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Cronache

La ‘ndrangheta tra le colline astigiane faceva affari e proseliti controllando la squadra di calcio della città. 30 a processo

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La ‘ndrangheta prosperava tra le colline dell’Astigiano. La direzione distrettuale antimafia di Torino ha depositato 30 richieste di rinvio a giudizio al termine di “Barbarossa”, l’inchiesta con cui i carabinieri hanno smantellato, lo scorso maggio, la banda che aveva messo radici ad Asti e nei Comuni del circondario: cinquantuno capi d’accusa che parlano di traffici di droga, armi, estorsioni, furti, infiltrazioni nel tessuto economico e – una novita’ per quel che riguarda il Nord-Ovest – nel mondo del calcio locale. Gli investigatori, coordinati dai pm Stefano Castellani e Paolo Cappelli, si sono dovuti confrontare con il fenomeno dell’omerta’. I nomi di due imprenditori sono stati iscritti nel registro degli indagati (in un procedimento separato) per false dichiarazioni: nonostante fossero tormentati dagli addetti al ‘recupero crediti’ della consorteria, quando sono stati chiamati a testimoniare hanno negato l’evidenza, arrivando a smentire episodi emersi nel corso delle intercettazioni e persino, in un caso, confessati dai malavitosi. Alcune settimane fa, pronunciandosi sui ricorsi di alcuni arrestati, tribunali del riesame e giudici di Cassazione hanno tratteggiato la storia della “progressiva” infiltrazione della ‘ndrangheta in questa fetta di Piemonte. Le ordinanze definiscono come “momento genetico dell’associazione che poi si e’ venuta a creare” una conversazione captata in Calabria, al santuario di Polsi, il 30 agosto 2009. Un aspirante boss, Rocco Zangra’, chiese a un pezzo da novanta di poter formare un nuovo ‘locale’ nella zona di Alba per rendersi indipendente da un gruppo vicino, ottenendo semaforo verde a condizione che le due bande si spartissero ordinatamente gli affiliati. Ma solo “intorno al 2015”, sempre secondo le ordinanze, si puo’ dimostrare “l’avvenuta costituzione nel territorio di Asti di una articolazione delocalizzata della ‘ndrangheta, dove sono confluite varie famiglie gia’ insediate nella zona”. Le carte dell’inchiesta raccontano che nel 2016 una parte del clan comincio’ a gestire “di fatto” l’Asti calcio football club (che all’epoca militava in Promozione e che in seguito ha cambiato nome dopo essersi fusa con un’altra societa’), occupandosi fra l’altro della ricerca dei finanziamenti, dei rapporti con la tifoseria, dei pagamenti ai giocatori. Alle obiezioni degli indagati, secondo i quali i motivi di questo interessamento non sono mai stati approfonditi, la Cassazione ha risposto che, dopo tutto, il calcio e’ “un’attivita’ economica come le altre”.

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Femminicidio a Cagliari, il marito ha confessato

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Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.

Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.

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Cronache

‘Ndrangheta: patto politico-mafioso, assolti i boss

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.

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Attacco hacker ad archivi InpsServizi, alcuni server bloccati

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“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.

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