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Cultura

“La nostra Via della Seta” al Belvedere di San Leucio, unica tappa italiana della mostra dei più grandi fotografi del mondo

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Caserta è l’unica tappa italiana della mostra fotografica “La nostra Via della Seta” che poi andrà a Londra. Curata da Zeng Yi, fotografo e curatore di fama mondiale che vive in Cina e dal critico d’arte italiano Massimo Sgroi, la mostra al Belvedere di San Leucio dal 6 aprile , ha il supporto del Governo cinese. Sono 171 fotografie realizzate dai più grandi fotografi del mondo. Le foto percorrono idealmente la vita dei paesi che si trovano lungo il percorso della Via della Seta, a partire da Zhocun che è un distretto di Zibo city, fino al Belvedere di San Leucio. In mostra ci saranno opere di fotografi cinesi, kirghisi, mongoli, ulbeki, kalaki, coreani, fino ad arrivare agli europei, italiani compresi.

L’idea è nata durante la vista di Zeng YI al Belvedere, sito Unesco. Al rientro in Cina, il distretto della città antica di Zibo City e la Città di Caserta cominciano ad elaborare un protocollo d’intesa che porterà i due siti storici ad essere gemellati. Nel Belvedere di San Leucio c’è una mappa storica che parte dallo Shandong  (Regione dove si trova Zibo city) ed arriva al Belvedere come terminale ideale della Via della Seta. Nella visita che una delegazione casertana ha fatto nello scorso ottobre è stato firmato un memorandum che mette in relazione le due città. Tale evento rientra nel progetto “one belt one road”, ma più che un progetto economico, è una mostra che pone l’accento sul rapporto tra i popoli, la conoscenza e l’interscambio culturale, con il supporto del Governo e del Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica Popolare della Cina, per contribuire alla crescita del territorio. Alle 10 prima della mostra ci sarà un convegno “Storia, opportunità dell’integrazione e sviluppo del turismo culturale tra la Cina e l’Italia”. La mostra si sposterà poi a Londra. La mostra ma non solo. Gli opifici di San Leucio, i serici hanno chiuso  importanti accordi commerciali  con la Cina per l’acquisto di seta cruda, e questo significa lavoro ed economia per la città e per tutto il comparto.

 

I curatori:

ZENG YI

Zeng Yi è un fotografo e curatore di fama mondiale che vive in Cina,  ha ricevuto il più alto riconoscimento d’ onore e di successo dal Consiglio di Stato. Professore e curatore onorario del Museo d’ Arte della Shandong University of Art and Design, presidente del Mo-tse International Image Research Institute e presidente dell’ Eastern International Photography Art Association. Ha vinto  premi internazionali e nazionali fin dagli anni’ 80 come il “Cultural Center of Asia Award” dell’ UNESCO, il “Ross International Photography Award for Outstanding Contribution” del PPA e il “Sungkyunkwan Art Award” nella Corea del Sud.

Zeng Yi ha pubblicato libri d’ arte e di fotografia tra cui: The Great Saint Confucius, Destiny, International Professional Photographers Excellent Works Collection, e James Natchwey, Josef Koudelka, Jerry Uelsmann e 40 fotografi cinesi.  È stato il progettista capo e curatore della “Jinan International Contemporary Photography Biennale” e della “Beijing International Photography Week

 

MASSIMO SGROI

Massimo Sgroi: scrittore, critico d’arte. Ha pubblicato, fra gli altri, il Fantasma nella Rete (2002), Il Videogame Trascendente (2005), F for Fake ( 2013),  Il Volo del Minotauro (2016) ed ha curato il libro di Jose “Pepe” Mujica La felicità al Potere (2016). Ha lavorato con molti dei più grandi artisti al mondo realizzando mostre di livello internazionale come More than Real. E’ art director del Museo di Arte Contemporanea della città di Caserta.

