Napoletano, legatissimo alla sua città ma curioso del mondo, Francescomaria Tuccillo ha vissuto e lavorato dieci anni in Africa, prima come imprenditore e poi come direttore dei 47 paesi sub-sahariani per conto di un grande gruppo industriale italiano. Pur se la sua evoluzione professionale lo ha poi condotto in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e ora in Italia, in Africa torna ogni volta che gli è possibile, sia per lavoro sia per passione. Del grande continente da cui ci divide solo un lembo di Mediterraneo, Tuccillo ha saputo cogliere tutta la complessità, le sfide e le molte opportunità. Di recente ha condensato le sue esperienze e convinzioni nel libro “Afrika. Chiavi d’accesso“ pubblicato da Ebone Edizioni di Napoli. È interessante parlargli in un momento in cui l’Africa, per ragioni diverse, torna d’attualità.
Il coronavirus e il rischio di diffusione legato alle migrazioni ha riportato l’Africa nelle pagine dei giornali. Come valuta questo problema? L’Africa è in grado di gestirlo?
Credo occorra distinguere tra attualità e realtà. La prima non dovrebbe occultare la seconda. Il coronavirus, oggi urgenza indubbia ma anche argomento strumentale, non dovrebbe farci dimenticare altre epidemie più diffuse, di cui poco si parla. Penso per esempio all’Ebola, all’AIDS oalla malaria. E alle malattie vorrei anche accostare i problemi ambientali perché sono, in qualche modo, fenomeni affini nelle cause e nelle possibili soluzioni. In questi giorni, per citare solo l’ultimo episodio di dimensioni bibliche, sciami di cavallette giganti vasti quanto il Lussemburgo stanno devastando il Corno d’Africa: il Kenya, l’Etiopia e soprattutto la Somalia. La causa è il riscaldamento climatico.
Credo che per fronteggiare questi rischi sia necessario uscire dai vecchi schemi di pensiero e cambiare punto di vista. A crisi globali occorre dare risposte globali. Nessuno, né l’Africa né noi, può pretendere di affrontare da solo problemi planetari, che non si risolvono certo chiudendo porti ocostruendo muri, ma piuttosto condividendointelligenze, risorse, impegno e risultati delle ricerche più avanzate.
L’Africa è citata dai media anche perché nel 2020 sarà il continente con la più robusta crescita economica. Pensa sia destinata a durare?
Sì, lo credo. Nel prossimo quinquennio l’aumento medio dell’economia africana sarà di 4,1%, con punte del 6% in Kenya, del 7,2% in Etiopia, dell’8% in Ruanda e Sud Sudan. A questi dati mi sembra utile accostare quelli demografici: l’Africa è un continente giovane, con un’età media di 18 anni contro i 42 dell’Europa e i 45 e mezzo dell’Italia. In sostanza, noi stiamo diventando un’area anziana del pianeta, priva di materie prime, in declino economico o quasi. E quindi, che ci piaccia o meno, con l’Africa dovremo fare i conti: con la sua energia, con le sue risorse naturali, con la sua gioventù.
Nel suo libro lei descrive l’Africa come una terra di contraddizioni. È sempre così? Quali sono oggi le sue sfide e i suoi punti di forza?
È vero. E forse per questo laggiù mi sento a casa mia. Per spiegarmi con una battuta, essendo napoletano, alle contraddizioni sono abituato. Da noi come in Africa, convivono spesso genialità e criminalità organizzata, cultura e sacche di povertà, bellezze naturalistiche mozzafiato e scempio in campo ambientale. Non dimentichiamo che l’Africa, come la Terra dei Fuochi, è stata usata per decenni senza scrupoli come la pattumiera del mondo industrializzato. Oggi la principale piaga africana resta la corruzione, di cui noi europei siamo i maggiori responsabili. Qual è infatti la sua prima causa? È l’idea che il denaro possa dare la felicità. Tale concetto, completamente estraneo alla cultura africana, è stato “importato” dalle potenze colonizzatrici. Ora è tempo di correggere questo modello sbagliato e tornare a uno stile di vita più consono all’Africa. Molti paesi lo stanno facendo, attraverso una lotta senza quartiere ai sistemi corruttivi, visti come una piaga sociale e un ostacolo fondamentale alla crescita economica.
