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Cronache

L’avvocato Pisani: la sentenza sugli abusi su bambine al Parco Verde di Caivano è giusta e esemplare

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La sentenza di condanna per i due maggiorenni è arrivata al termine di una camera di consiglio durata alcune ore. Nell’udienza di oggi ha tenuto la sua arringa difensiva l’avvocato Giovanni Cantelli, difensore del 20enne Pasquale Mosca, mentre l’avvocato Dario Carmine Procentese, difensore del 19enne Giuseppe Varriale, aveva tenuto la sua arringa nell’udienza precedente. I reati imputati ai due giovani, a vario titolo, erano violenza sessuale di gruppo, minaccia e diffusione illecita di contenuti sessualmente espliciti. Il giudice ha inoltre inflitto una provvisionale di 50mila euro, immediatamente esecutiva, per le due vittime che sarà erogata da ciascuno dei due imputati, e la corresponsione di 20mila euro per ciascuno dei genitori della bambina più piccola. Per entrambi è stata infine disposta l’interdizione perpetua. Le motivazioni saranno rese note entro 30 giorni. Abbiamo posto alcune domande sulla sentenza all’avvocato Angelo Pisani, legale della mamma e di un fratello di una delle ragazzine abusate.

“È una condanna giusta e speriamo esemplare per chi ha umiliato e violato la vita, distruggendo l’anima di bambine innocenti. Gli attuali imputati non sono solo colpevoli di abusi sessuali, ma anche vittime del degrado e dell’inferno delle periferie come Caivano e tanti altri quartieri simili in Italia, abbandonati e sfruttati per anni anche dalla malapolitica” ha detto Pisani.

La sentenza ha inflitto pene severe ai due imputati. Come giudica la decisione del giudice?

Il giudice ha agito con fermezza, riconoscendo la gravità dei crimini commessi. La condanna di 12 anni e 5 mesi per Giuseppe Varriale e 13 anni e 4 mesi per Pasquale Mosca riflette la necessità di giustizia per le vittime. Inoltre, la provvisionale di 50mila euro immediatamente esecutiva per le due bambine e i 20mila euro per ciascuno dei genitori della più piccola dimostrano un impegno concreto nel risarcire almeno parzialmente i danni subiti.

Come commenta l’interdizione perpetua inflitta ai due condannati?

E’ una misura necessaria per proteggere la società da individui che hanno commesso atti così gravi. Queste persone non dovrebbero avere la possibilità di ripetere tali crimini. È una decisione che tutela le vittime e la comunità, e spero che serva da deterrente per futuri comportamenti criminali.

Qual è stato l’impatto di questa vicenda sulla comunità di Caivano e sulle famiglie delle vittime?

Impatto devastante sulla comunità e sulle famiglie delle vittime. Le bambine hanno subito traumi enormi che richiederanno anni per essere superati, se mai sarà possibile. La comunità è stata scossa da questi eventi, che hanno messo in luce le condizioni di abbandono e degrado in cui molte periferie italiane versano.

Cosa si può fare per prevenire simili tragedie in futuro?

È fondamentale intervenire nelle periferie abbandonate, offrendo supporto e risorse alle comunità locali. La prevenzione passa anche attraverso l’educazione, il supporto psicologico e sociale per le famiglie, e la lotta contro la malapolitica e la criminalità organizzata. Solo attraverso un impegno collettivo si può sperare di evitare che simili tragedie si ripetano.

Qual è il messaggio che vuole mandare alle istituzioni?

Alle istituzioni dico che è ora di agire con decisione per proteggere i più vulnerabili e per risanare le periferie. Non possiamo permettere che altri bambini crescano in ambienti così pericolosi e degradati. È necessario un impegno concreto e duraturo per migliorare le condizioni di vita e garantire un futuro migliore per tutti.

La sentenza sarà seguita da motivazioni entro 30 giorni. Cosa si aspetta da queste?

Mi aspetto che le motivazioni forniscano un quadro chiaro e dettagliato delle ragioni che hanno portato a queste condanne, sottolineando la gravità dei crimini e l’importanza di proteggere le vittime. Speriamo che queste motivazioni possano essere utilizzate anche come base per future azioni legali e per promuovere cambiamenti nelle politiche di tutela dei minori.

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Cronache

Sentenza storica della Corte Costituzionale: giustizia per i familiari delle vittime innocenti dei clan

La Consulta ha dichiarato incostituzionale la norma sul “quarto grado di parentela”, restituendo giustizia ai familiari delle vittime innocenti della camorra. La sentenza impatta in particolare in Campania, dove numerosi familiari non hanno visto riconosciuti i benefici a causa di legami familiari con individui coinvolti in attività criminali.