 

 

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Brano inedito di Mozart scoperto in una biblioteca tedesca

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Un brano musicale finora sconosciuto composto da Wolfgang Amadeus Mozart quando era probabilmente adolescente è stato scoperto in una biblioteca in Germania da alcuni ricercatori che ne hanno annunciato la scoperta. Il brano risale alla metà o alla fine degli anni ’60 del Settecento ed è composto da sette movimenti in miniatura per un trio d’archi della durata di circa 12 minuti, hanno affermato le biblioteche comunali di Lipsia in una dichiarazione. Nato nel 1756, Mozart era un bambino prodigio e iniziò a comporre in tenera età sotto la guida del padre. I ricercatori hanno scoperto l’opera nella biblioteca musicale della città mentre compilavano l’ultima edizione del cosiddetto catalogo Koechel, l’archivio definitivo delle opere musicali di Mozart. Il manoscritto appena scoperto non è stato scritto da Mozart stesso, ma si ritiene che sia una copia realizzata intorno al 1780, hanno affermato i ricercatori.

Il brano è stato eseguito ieri a Salisburgo, in Austria, da un trio d’archi alla presentazione del nuovo catalogo Koechel. Avrà la sua prima esecuzione tedesca all’Opera di Lipsia sabato prossimo. Il pezzo è denominato “Ganz kleine Nachtmusik” nel nuovo catalogo Koechel, secondo le biblioteche di Lipsia. Il manoscritto è composto da inchiostro marrone scuro su carta fatta a mano di colore bianco medio e le parti sono rilegate singolarmente, hanno affermato. Il catalogo Koechel descrive il pezzo come “conservato in un’unica fonte, in cui l’attribuzione dell’autore suggerisce che l’opera sia stata scritta prima del primo viaggio di Mozart in Italia”, secondo le biblioteche comunali.

Il giovane Mozart era noto ai ricercatori fino ad ora “principalmente come compositore di musica per pianoforte, arie e sinfonie”, ha affermato Ulrich Leisinger della Fondazione Internazionale Mozarteum di Salisburgo in una dichiarazione. Un elenco del padre di Mozart aveva allertato gli studiosi sull’esistenza di “molte altre composizioni di musica da camera” del giovane artista, che si pensava fossero tutte andate perdute, fino all’emergere del trio d’archi, ha affermato Leisinger. “Dato che l’ispirazione per questo è apparentemente venuta dalla sorella di Mozart, è allettante immaginare che abbia conservato l’opera come ricordo del fratello”, ha affermato Leisinger.

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Cultura

A Ischia torna il Festival internazionale della Filosofia

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Da giovedì 19 a domenica 22 settembre Ischia torna ad ospitare il Festival Internazionale di Filosofia, la rassegna che porta la disciplina filosofica a contatto diretto con la gente, nelle piazze e nei luoghi simbolo dell’isola. “Definire la nostra identità, potenzialmente minacciata dal mondo virtuale, tra social e intelligenza artificiale” è il tema profondamente attuale della decima edizione della manifestazione il cui format prevede mostre, laboratori, concerti e – soprattutto – oltre cento conferenze aperte al pubblico, con la filosofia che scende in piazza, attraversando i luoghi iconici di Ischia – dal Castello Aragonese alla Torre di Guevara fino al Museo di Villa Arbusto – in modo da avvicinarsi ad un pubblico vasto e composto da non addetti ai lavori.

