Per gli allievi del corso annuale 2018/2019 è la loro Prima Mostra, ma non è certo il primo anno che il CFI, il Centro di Fotografia Indipendente, organizza corsi e mostre di fotografia per aspiranti fotografi e appassionati che vogliono accrescere le loro consapevolezze per i metodi e le tecniche fotografiche.
Il CFI – Centro di Fotografia Indipendente è un’officina creativa, nata a Napoli nel 2013 dall’incontro dei tre fotografi Mario Spada, Biagio Ippolito e Luca Anzani con l’intento di sostenere, diffondere e sviluppare la cultura fotografica. I tre fotografi con il loro bagaglio ben radicato nel tessuto culturale cittadino, hanno fatto si che il CFI si aprisse all’innovazione proponendosi come luogo di condivisione e confronto di sguardi, nell’intento di percorrere nuove strade volte alla comprensione della realtà in cui viviamo. Accanto all’attività di formazione, che costituisce il nucleo centrale, ha realizzato, negli ultimi anni, seminari aperti al pubblico e collaborazioni con i più importanti maestri e operatori della fotografia italiana.
Il Centro di Fotografia Indipendente oggi è operativo in una nuova sede in piazza Guglielmo Pepe, posizionata tra piazza Mercato, piazza Garibaldi e il Porto. Punto di intersezione tra una Napoli connessa alle tradizioni e quella proiettata verso nuove e più dinamiche visioni. Un quartiere che ieri come oggi rappresenta il fulcro del melting pot mediterraneo, dove si mescolano culture diverse pronte a creare innovazione.
La Mia Prima, la mostra fotografica inaugurata Venerdì 18 ottobre presso la Sala “mura greche” della BRAU-Biblioteca di Area Umanistica in piazza Bellini 60 è la tappa
finale del percorso intrapreso dagli inizi del corso di fotografia del 2018/2019 degli allievi: Giovanni Bellotti, Ivana Donati, Ilenia Giordano, Federica Lamagra, Giulia Morrica, Eugenia Perna, Luciano Petrillo, Massimo Polisiero, Elena Zottola è una prima pietra nel percorso artistico/professionale che gli allievi del CFI intraprenderanno nel loro futuro.
Lavori molto interessanti che prima di tutto rispecchiano il profondo rispetto che nel Centro si tributa alla fotografia, senza alcuna preclusione per alcun genere, visione o specializzazione, tema dominante e indirizzo filologico della scuola è l’unicità della fotografia, senza divisioni di settore o di percorso. Proprio per questo, oltre ai tre fondatori del CFI, il corpo docente è fomato da professionisti fotografi e non che provengono da settori diversi e da diverse attività professionali Angelo Raffaele Turetta, Massimo Velo, Salvatore Pastore, Roberta Fuorvia, Guglielmo Verrienti, Marco Spatuzza, Giuseppe Riccardi e Mariagiovanna Capone, quindi ai fotografi ci sono curatori, giornalisti, postproduttori fotografici, stampatori, proprio per dare un quadro completo della attività fotografica che i partecipanti troveranno sul mercato. Le opere in mostra denotano una profonda cura nella stesura dei progetti scelti e nella esposizione curata dal CFI e dallo Spazio NEA nella sala delle mura greche della BRAU, la Biblioteca di Area Umanistica in piazza Bellini. Anche le antiche vestigia hanno fatto da scenografia ai lavori esposti, con un discreto e mai invasivo gioco di valorizzazione e dialogo. E nella mostra si riflette su fiori che diventano materia primordiale quando sono uniti all’acqua, su turbamenti interiori che affrontano con coraggio e senso di ribellione ridimensionando il valore che si dà alla corporeità, sull’amore e sul sacrificio di Giulietta per una disciplina che si vuole contagi le giovanissime allieve di una scuola gestita da una madre e da una sorella e poi ci sono luce, colori e sensazioni impalpabili come una carezza fatta dalla madre che questa volta usa la fotocamera per inquadrare nel cuore i propri figli, immergendosi di seguito in piccoli assaggi di memoria che affiorano con dolcezza attraverso bambole, documenti, indumenti per un viaggio dei sentimenti nei ricordi di bambina in una terra lontana come l’Ucraina, si analizzano le metamorfosi di un albero genealogico che si fondono come in un gioco di specchi della vita e poi vite, le vite come quelle dei Vigili del Fuoco, uomini impegnati in turni estenuanti con attrezzature usurate e interventi di routine ma sempre pronti a garantire la sicurezza seguiti dagli intrecci tra cinema, scrittura e fotografia per ritornare poi alla natura, sui monti lucani, dove le donne usano ricamare il puntino ad ago, un metodo simile a quello utilizzato dai pescatori del Mediterraneo in epoca ellenistica per le loro reti.