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Dal caso di Gianluca Cimminiello, vittima innocente della camorra ucciso il 2 febbraio 2010 a Secondigliano (Napoli), a quello di Giuseppe Quadrano, ucciso da innocente il 7 luglio 1996 a San Cipriano d’Aversa. La lista è lunga e tristemente nota. Tuttavia, la recente sentenza 122 della Corte Costituzionale, emessa il 4 luglio scorso, ha dichiarato incostituzionale la norma sul “quarto grado di parentela”, un provvedimento che ha avuto un impatto significativo sulla vita di decine di familiari di vittime innocenti dei clan, specialmente in Campania.

La norma contestata prevedeva che i familiari entro il quarto grado di parentela con individui coinvolti in procedimenti per reati di mafia o gravi reati penali non potessero beneficiare di alcun supporto dallo Stato. Questa disposizione ha penalizzato molte famiglie, considerando colpevoli anche chi non aveva mai avuto contatti con la criminalità organizzata.

La sentenza della Corte Costituzionale

“La pronuncia della Consulta è storica perché restituisce giustizia ai tanti familiari di vittime innocenti delle mafie,” afferma Giovanni Zara, avvocato che ha seguito numerosi casi di vittime innocenti dei clan. “Chi non ha mai condiviso nulla con la criminalità organizzata, anche se ha un parente delinquente, ha gli stessi diritti degli altri,” ribadisce Zara.

Casi emblematici

Gianluca Cimminiello

Gianluca Cimminiello, ucciso nel quartiere napoletano di Secondigliano, era completamente estraneo agli ambienti delinquenziali. La madre di Gianluca ha chiesto il riconoscimento dei benefici di legge, ma la sua istanza è stata rigettata perché alcuni nipoti del marito, suoi affini di quarto grado, avevano precedenti penali. Nonostante la separazione dal marito risalisse a 1987 e il fatto che non avesse contatti con la famiglia da oltre 30 anni, la madre di Gianluca non ha ottenuto alcun supporto fino ad ora.

Giuseppe Quadrano

Giuseppe Quadrano, postino di San Cipriano d’Aversa, fu ucciso il 7 luglio 1996. I figli di Giuseppe hanno richiesto il riconoscimento, ma la loro istanza è stata respinta perché un cugino della vittima, omonimo e killer di don Giuseppe Diana, è collaboratore di giustizia.

Salvatore Barbaro

Salvatore Barbaro fu ucciso per uno scambio di persona a Ercolano il 13 novembre 2009. Alla madre è stato negato il diritto per presunte parentele con soggetti criminali, sebbene non li avesse mai frequentati.

Impatto della sentenza

La sentenza della Corte Costituzionale offre un cambiamento significativo. “A differenza di quanto sostenuto dai dirigenti del Ministero dell’Interno e da alcuni giudici, chi ha parenti con precedenti penali è ora considerato uguale a chi tali parentele non le ha,” sottolinea Zara. Questo principio sancisce l’uguaglianza di diritti per tutti, indipendentemente dai legami familiari.

Questa sentenza rappresenta un passo avanti nella giustizia per i familiari delle vittime innocenti della camorra, correggendo una grave ingiustizia che ha afflitto molte famiglie per anni. L’abolizione della norma sul “quarto grado di parentela” permette finalmente di riconoscere i diritti di chi è rimasto colpito dal crimine organizzato senza aver mai avuto alcun legame con esso.

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Bimba morta in incidente a Villabate, anche madre con tasso alcolemico alto

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I due genitori indagati per omicidio stradale per la morte della loro figlia di tre anni, nel Palermitano avevano entrambi un tasso alcolemico alto. L’uomo aveva 1,34 microgrammi per litro, la donna 1,25 microgrammi per litro. Gli esami sono stati eseguiti anche sulla mamma della piccola perché i Carabinieri, che indagano, vogliono accertare con esattezza la dinamica dell’incidente stradale, non escludendo alcune ipotesi, neppure quella che alla guida ci fosse la donna, anche se il marito ha detto di esserci stato lui.

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Cronache

Tredicenne va in ospedale: un conoscente mi ha violentato

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Un ragazzino di 13 anni si è presentato con la mamma sabato sera all’ospedale di Cristina di Palermo, con segni di abusi, dicendo ai sanitari di essere stato violentato da un uomo di 40 anni. Sulla vicenda sta indagando la polizia. Il ragazzino è stato ricoverato ed entro domani verrà dimesso. L’uomo sarebbe un conoscente della vittima che avrebbe attirato il ragazzino in casa per poi abusarne, prima che il tredicenne riuscisse a scappare. Una volta a casa ha raccontato tutto alla mamma che l’ha portato in ospedale.

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