“Da sempre l’essere umano si interroga sulla sua identità. – spiega Raffaele Mirelli, direttore scientifico della manifestazione, organizzata dall’associazione Insophia – È il problema principe che ci attanaglia da secoli: da una parte nello sviluppo personale, dall’altra nello sviluppo dell’individuo nella società, nei gruppi allargati dove si cerca costantemente riconoscimento, emancipazione. L’identità digitale è per questo una nuova sfida che porta con sé l’apertura a nuovi orizzonti di convivenza. Le società possono essere intese come virtuali, non esistenti, espressioni di algoritmi che mettono da parte l’essere umano, senza aver bisogno della sua presenza. Oggi siamo sempre più richiusi in cabine esistenziali, cerchiamo la condivisione nella solitudine, desideriamo consenso. Che cosa diventiamo nel mondo del web? Una riflessione che ci porta a chiederci che cosa possiamo costruire in termini di valori, che cosa possiamo fare per eludere il potere del ‘click’, della visualizzazione, del populismo politico digitale”.

Tra gli appuntamentidi questa edizione quello con Giuseppe Ferraro e Fausto Bertinotti che dialogheranno con gli studenti (il 20 e 21 settembre alla Torre di Guevara), quello sulla intelligenza naturale al tempo dell’intelligenza artificiale con la lectio di Maurizio Ferraris in programma il 20 settembre al Castello Aragonese e quello con Vittorino Andreoli che racconterà perché oggi l’uomo è sempre più senza identità (il 21 settembre sempre al Castello Aragonese). I giorni clou del festival sono stati anticipati da una serie di attività ed eventi tra cui quello con gli studenti delle scuole di Ischia e Procida che hanno realizzato ed affisso aforismi ideati per una campagna di sensibilizzazione sociale intitolata “Ribelli”, con 30 frasi scelte per rappresentare l’idea di ribellione in una realtà omologata e la Summer School, dedicata a Pietro Greco

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Ritrovato il 145/o manoscritto del Milione di Marco Polo

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Proprio nell’anno che celebra i 700 anni dalla morte di Marco Polo, è stato ritrovato un manoscritto del Devisement dou monde/Milione presente nei cataloghi, ma ignoto agli studi su Marco Polo (è assente da tutti i censimenti del Milione) che risulta essere l’ultimo dei codici oggi noti in ordine di tempo del testo del grande viaggiatore veneziano. Sono 145 raggruppati in diverse famiglie.

Il ritrovamento, che si inserisce nel più ampio lavoro sul Milione coordinato da Eugenio Burgio, Marina Buzzoni e Samuela Simion dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Antonio Montefusco dell’Università di Nancy, riveste notevole interesse perché aggiunge nuove importanti informazioni riguardo alla trasmissione del testo e alle sue varie versioni. La storia della diffusione del Milione è in effetti una delle più intricate e appassionanti della letteratura medievale: il successo dell’opera determinò una fioritura di traduzioni, riscritture, adattamenti, riflesso dei numerosi ambienti in cui il testo fu letto.

Il manoscritto è un testimone quasi ignoto di una traduzione realizzata mentre Marco era ancora vivo, ed è da questa traduzione che derivano le versioni con cui il Milione venne conosciuto e letto. Il manoscritto è conservato nella Biblioteca Diocesana Ludovico Jacobilli di Foligno, con segnatura Jacobilli A.II.9, e trasmette la traduzione che gli studiosi chiamano VA, realizzata entro il primo quarto del Trecento nell’Italia nord-orientale.

L’importanza di questa traduzione risiede soprattutto nell’ampiezza della sua diffusione: il testo di VA venne infatti sottoposto a numerose traduzioni, sia in latino che in volgare, tanto che gran parte dei manoscritti superstiti è, direttamente o indirettamente, una sua emanazione. È quindi la versione in cui il libro di Marco Polo venne più letto e conosciuto in Europa.

Solo nei prossimi mesi si potrà aggiungere qualche informazione sulla posizione del manoscritto all’interno della tradizione manoscritta del Milione, in attesa di uno studio più ampio che sarà pubblicato su una delle riviste principali del settore. Tra le attività dell’anno dedicato a Marco Polo anche la pubblicazione della prima edizione digitale dell’opera di Marco Polo, resa disponibile agli studiosi di tutto il mondo e pubblicata da Edizioni Ca’ Foscari in open access e open source.

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