Si scusano tutti, si scusa Giulio Golia, poverino, non voleva confezionare un servizio capestro a danni della città e degli intervistati. Si scusa Myrta Merlino, e le crediamo, tante ore di stress televisivo possono portare anche a cose peggiori, come quelle occorse alla giornalista di Agorà che in una deserta via Luca Giordano attendeva con ansia folle oceaniche. Si scusa Vittorio Sgarbi, che a suo dire Napoli è una città ed è identica a lui, ribelle, dimenticando di citare i mandolini, le pizze e pure i putipù. Si cosparge la testa di cenere, facendo il giro delle sette chiese, in tutte le trasmissioni Mediaset, Mario Giordano, complice delle dichiarazioni razziste di Feltri, il quale non si scusa, ma fa nulla, lo perdoniamo noi, ai nonnini come lui, invecchiati male lasciamo il beneficio delle complicanze senili incipienti. Le scuse sono il più efficace strumento estetico per ripresentarsi su tutti gli scenari sui quali si è come si dice in gergo, “azzeccata una figuraccia, ma di quelle brutte”. Tanto il pubblico, i cittadini, il popolo, gli elettori, perdoneranno, siamo nel Paese del perdonismo, da duemila anni siamo intrisi di perdonismo. Che sarà anche un sano sentimento, ma come recitano testi che hanno fatto e fanno la storia, le scuse e quindi il perdono, devono essere sentiti e nati da vera contrizione e non da un opportunistico calcolo determinato dalla sicurezza data dalla impunità. Non si può “pensare” di non pensare prima di agire e parlare, tanto poi esistono le scuse riparatrici. No, specialmente se si svolgono certe professioni, basate sulla parola, non possono esistere scuse e nemmeno perdoni. Esiste l’ammissione dell’errore, alla quale dovrebbe conseguire una condanna, che deve essere equiparata al danno. Un po’ di quarantena a chi offende una città ed il suo popolo non farebbe male, farebbe riflettere e crescere, un’adeguata sanzione economica a chi reitera alcune razzistiche considerazioni, non sarebbe male, gli farebbe capire che non si può impunemente trasgredire a leggi statali. L’allontanamento da certi incarichi politici a elementi che con approssimazione confezionano eventi importanti come il 1 Maggio di quest’anno, non sarebbe una penitenza non appropriata, perché in questo momento, sì in questo momento, cosi particolare e denso di tensioni, errori, scontri, dove le contumelie, le fake news si susseguono, creando scompiglio, inquinando e confondendo le menti dei cittadini al punto che anche alcune notizie vere e certificate vengono attaccate come false e tendenziose, in questo momento che richiederebbe il massimo della concentrazione e la massima attenzione all’uso delle parole, non possiamo assistere allo scempio di un manifesto del comune di Napoli. Uno scempio che mette in ridicolo la città che è medaglia d’oro al valor civile. Medaglia conquistata per le giornate di lotta contro il nazismo che videro tante vittime civili. Non possiamo leggere su quel manifesto le stesse parole che campeggiavano all’ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz. Ovviamente, immediatamente, subitissimamente, ma solo dopo le proteste, sono arrivate le scuse. I responsabili di questa viltà accampano ragioni di svista grafica o stanchezza per il troppo lavoro svolto fin ora in questa situazione di emergenza. Alcuni colleghi, quelli che fanno indagini, ci sono ancora, vivaddio, hanno invece fatto notare che addirittura il comunicato stampa fosse partito con la stessa stesura e lo stesso “slogan” che tanto caro fu a Himmler: “Arbeit Match Frei-Il lavoro rende liberi”. Uno slogan nazista finito sul manifesto delle celebrazioni del 1 Maggio 2020 del comune di Napoli. Con una piccola variazione sul tema: “Solo il lavoro rende liberi”… Che poi lo andassero a dire ai disoccupati e a tutti i lavoratori in nero che sono schiavizzati quotidianamente senza alcuna tutela sia sindacale che ovviamente statale.