Per quanto riguarda i punti di forza comuni a tutta l’Africa, cito innanzi tutto il senso di appartenenza al continente degli africani e la volontà di riscatto che li accomuna. L’arma principale di questo riscatto è, ai loro occhi, la cultura: gli africani aspirano a imparare, a conoscere, a emanciparsi. E stanno così formando una classe dirigente nuova, colta, competente, poliglotta e determinata.
La Cina è oggi il primo partner dell’Africa su tutti i fronti: industriale, commerciale, militare. A ruota seguono India,Stati Uniti, Russia ed Emirati Arabi Uniti. E l’Europa?
Purtroppo l’Europa non parla con una voce sola. Non ha un approccio industriale e commercialecoerente, una politica estera unitaria e nemmeno un programma di peace keeping comune. Ogni suo stato gioca la propria partita e alcuni, compreso il nostro, rischiano addirittura di chiudersi in un sovranismo ostile al resto del mondo. Questo atteggiamento antistorico ci indebolisce.
Se vogliamo cogliere la grande opportunità africana, dobbiamo invece essere uniti, far leva sui forti legami, soprattutto psicologici e affettivi, che gli stati africani mantengono con l’Europa e considerare che l’Africa potrebbe essere la soluzione dei nostri problemi futuri. La connessione tra i nostri due continenti è la sola prospettiva che potrebbe garantire a entrambi di avere autorevolezzasulla scena mondiale di fronte ai giganti asiatici e americani, tutti intenzionati a conquistare nuove posizioni dominanti in Africa e, in parallelo, indebolire il disegno unitario europeo. Per contrastarli bisognerebbe adottare il principio dei vasi comunicanti: se la giovane energia africana e il grande sapere scientifico, artistico, giuridico e industriale europeo trovassero un equilibrio virtuoso allora diventeremmo invincibili. Per costruire insomma un futuro solido, dovremmo avere il coraggio e l’intraprendenza di una nuova visione che sintetizzo in una parola: “Eurafrica”.
Un tycoon delle criptovalute sta per mangiare la banana appiccicata alla parete di Maurizio Cattelan. Pagando 6,2 milioni di dollari da Sotheby’s, il collezionista Justin Sun, fondatore della piattaforma Tron, ha battuto altri sei concorrenti per una di tre edizioni dell’opera concettuale Comedian creata nel 2019 dall’artista padovano celebre in tutto il mondo per le sue provocazioni. Sun, che nella sua raccolta ha un Giacometti da 78 milioni comprato nel 2021, ha seguito l’asta da Hong Kong e pagato in criptovalute. Dopo aver messo le mani su Comedian ha fatto sapere che “nei prossimi giorni mangerà la banana come parte di questa unica esperienza artistica, onorandone il ruolo sia nella storia dell’arte che nella cultura pop”.
La banana in questione era stata acquistata poche ore prima dell’asta per 35 centesimi da un banchetto di frutta e verdura dell’Upper East Side: assieme al nastro adesivo grigio che l’attacca alla parete, deve essere sostituita regolarmente e questo fa parte del progetto di Cattelan che aveva inteso Comedian come una satira delle speculazioni del mercato: “Su che base un oggetto acquista valore nel sistema dell’arte?”, si era chiesto l’artista famoso per America, il water d’oro massiccio installato nel 2016 al Guggenheim. Piu’ di recente lo stesso Cattelan aveva aggiunto che “l’asta sara’ l’apice della carriera di Comedian. Sono ansioso di vedere quali saranno le risposte”.
