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L’allarme drammatico di Kiev: armi quasi finite, stiamo perdendo

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Le forze russe si consolidano nel Donbass. E sebbene “Severodonetsk, Lysychansk e altre citta’ dell’est stiano ancora in piedi” e le truppe di Kiev abbiano contrattaccato a Kherson, nel sud, l’Ucraina sta perdendo la prima linea contro la Russia per mancanza di armi. L’amara constatazione arriva direttamente dall’intelligence ucraina, che rilancia l’appello – peraltro mai cessato – agli occidentali a fornire le armi necessarie a Kiev per respingere l’invasione di Vladimir Putin. Appello al quale – a detta del governo di Volodymyr Zelensky – gli alleati rispondono sempre piu’ lentamente e con minore generosita’ di quanto si aspettasse all’inizio. “Questa e’ ormai una guerra di artiglieria. I fronti sono ora il luogo in cui si decidera’ il futuro e noi stiamo perdendo”, ha ammesso il vicecapo dell’intelligence di Kiev, Vadym Skibitsky, spiegando che “l’Ucraina ha un pezzo di artiglieria contro 10-15 pezzi russi”. “I nostri partner occidentali ci hanno dato circa il 10% di quello che hanno loro. Noi utilizziamo da 5.000 a 6.000 proiettili al giorno – ha aggiunto, numeri alla mano -. Abbiamo quasi esaurito le nostre munizioni e ora stiamo usando proiettili standard Nato da 155 calibri. Anche l’Europa sta fornendo proiettili di calibro inferiore, ma man mano che li esaurisce la quantita’ si riduce”. L’allarme di Skibitsky conferma di fatto le informazioni degli 007 militari americani secondo i quali l’Ucraina ha esaurito gli armamenti di progettazione sovietica e russa e ora dipende completamente dall’Occidente. E mentre Kiev aspetta i missili a media gittata Himars promessi da Joe Biden a patto che non vengano usati per colpire il territorio russo, Zelensky guarda al Regno Unito e al suo “ruolo di primo piano” nel sostenere l’Ucraina con cio’ che le serve: “armi, finanze, sanzioni”. Approfittando della visita del ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, che ha evocato il possibile invio di “nuove armi”, il leader ucraino ha sottolineato “la leadership” di Londra su questi dossier: “Le parole si trasformano in fatti. Questo e’ cio’ che fa la differenza tra i rapporti tra Ucraina e Gran Bretagna e quelli tra l’Ucraina e altri Paesi”, ha dichiarato Zelensky che non manca mai di sottolineare il disappunto nei confronti di mancanze o ritardi nelle forniture in quella che considera una guerra a difesa della liberta’ non solo del suo Paese ma dell’intero Occidente. Nuove armi potrebbero arrivare a breve anche dalla Francia. Dopo una telefonata tra Zelensky e il presidente Emmanuel Macron che ha assicurato il sostegno all’Ucraina “anche con armi pesanti”, fonti di stampa francesi fanno sapere che Parigi potrebbe inviare altri cannoni semoventi Ceasar, dopo i 6 forniti ad aprile. Nel frattempo, l’esercito russo ne approfitta per cercare punti deboli nella difesa ucraina vicino al fiume Siverskyi Donets, che attraversa la parte orientale del Paese, per stabilizzare le sue conquiste nel Donbass, ha dichiarato il portavoce del ministero della Difesa ucraino Oleksandr Motuzyanyk. Secondo il capo dell’amministrazione militare regionale del Lugansk, Sergiy Gaidai, Mosca punta a prendersi l’intero oblast entro il 12 giugno, data della celebrazione del Giorno della Russia. Voleva conquistare Severodonetsk entro il 10 ma “non ci e’ riuscita”, si e’ tuttavia rallegrato su Telegram. Nella citta’ ancora sotto pesante fuoco nemico, i bombardamenti russi hanno distrutto il Palazzo di ghiaccio: “Quasi 50 anni di storia dello sport e dello sviluppo culturale sono andati in fumo”, ha commentato ancora Gaidai. Rifugiate nell’impuntato chimico Azot ci sono ancora circa 800 persone, tra militari e civili. Secondo i separatisti di Lugansk, gli ucraini hanno cercato un contatto per avviare dei negoziati. “Devono deporre le armi e arrendersi, non si accettano altre condizioni”, sarebbe stato detto loro, in uno scenario che ricorda sempre di piu’ l’agonia dell’acciaieria Azovstal di Mariupol.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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