Un giorno, qualche tempo fa, un caro collega, mio capo alla France Presse, mi disse che in definitiva non è che ci fossero differenze politiche tra Spagna, Paese che lui conosceva benissimo, e l’Italia, Paese che stava cominciando a conoscere. Allora, io, per illustrargli la nostra situazione, non solo politica ma anche sociale, gli feci un semplice esempio. Gli raccontai la storia di due faccendieri nell’ambito bancario e finanziario: il nostro Fiorani e il loro Condè ossia quelli del crack Banca Popolare di Lodi e crack Banca Banesto spagnola. Chiesi a Christophe che fine avesse fatto il loro Condè, noto personaggio del Jet Set internazionale e grande estimatore della bella vita. Lui mi rispose di non saperlo, di non avere più notizie del finanziere condannato e fuori dal giro. Io invece gli spiegai di cosa si stesse occupando il nostro ex banchiere, Fiorani. Si stava occupando da autore, di una trasmissione televisiva sulle truffe economiche che sarebbe dovuta andare in onda sulla RAI, sì sui canali RAI, e che fortunatamente, per un moto di orgoglio nazionale fu bloccata. A quel punto il caro Christophe mi rispose dicendomi: “ecco Mario, finalmente ho capito le differenze tra l’Italia e il resto del mondo. Noi li cacciamo, voi li promuovete”. Ora basta, spero che questo virus, con tutto quello a cui stiamo assistendo, ci faccia crescere, ci faccia dire forte e chiaro che non siamo più disposti a perdonare. Il perdonismo ha rovinato questa Nazione, avendo perdonato le più nefaste cose ci ritroviamo sempre gli stessi incapaci davanti. No, non vogliamo perdonare più, ma inchiodare ognuno alle sue responsabilità. Solo così si può crescere. Solo così si potrà ricostruire su fondamenta stabili.
Nel combo fotografico della copertina, sono presenti il manifesto del comune di Napoli e la targa del campo di sterminio di Dachau rubata e poi ritrovata in Norvegia.
Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse,
Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES.
Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli.
Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli.
Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it
E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International.
Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.
La dieta mediterranea, molto più di un semplice regime alimentare, si è affermata come simbolo di identità culturale, sostenibilità ambientale e salute globale. Questo è stato il tema centrale dell’evento “Mediterranean Diet: A Living Heritage, Unleashing One Health”, tenutosi ieri presso la sede delle Nazioni Unite a New York, promosso dalle Missioni permanenti di Italia e Marocco in collaborazione con il Comune di Pollica e il supporto del Future Food Institute.
Un patrimonio culturale vivente
L’evento ha celebrato il 14º anniversario del riconoscimento della dieta mediterranea come patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco. È stata un’occasione per riaffermare l’importanza di questo modello non solo dal punto di vista alimentare, ma anche come pilastro per lo sviluppo sostenibile e la promozione della salute.
Rappresentanti di istituzioni come la Fao, l’Unesco e il mondo accademico hanno sottolineato come la dieta mediterranea possa essere un faro per l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, affrontando temi come la riduzione dell’impatto ambientale e i benefici sulla salute umana.
L’impegno di Pollica e il modello cilentano
Pollica, capofila della rete delle Comunità Emblematiche Unesco, ha annunciato la sua candidatura a Città Creativa della Gastronomia Unesco. Stefano Pisani, sindaco di Pollica, ha spiegato: «Abbiamo dimostrato come il modello della dieta mediterranea possa tradursi in azioni pratiche, dall’urbanistica integrata al Master Plan Cilento Sud, fino a progetti innovativi come il Mediterranean Mind Lab».
Questi progetti, supportati dal Future Food Institute, consolidano il Cilento come cuore pulsante della dieta mediterranea, unendo tradizione e innovazione in un laboratorio internazionale di rigenerazione ecologica.
Presidi della Dieta Mediterranea nel mondo
Durante l’evento sono stati presentati i “Presidi della Dieta Mediterranea nel Mondo”, un’iniziativa volta a celebrare le eccellenze culturali e gastronomiche. Tra i primi riconoscimenti:
Pasquale Cozzolino, chef italiano noto a New York per i suoi ristoranti “Ribalta” e “Amo”.
Rossella Episcopo ed Emiliano Cammardella, promotori cilentani del progetto “Flora”.
Un’eredità per il futuro
Sara Roversi, presidente del Future Food Institute, ha ribadito: «La dieta mediterranea è un modello perfetto per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il nostro impegno è trasformarlo in un’eredità viva e tangibile per il pianeta». Questo approccio conferma come la dieta mediterranea non sia solo un patrimonio culturale, ma una risorsa per il futuro del pianeta.