Comedian aveva debuttato ad Art Basel Miami dove la galleria Perrotin ne aveva venduto le tre edizioni, due per 120 mila dollari e la terza per 150 mila, pagati da un anonimo acquirente che l’aveva poi donata al Guggenheim. Durante la fiera, l’artista delle performance David Datuna ne aveva mangiata una, costringendo Perrotin a chiudere lo stand prima del tempo. Un’altra banana era stata mangiata l’anno scorso da uno studente d’arte sudcoreano nel museo della fondazione Samsung a Seul: il giovane si era giustificato dicendo che “aveva fame”. Uno dei concetti alla base dell’installazione e’ che le sue parti devono essere continuamente rigenerate.
“Non è solo un’opera d’arte,” ha dichiarato Sun a Sotheby’s: “Comedian è un fenomeno culturale che collega i mondi dell’arte, dei meme e della comunità delle criptovalute e che ispirerà ulteriori discussioni in futuro”. Fatto sta che gia’ prima di essere messa all’asta, la banana è stata oggetto di attenzione quando, all’inizio di novembre, l’executive di Sotheby’s Michael Bouhanna ha lanciato anonimamente una criptovaluta ispirata a Cattelan e denominata $Ban.
Immediatamente accusato di aver usato informazioni riservate per guadagnare sull’aumento del prezzo del token, l’executive ha negato, dichiarando di aver “scelto di lanciarlo per hobby in modo anonimo”, senza associazioni quindi con il suo profilo personale. Due rivali di Sun all’asta di Sotheby’s avevano investito nella cripto di Bouhanna. Uno dei due, Theodore Bi, voleva comprare Comedian come dono per Elon Musk ma si era fermato alla soglia dei 2,5 milioni di dollari.
Dopo sei anni di chiusura, la Casa della Fontana Piccola di Pompei riapre al pubblico, rivelando nuovamente tutta la sua bellezza. Questo straordinario esempio di architettura pompeiana torna a incantare i visitatori con i suoi affreschi, i colori vividi e una fontana unica, simbolo dell’arte e della cultura dell’antica città.
Un esempio di eleganza pompeiana
La Casa della Fontana Piccola è un autentico capolavoro. I suoi affreschi murari, con il celebre rosso pompeiano, e le decorazioni ricche di dettagli, raccontano la vita e i costumi dell’epoca. Ma ciò che rende davvero speciale questa dimora è la fontana visibile già dall’ingresso. Si tratta di un’opera d’arte decorata con tessere di pasta vitrea e valve di mollusco, con un sistema che faceva sgorgare acqua dalla bocca di una maschera tragica in marmo e dal becco di un’oca tenuta da un amorino in bronzo.
Storia e particolarità della domus
Costruita unendo due abitazioni precedenti, la casa aveva due ingressi su via di Mercurio, simbolo dello stato sociale elevato dei proprietari. Danneggiata dal terremoto del 62 d.C., fu quasi completamente affrescata in IV stile pompeiano, pochi anni prima dell’eruzione del Vesuvio. Le pareti laterali del peristilio presentano paesaggi mozzafiato, tra cui una veduta di città marittima, un tema molto in voga nella decorazione di giardini.
Esplorata tra il 1826 e il 1827 dall’architetto Antonio Bonucci, direttore degli scavi, la casa sarebbe appartenuta a Helvius Vestalis, un pomarius (mercante di frutta), secondo un’iscrizione elettorale trovata sulla facciata.
I restauri e gli interventi strutturali
La casa è stata oggetto di importanti lavori di restauro per preservarne la struttura e garantirne la sicurezza. Tra gli interventi principali:
Rinforzo strutturale delle travi in calcestruzzo dell’atrio principale, utilizzando materiali innovativi come il fibrorinforzo (FRP).
Impermeabilizzazione dei solai per prevenire infiltrazioni.
Revisione delle coperture, inclusa quella del peristilio, per proteggere la casa dagli agenti atmosferici.
Le coperture, già restaurate nel 1971, sono state riportate all’altezza originaria per restituire l’antica volumetria della dimora.
