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La procura di Biella chiede il rinvio a giudizio dell’onorevole Pozzolo

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La procura di Biella ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti del deputato Emanuele Pozzolo, unico indagato nell”inchiesta per lo sparo di Capodanno a Rosazza (Biella) in cui rimase ferito Luca Campana, 31anni, genero di Pablito Morello, allora caposcorta del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, anche lui presente alla serata. Dopo la chiusura delle indagini, la procuratrice della Repubblica di Biella, Teresa Angela Camelio, ha depositato presso la cancelleria del giudice dell’udienza preliminare la richiesta che il parlamentare. attualmente sospeso dal suo partito, FdI, venga processato.

Oltre alle lesioni personali colpose patite da Luca Campana, Pozzolo deve rispondere anche di altri reati: accensioni ed esplosioni pericolose, omessa custodia di armi, porto illegale in luogo pubblico della la pistola revolver marca North American Arms e cinque cartucce espansive. L’arma, modello revolver Mini Dlx, calibro 22 long rifle, secondo gli inquirenti era detenuta esclusivamente in regime di ‘licenza da collezione’. Ora si attende che venga fissata la data fissazione dell’udienza preliminare. Lo sparo era stato esploso durante la festa nei locali della pro loco, organizzata dalla sorella sindaca del sottosegretario Delmastro, presenti amici con famiglie e bambini e alcuni uomini della scorta. Pozzolo, stando alle testimonianze, non era tra gli invitati. Aveva trascorso i festeggiamenti in famiglia nella casa di Campiglia Cervo, a pochi chilometri da Rosazza.

Si era quindi presentato alla festa dopo mezzanotte quando ormai tutti stavano ripulendo il salone. Ed è in quel momento che Pozzolo avrebbe tirato fuori il mini revolver per mostrarlo ad alcuni ospiti. Il colpo, partito in modo accidentale dal mini revolver, era andato a conficcarsi in una gamba di Campana, poi portato in ospedale. Dopo lo sparo l’arma era stata presa in consegna e messa al sicuro da Pablito Morello, ex caposcorta di Delmastro. Il sottosegretario, invece, ha sempre spiegato che al momento dello sparo si trovava fuori dai locali della pro loco di Rosazza. Interrogato dai carabinieri, Pozzolo aveva negato di aver sparato, versione poi sempre ribadita dal parlamentare.

Le testimonianze raccolte in questi mesi, però, sono tutti contro di lui. Ad accusarlo di avere avuto in mano la pistola al momento dello sparo, in modo diretto o indiretto erano stati, tra gli altri, Campana, lo stesso Morello e Davide Eugenio Zappalà , assessore comunale a Biella. Emanuele Pozzolo è poi risultato positivo al test dello stub, per la ricerca di tracce di polvere da sparo, uno degli accertamenti tecnici disposti insieme a quello balistico.. Per ricostruire la dinamica la procura di Biella si è affidata anche all’esperta Raffaella Sorropago che ha di fatto confermato le accuse verso l’unico indagato. Ma la perizia dell’altri perito di parte, incaricato dall’avvocato Andrea Corsaro, difensore di Pozzolo, ha contestato la ricostruzione della collega.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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