Discutere della sentenza della Corte penale internazionale sull’arresto di Benjamin Netanyahu al tavolo del G7 e provare a concertare assieme agli alleati una linea comune. Nelle stesse ore in cui 4 soldati italiani restano feriti nella base Unifil in Libano dopo un lancio di missili di Hezbollah, il governo cerca di gestire il nodo della decisione dell’Aja sul leader israeliano – e sul suo ex ministro della Difesa Gallant – coinvolgendo i partner europei e occidentali. E’ l’input che Giorgia Meloni affida ad Antonio Tajani (che tra l’altro rivendica su questi temi il ruolo di palazzo Chigi e della Farnesina) dopo le divisioni emerse nell’esecutivo che di certo non le avranno fatto piacere, anzi.
Le fughe in avanti dei ministri irritano palazzo Chigi che, invece, sui dossier delicati vorrebbe che il governo si esprimesse con un’unica voce. Ecco perchè di fronte al susseguirsi di dichiarazioni la premier, in vista del vertice di maggioranza convocato per lunedì, decide intanto di mettere nero su bianco quella che deve essere la linea di tutto il governo. La premessa è che sulla sentenza della corte dell’Aja vadano fatti degli approfondimenti per capirne le motivazioni che, sottolinea, “dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”.
Ma “un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Una presa di posizione che ha come obiettivo anche quello di mettere a tacere i distinguo e le voci in libertà nella compagine. Accanto alla posizione prudente di Antonio Tajani, c’era stata infatti la dichiarazione più netta di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa, pur criticando il pronunciamento della Cpi, aveva aggiunto: “La sentenza andrà rispettata”. Ma soprattutto, a pesare è quanto detto da Matteo Salvini. Il leader della Lega è quello che si è spinto più avanti, arrivando ad invitare il premier israeliano in Italia dandogli il “benvenuto” perchè, avvisa, “i criminali di guerra sono altri”.
Parole che pesano negli equilibri internazionali alla vigilia del G7 dei ministri degli Esteri in programma a Fiuggi lunedì. Non è un caso infatti (forse anche dopo contatti con Chigi) che il leader della Lega cerchi poi di ammorbidire i toni invocando la condivisione delle decisioni: “Troveremo una sintesi – confida Salvini – il problema è a livello internazionale”. Chi sceglie di non esprimersi è la Santa Sede. Il Vaticano si affida alle laconiche parole del segretario di Stato Pietro Parolin: “Abbiamo preso nota di quanto avvenuto, ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra”. Intanto, le dichiarazioni dei ministri e dei leader della maggioranza finiscono sotto il fuoco di fila delle opposizioni che vanno all’attacco.
Ma le tensioni sulla politica estera sono solo l’ultimo punto che si aggiunge ad una lista di nodi che Meloni dovrà sciogliere con i due alleati di governo nel vertice in programma per lunedì 25, prima della riunione del Consiglio dei ministri. Il ‘caso’ Netanyahu sarà uno dei temi che i tre leader del centrodestra dovranno discutere, ma altrettanto dirimenti, sono le decisioni da prendere sul versante interno. La sconfitta alle regionali ha alzato il livello dello scontro e, di conseguenza, le richieste di Lega e Forza Italia da inserire nella legge di Bilancio. Ufficialmente tra i partiti di maggioranza regna la concordia: “Ci incontreremo e risolveremo i problemi nel miglior modo possibile”, è la convinzione di Tajani a cui fa eco il vicepremier leghista: “Siamo in sintonia su tutto”.
Ma il taglio dell’Irpef, la flat tax per i dipendenti e la riduzione del canone Rai sono tre temi su cui da giorni è in atto un vero e proprio braccio di ferro. E la mancanza di un accordo ha fatto slittare alla prossima settimana le votazioni sul decreto fiscale. Alle richieste dei partiti si aggiungono i desiderata dei ministri. Un elenco impossibile da realizzare (visti i fondi a disposizione) su cui la premier dovrà dire una parola definitiva. In stand by invece resta la decisione sul successore di Raffaele Fitto.L’idea della presidente del Consiglio pare sia quella di tenere le deleghe a palazzo Chigi fino a gennaio, scavallando quindi la sessione di bilancio. Nessuna fretta anche anche perchè, raccontano nella maggioranza, per la prossima settimana è attesa anche la decisione dei giudici se rinviare o meno a giudizio la ministra per il Turismo Daniela Santanchè.