L’iniziativa “Raccontare i cantieri”
Con la riapertura della Casa della Fontana Piccola, prende il via una nuova stagione di “Raccontare i cantieri”, giunta alla sua quarta edizione. Ogni giovedì, fino al 17 aprile 2025, i possessori della MyPompeii Card potranno visitare i cantieri di restauro in corso nel Parco Archeologico, iniziando proprio dalla Casa della Fontana Piccola.
Conclusione
La riapertura della Casa della Fontana Piccola rappresenta non solo un recupero storico di grande valore, ma anche un’occasione per riflettere sulla continua necessità di valorizzare e preservare il nostro patrimonio culturale. Un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti della storia e dell’archeologia.
Il Gruppo del Gusto della Stampa Estera ha scelto L’Aquila per celebrare il 20° Premio dedicato all’eccellenza agroalimentare italiana, un traguardo prestigioso che quest’anno rende omaggio a Marino Niola, antropologo e divulgatore scientifico, nella categoria “Divulgatore dell’autenticità agroalimentare italiana”.
Il contributo di Marino Niola all’antropologia della gastronomia
Marino Niola (nella foto Imagoconomica in evidenza) , nato a Napoli nel 1953, è un antropologo della contemporaneità, noto per i suoi studi sulle pratiche devozionali, le trasformazioni culturali legate alla globalizzazione e, soprattutto, per il suo contributo alla comprensione dei riti e simboli della gastronomia contemporanea.
Docente all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Niola insegna discipline come Antropologia dei Simboli, Antropologia delle arti e della performance e Miti e riti della gastronomia contemporanea. È inoltre editorialista de La Repubblica, dove cura la rubrica “Miti d’oggi” sul Venerdì, e collabora con testate nazionali e internazionali come Il Mattino e Le Nouvel Observateur.
Tra i suoi numerosi saggi, si ricordano titoli come:
Si fa presto a dire cotto. Un antropologo in cucina (2009)
Homo dieteticus. Viaggio nelle tribù alimentari (2015)
Andare per i luoghi della dieta mediterranea (2017)
Mangiare come Dio comanda (2023).
Queste opere riflettono il suo impegno nel valorizzare la cultura alimentare italiana, esplorando le radici antropologiche e culturali che legano il cibo alle identità locali e nazionali.
Il Premio del Gruppo del Gusto
Il Premio del Gruppo del Gusto, giunto alla sua 20ª edizione, si propone di valorizzare e promuovere l’agroalimentare italiano a livello internazionale, grazie alla partecipazione di giornalisti esteri provenienti da 34 Paesi e 5 continenti. Marino Niola è stato selezionato per la sua capacità di divulgare l’autenticità e la tradizione agroalimentare italiana, combinando rigore scientifico e passione narrativa.
La cerimonia a L’Aquila
La premiazione si terrà sabato 23 novembre, alle ore 18, nella Sala ipogea del Consiglio Regionale d’Abruzzo, a L’Aquila. Durante l’evento, verranno premiate altre eccellenze del settore, tra cui:
Tenuta Vannulo (categoria “Esercizio legato all’alimentare da almeno 100 anni della stessa famiglia”);
Cooperativa Altopiano di Navelli (categoria “Consorzio/cooperative a difesa dei valori agroalimentari italiani”);
Associazione PIZZAUT (Premio speciale della giuria per l’inclusione lavorativa di giovani autistici).
L’importanza del riconoscimento
Il premio a Marino Niola sottolinea l’importanza di valorizzare le eccellenze italiane, non solo nella produzione agroalimentare, ma anche nella capacità di raccontare il legame profondo tra cibo, cultura e identità. L’impegno di Niola nel promuovere la dieta mediterranea e nel raccontare le tradizioni culinarie italiane lo rende una figura chiave nella diffusione internazionale del patrimonio enogastronomico italiano.
Grazie al suo lavoro, il professor Niola contribuisce a consolidare l’immagine dell’Italia come culla di tradizioni culinarie uniche e radicate nella storia. Questo premio rappresenta un ulteriore riconoscimento del suo ruolo cruciale come ponte tra antropologia, cultura e divulgazione enogastronomica.