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La montagna frana, ‘2.000 vittime in Papua Nuova Guinea’

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In Papua Nuova Guinea, una montagna sovrastava il villaggio di Kaokalam, nella remota provincia di Enga. Ora del monte Mungalo è rimasto un immenso cumulo di detriti. Intorno alle 3 di venerdì notte si è staccato improvvisamente un intero versante che ha travolto case e abitanti. “La frana ha sepolto vive più di 2.000 persone e causato gravi distruzioni”, ha dichiarato il centro nazionale disastri del Paese all’ufficio Onu di Port Moresby. A tre giorni dal disastro i corpi finora rinvenuti sono solo 6, ma si calcola che lo smottamento abbia inghiottito circa 150 case in 6 villaggi, abitati da almeno 4.000 persone. Difficile stabilire un bilancio attendibile: il disastro è avvenuto in un territorio difficilmente raggiungibile, a circa 600 chilometri dalla capitale.

L’autostrada principale della provincia, unica via d’accesso alla zona, è ancora coperta di detriti. Di recente poi, nella zona c’è stato un afflusso massiccio di persone in fuga dai conflitti tribali nelle aree vicine. “La situazione rimane instabile perché la frana continua a muoversi lentamente, rappresentando un pericolo per le squadre di soccorso e per i sopravvissuti”, si legge nel comunicato delle autorità. Le piogge di stanotte hanno fatto temere che i cumuli di macerie potessero diventare ancora più instabili, ma gli abitanti continuano a cercare eventuali sopravvissuti, pur non disponendo di attrezzature. Tentativi non vani. Oggi una squadra di soccorritori volontari ha sentito delle grida provenire da un ammasso di detriti, dal quale sono stati estratti marito e moglie, Johnson e Jacklyn Yandam.

Alla rete Nbc News hanno descritto il loro salvataggio “come un miracolo”. Justine McMahon, direttrice nazionale dell’agenzia umanitaria Care International, ha detto alla Cnn che “le autorità stanno lavorando 24 ore su 24, ma la portata di questo disastro richiede risorse da parte della comunità internazionale”. Le Nazioni Unite hanno invitato i Paesi membri a una riunione online domani mattina per pianificare un primo programma di aiuti. Il presidente Xi Jinping ha offerto l’aiuto della Cina, così come il suo omologo americano Joe Biden e quello francese Emmanuel Macron. Anche l’Organizzazione mondiale della Sanità si è detta pronta “ad aiutare il governo a soddisfare i bisogni sanitari urgenti”. Mentre in un messaggio inviato dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, papa Francesco ha assicurato “la sua vicinanza spirituale” a tutti coloro che sono stati colpiti da questo disastro. Secondo alcuni media locali, la frana sarebbe stata provocata dalle forti piogge delle ultime settimane. Anche dietro questo disastro sembra esserci lo spettro del cambiamento climatico: l’aumento delle precipitazioni legate a questo aumenta il rischio di frane.

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Usa, Sinwar vuole trascinare Israele in una guerra più ampia

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– Il leader di Hamas Yahya Sinwar è diventato più fatalista dopo quasi un anno di guerra a Gaza ed è determinato a vedere Israele coinvolto in un più ampio conflitto regionale. Lo riporta il New York Times citando valutazioni dell’intelligence americana, secondo al quale Sinwar ritiene che non sopravvivrà alle guerra e questo ha ostacolato i negoziati per il rilascio degli ostaggi. Una guerra più ampia per Israele, secondo Sinwar, lo costringerebbe ad allentare la pressione su Gaza.

L’atteggiamento di Sinwar, aggiunge il New York Time citando fonti americane, si sarebbe inasprito nelle ultime settimane e i negoziatori statunitensi ritengono ora che Hamas non abbia intenzione di raggiungere un accordo con Israele. Anche il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha respinto le proposte nei negoziati e assunto posizioni che hanno complicato i colloqui. Secondo i funzionari americani Netanyahu sarebbe preoccupato soprattutto per la sua sopravvivenza politica e potrebbe non ritenere un cessate il fuoco a gaza nel suo interesse.

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Khamenei, le nazioni musulmane hanno un nemico comune

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Le nazioni musulmane hanno un “nemico comune” e devono “cingere una cintura di difesa” dall’Afghanistan allo Yemen e dall’Iran a Gaza e al Libano. Lo afferma il leader supremo iraniano Ali Khamenei mentre presiede le preghiere del venerdì in Iran per la prima volta in cinque anni. Lo riporta Sky News. La Guida Suprema ha aggiunto che l’attacco del 7 ottobre di Hamas contro Israele, “è stato un atto legittimo, così come l’attacco dell’Iran al Paese questa settimana”. Il raid missilistico è la “punizione minima” per i crimini di Israele, ha affermato Khamenei.

“Il brillante attacco dell’Iran – ha affermato la Guida Suprema citato dalla TV di Stato – è stata la minima punizione per i crimini senza precedenti del regime lupesco e assetato di sangue che è il cane rabbioso degli Stati Uniti nella regione. L’Iran continuerà ad adempiere al suo dovere né con fretta né con ritardo. I nostri responsabili politici e militari agiranno con logica e saggezza”.

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Colombia: Mancuso si scusa con le sue vittime davanti a Petro

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Salvatore Mancuso, l’ex leader delle Autodifese unite della Colombia (Auc), il più sanguinario gruppo paramilitare mai esistito nel Paese sudamericano nominato ‘gestore della pace’ da Gustavo Petro, ha chiesto oggi “perdono” alle sue vittime in un atto pubblico a Montería, la capitale del dipartimento di Cordoba, a cui ha partecipato il presidente colombiano.

“Non sapevo allora quello che so adesso: che in guerra non ci sono vincitori, siamo tutti perdenti e siamo qui nonostante le differenze ideologiche e politiche”, ha dichiarato Mancuso. Davanti a centinaia di contadini e vittime, l’ex leader paramilitare ha aggiunto di assumersi “la responsabilità di tanto dolore, sofferenza e lacrime; dell’esproprio di terre, dell’umiliazione a cui siete stati sottoposti a causa degli ordini che ho dato agli uomini e alle donne che erano sotto il mio comando nelle Auc”. Mancuso ha chiuso l’atto pubblico, in cui sono stati consegnati 11.700 ettari di terre alle sue vittime, dichiarando: “Dal profondo del mio cuore vi chiedo perdono”.

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