La fase è complessa. Siamo nel pieno della sessione bilancio, con una manovra complicata quest’anno dai vincoli delle nuove regole Ue. Mentre fuori incombono le “incertezze” dello scenario internazionale. E’ in questo contesto, spiega il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha preso forma una legge di bilancio che chiede “sacrifici”. Ma per crescere e tenere i conti in ordine “serve il contributo di tutti”, è l’appello del ministro, che rivendica anche i successi dell’approccio prudente del governo: lo spread si è dimezzato e due agenzie di rating hanno rivisto al rialzo l’outlook. E non è escluso che lo stesso possa fare anche Moody’s (arriva con un Baa3, il primo livello dell’investment grade, e un outlook stabile), che chiude in serata il ciclo di revisioni sul rating, iniziato a metà ottobre con le valutazioni di Fitch, S&P e Dbrs.
Cresce intanto l’attesa per il vertice di lunedì tra la premier Giorgia Meloni e i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, chiamato a sciogliere anche diversi nodi sulla manovra. A partire dal canone Rai, che tiene in stallo il decreto fisco in Senato e riaccende lo scontro tra Lega e FI. Per via Bellerio la conferma della riduzione del canone Rai da 90 a 70 euro “è una priorità” e siamo determinati a portarla avanti “fino in fondo”, mette in chiaro il capogruppo in Senato Massimiliano Romeo. Ma gli azzurri non ci stanno: il taglio è una scelta “ridicola”, commenta Tajani. E’ giusto il confronto, ma c’è un problema di coperture, aggiunge Mauro D’Attis, deputato di Fi e uno dei relatori della manovra.
I partiti della maggioranza intanto rivendicano ciascuno le proprie bandierine. Che trovano posto negli emendamenti super-segnalati alla manovra (circa 220 in un elenco che circola tra i parlamentari): le proposte di FDI vanno dal contributo di 500 euro l’anno per gli under14 al silenzio-assenso per i fondi pensione; la Lega insiste dall’allargamento della flat tax ai fondi al Ponte; FI va dal taglio dell’Irpef alla web tax. Ma i leader sfoderano ottimismo in vista del vertice: “Siamo assolutamente in sintonia su tutto”, dice Salvini; trovare un accordo non sarà difficile, assicura Tajani. Giorgetti intanto lancia un appello a fare ciascuno la propria parte. E lo fa parlando in videocollegamento con l’assemblea annuale dell’Anci: parole che suonano come una risposta alle critiche e preoccupazioni espresse dall’Associazione dei Comuni per i tagli previsti in manovra.
“Non posso non riconoscere che le sfide con cui vi confrontate quotidianamente richiedono sempre maggiori risorse”, ma il mio ruolo “mi impone” soluzioni che concilino “le esigenze locali” con gli “obiettivi complessivi del paese”, spiega. E così, anche se gli enti territoriali sono riusciti a tenere i conti “sotto controllo”, tutti sono chiamati a contribuire, anche le amministrazioni locali. La riduzione delle risorse per gli investimenti pubblici disposta dalla manovra è dettata dal bisogno di “dare priorità all’utilizzo delle somme previste nell’ambito del Pnrr e del Fondo di sviluppo e coesione”, spiega il ministro, che apre: “Possiamo e dobbiamo continuare a collaborare”. Un invito subito raccolto dal neopresidente Gaetano Manfredi dell’Anci. Presenteremo al governo “un’agenda con le priorità”, annuncia, con l’auspicio che la manovra “migliori” in Parlamento. I
l contesto comunque è di “grande incertezza”, evidenzia Giorgetti: le misure contenute in manovra possono dare una mano, ma per “realizzare la crescita che abbiamo previsto nel 2025” sarà cruciale “promuovere la domanda”. Servono sono poi la “stabilità politica” e la “prudenza” nella gestione dei conti portati avanti in questi due anni di governo, è la ricetta del titolare del Mef: ingredienti di una “credibilità” che sta dando frutti e se coltivata ulteriormente può contribuire a migliorare deficit e debito. Giorgetti difende la manovra anche sul fronte sempre caldo della sanità: le risorse sono aumentate, 12 miliardi in più in tre anni. Numeri, chiosa, che “certificano la falsità delle narrazioni strumentali”.