di verificare “quali siano gli attuali livelli di sicurezza dei sistemi informatici utilizzati negli uffici giudiziari italiani”.

La questione degli accessi abusivi alle banche dati è emersa anche nella maxi indagine di Milano su una rete di presunte cyber spie. Nelle intercettazioni allegate agli atti, l’esperto informatico Nunzio Samuele Calamucci sostiene infatti di avere con lui un gruppo di hacker che ha messo “in piedi l’infrastruttura di Acn”, vale a dire l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Una versione smentita dalla stessa Agenzia con una nota ufficiale diffusa nella giornata di giovedì. “Non c’è alcun legame tra i sistemi IT dell’Acn e le figure coinvolte nelle inchieste sugli accessi abusivi” e dunque, “rigettiamo ogni insinuazione circa presunte forme di compromissione dei servizi digitali”. “Le indiscrezioni giornalistiche circa il fatto che i servizi digitali in uso all’agenzia possano essere stati compromessi dalla rete di spionaggio milanese sono completamente destituite di fondamento”, aggiunge l’Agenzia cyber chiarendo che “i personaggi coinvolti nella vicenda non hanno mai avuto alcun ruolo, contrariamente a quanto affermato, nella progettazione e nello sviluppo dei sistemi informatici in uso all’Agenzia”.

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