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La riapertura della scuola in piena pandemia e il ballo in mascherina delle polemiche politiche che agevolano il caos

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Aprire le scuole e far tornare in classe quasi 8,5 milioni di giovani in piena pandemia è una impresa impossibile se non c’è collaborazione piena tra Governo, istituzioni scolastiche, personale tutto della scuola (non solo insegnanti), famiglie e studenti. I 7.599.259 studenti della scuola statale e gli 866.805  alunni degli istituti paritari non hanno, credo, la percezione precisa della gravità del momento. Non è un’accusa ai giovani. È normale che sia così. Sono giovani. Toccherà a tutti gli altri soggetti in campo far capire che i loro comportamenti a scuola (distanze di sicurezza, mascherine e ogni altra precauzione) sono fondamentali per il buon andamento della didattica in presenza. Il rischio è la chiusura di istituti che diventeranno focolai di contagio, messa in sicurezza della salute dei contagiati e lezioni on lìne. Lo so, ho scritto una cosa normale. Lo so, forse non c’era alcun bisogno che scrivessi questa cosa normale. L’ho fatto solo perché nel dibattito sulla riapertura della scuola, noi giornalisti abbiamo scelto (non tutti per fortuna) di far emergere le polemiche spicciole e quelle inutili: il disaccordo degli scienziati da salotto televisivo sull’uso dei dispositivi di protezione, le polemiche tra Regioni e Governo sulla gestione dell’emergenza (banchi, trasporti, mascherine, guanti, assunzioni, tamponi per insegnanti), le richieste di dimissioni alla ministra Lucia Azzolina. Come se lei fosse (in) capace da sola di gestire questa fase così travagliata di rientro in classe di milioni di giovani italiani. Se oggi siamo capaci di litigare sul nulla. Se oggi siamo incapaci di essere comunità e pensare solo al bene primario del rientro in classe nella massima sicurezza per i giovani, non oso pensare che cosa accadrà quando occorrerà chiudere decine di Istituti perché sono diventati focolai di contagio. Perché succederà che tra qualche settimana in Italia saremo costretti a chiudere delle scuole. È già successo nella Germania che spesso usiamo come termine di paragone di efficienza. Gli efficienti teutonici hanno già chiuso più di cento scuole per contagio dopo averle riaperte. Nessuno però si è sognato di chiedere le dimissioni o di  andare in tribunale a denunciare la Merkel per aver favorito il contagio.  Se oggi, alla luce del nulla, chiediamo le dimissioni della ministra Azzolina, immagino che tra un mese, quando saranno chiuse delle scuole per seri motivi sanitari, qualcuno potrebbe anche chiedere l’ergastolo o la pena di morte per la Azzolina contestándole il reato di epidemia dolosa o omicidio plurimo aggravato o genocidio per aver aperto le scuole o per non averle aperte in sicurezza. Perché sarebbe il caso di dire e scrivere e preparare gli italiani alla chiusura di istituti scolastici dove (per mille motivi) ci saranno contagiati che andranno testati, tracciati, confinati e le scuole sanificate e messe in sicurezza prima di farle ripartire. Se siamo onesti tutti, se vogliamo tutti riaprire le scuole in piena pandemia, allora dovremmo avere tutti a cuore questo obiettivo e smetterla con isterismi e terrorismi mediatico e politici. La scuola e il rientro in classe non è un problema di destra o di sinistra. È una scelta politica. Tutti vogliono riaprire le scuole in Italia? Mi pare di capire che sì, tutti lo vogliono. Gli isterici non stanno a destra o a sinistra ma sono trasversali. Dovremmo essere comunità nazionale rispetto a certe emergenze. Non si può raccontare ogni giorno una rissa da pollaio sul nulla e non evidenziare gli sforzi sovrumani di medici, donne e uomini delle istituzioni o della burocrazia, insegnanti, presidi, bidelli o come diavolo volete chiamarli (personale ATA) per dare spazio e visibilità sempre e solo alle galline e ai capponi che si beccano in Tv o sui giornali su inezie o stupidità. La pandemia ha un inizio, uno svolgimento e finirà col vaccino. A me l’ha spiegata questa pandemia nel mese di marzo il professor Angelo Turco. Mi ha spiegato tutte le miserie umane che avrei incontrato lungo il percorso del mio racconto da giornalista. Mi ha spiegato la strategia brancolante dei ricercatori, della scienza che prova a decifrare, confinare, curare e poi sconfiggere la pandemia. Mi ha spiegato gli affanni della politica prima ancora che emergessero. Le inefficenze dei media che avrebbero aiutato il caos invece che la chiarezza. Ecco, il professor Turco non è una novella Cassandra ma un epistemologo tra i più bravi e intelligenti ch’io abbia mai conosciuto. Spero finisca presto questo stillicidio di notizie inutili. E mi auguro di vedere sempre più una comunità che fa quadrato per superare gli ostacoli invece che risse continue che rendono difficile questo percorso di uscita dalla più grave emergenza del terzo millennio. Ragioniamo, in fondo è questo che ci rende esseri meravigliosi. Usiamo i neuroni, in certi casi è meglio che abusare dei nostri ormoni.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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A Pompei via al numero chiuso, guerra ai bagarini

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“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.

Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.

“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.

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Casi di Covid in calo, 8.660 in 7 giorni e cresce la variante Xec

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Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).

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Salgono del 30% i casi di Covid, in 7 giorni 11.164

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Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.

Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.

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