Tasselli di un puzzle da mettere insieme. Le tessere sono anche le tracce lasciate dal killer sia sul luogo degli omicidi che sui cellulari e sulle piattaforme online e le chat di incontri. La caccia all’uomo che ha ucciso ieri tre donne a Roma, nella zona del quartiere Prati, si sta trasformando in una corsa contro il tempo e in un incastro di indizi che man mano prendono consistenza. “In questi casi si deve arrivare a dama nelle prime 48 ore dopo i fatti”, spiegano gli inquirenti che senza sosta stanno analizzando quanto raccolto in via Durazzo e in via Riboty, i due luoghi del crimine separati da poche centinaia di metri e a due passi dal tribunale di Roma. Un lavoro che si sta svolgendo su vari livelli: ascolto di testimoni, verifiche sui telefoni trovati in possesso delle tre prostitute e sulle telecamere, moltissime quelle presenti in zona, che potrebbero avere immortalato l’autore del triplice fatto di sangue. Telecamere che, a quanto pare, erano installate almeno in una casa delle vittime, forse una sorta di protezione vista l’attività rischiosa delle tre donne.
Il passparout per identificare l’uomo che ha massacrato a coltellate Martha Castano Torres, colombiana di 65 anni, e due donne asiatiche, la cui identità deve essere ancora accertata, è dentro una chat presente su una piattaforma per incontri. Si tratta di un sito online utilizzato dalla Castano per fissare i suoi appuntamenti con i clienti. E’ in quei contatti digitali che gli inquirenti sperano di trovare elementi per dare una svolta alle indagini. Una “firma” di chi ha ucciso per tre volte nell’arco di pochissime ore e in un due luoghi distanti poche centinaia di metri.
Una zona forse conosciuta e frequentata dall’uomo. “Mia sorella aspettava un cliente”, ha confermato agli inquirenti la sorella di Martha. Secondo quanto accertato il primo omicidio è avvenuto in via Durazzo, nelle primissime ore della mattina di giovedì. Castano è stata uccisa nel corso di un rapporto sessuale con una arma da taglio simile ad uno stiletto. La donna è stata colpita più volte al torace ed è morta in un lago di sangue riversa sul letto. Dopo essersi allontanato con l’arma dal sottoscala al civico 38, è la ricostruzione degli investigatori, l’assassino ha raggiunto poi via Riboty 28, un percorso di circa 850 metri, circa 10 minuti a piedi molti meno, circa 4, con l’auto o un motorino. Lì l’uomo ha raggiunto una delle due donne cinesi nell’appartamento al primo piano: si è appartato per avere un rapporto sessuale durante il quale l’ha aggredita.
Sentendo il trambusto e forse le grida d’aiuto la seconda donna presente nell’abitazione è intervenuta per bloccarlo ma il killer l’ha accoltellata a morte. In quel frangente l’altra ragazza, completamente nuda, ha tentato una drammatica fuga ma è stata raggiunta sul pianerottolo e colpita. Poi l’assassino, probabilmente ancora sporco di sangue, si è dato alla fuga: un dettaglio questo tutto da chiarire, perchè nessuno ha notato un uomo sporco di sangue scappare, eppure era già mattina e la zona è molto frequentata. Ha usato una via di fuga alternativa? Si è nascosto nel palazzo?
Domande a cui gli inquirenti dovranno dare una risposta. Ciò che è altamente probabile invece è che l’assassino ha utilizzato la stessa arma per i tre delitti e ciò potrebbe far suppore un’azione premeditata. Al momento della “lama” utilizzata non c’è traccia: gli investigatori hanno passato al setacciato anche i cassonetti presenti nella zona. Negli uffici della Questura, per tutta la giornata, sono andate avanti le audizioni di testimoni.
Sono stati ascoltati i condomini, il portiere di via Riboty che ha scoperto il cadavere sul ballatoio e anche gli operai di una ditta impegnata in un trasloco in quel palazzo proprio nei minuti della tragedia. Al momento, in base a quanto filtra, nessuna delle persone ascoltate avrebbe fornito un identikit dell’aggressore. Domani, intanto, verrà affidato l’incarico per le autopsie: gli accertamenti serviranno a chiarire se le ferite mortali sul corpo delle tre vittime siano state inferte dalla stessa arma.