Cosi ci piace raccontare questo racconto che gli allievi del CFI ci hanno fatto del loro anno di studio e condivisione fotografica, come in un unico progetto, come pensiamo che vogliano che si legga questa mostra e come è ben evidente nello spirito fondante del CFI, una Fotografia senza recinzioni e paletti che possano inbrigliarla e schematizzarla. A noi non resta che aspettare la “Loro Prima” degli allievi del prossimo anno.
Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse,
Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES.
Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli.
Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli.
Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it
E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International.
Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.
La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.
Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.
“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.
E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.
Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.
Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.
Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.
Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.
L’imprenditore Victor de Aldama (nella foto col premier, che non è sotto accusa in questa inchiesta), uno dei principali accusati della rete di corruzione e tangenti al centro dell’inchiesta nota come ‘caso Koldo’, ha tentato oggi di coinvolgere numerosi esponenti dell’esecutivo, mentre il Psoe ha annunciato azioni legali per diffamazione. In dichiarazioni spontanee oggi davanti al giudice dell’Audiencia Nacional titolare dell’indagine, de Aldama ha segnalato anche il premier Pedro Sanchez, che a suo dire lo avrebbe ringraziato personalmente per la gestione che stava realizzando a favore di imprese spagnole in Messico, della quale “lo tenevano informato”, secondo fonti giuridiche presenti all’interrogatorio citate da vari media, fra i quali El Pais e Tve.
Al punto che lo stesso presidente avrebbe chiesto di conoscerlo, per ringraziarlo, in un incontro che – a detta dell’imprenditore, presidente del club Zamora CF e in carcere preventivo per altra causa – avvenne nel febbraio 2019 nel quartiere madrileno di La Latina, durante un meeting socialista. Un incontro che sarebbe documentato nella fotografia con Pedro Sanchez, pubblicata da El Mundo il 3 novembre scorso. Il presunto tangentista avrebbe sostenuto che Koldo Garcia, da cui deriva il nome del ‘caso Koldo’, divenne consulente dell’ex ministro dei Trasporti, José Luis Abalos, per decisione dello stesso Sanchez. Avrebbe sostenuto, inoltre, di aver consegnato tangenti per 250.000 euro ad Abalos e per 100.000 euro Koldo Garcia, arrivando a dire “io non sono la banca di Spagna, state esagerando”, secondo le fonti citate.
La rete di corruzione si sarebbe avvalsa dell’ex segretario di organizzazione del Psoe, Santos Cerdàn, al quale Aldama sostiene di aver consegnato una busta con 15.000 euro. Il tangentista avrebbe affermato anche si essersi riunito in varie occasioni con la ministra Teresa Ribera, per un presunto progetto di trasformazione di zone della Spagna disabitata in parchi tematici, secondo fonti giuridiche citate da radio Cadena ser. Un progetto al quale avrebbe partecipato anche Javier Hidalgo, Ceo di Globalia e al quale fu presente, in almeno una riunione, Begona Gomez, moglie di Pedro Sanchez. Fonti governative, riportate da Cadena Ser, definiscono un cumulo di menzogne le dichiarazioni di Aldana, che “non ha alcuna credibilità” ed è in carcere preventivo, per cui punterebbe a ottenere un trattamento favorevole in una prevedibile condanna.
“Il presidente del governo non ha né ha avuto alcuna relazione” con Aldama, segnalano le fonti. “Tutto quello che dice è totalmente falso”, ha dichiarato da parte sua ai cronisti Santos Cerdàn, “Questo signore non ha alcuna credibilità, sta tentando di salvarsi dal carcere. Non ha alcuna relazione con il presidente del governo, io non ho ricevuto mai denaro da lui e non lo conosco”, ha aggiunto l’esponente socialista, annunciando azioni .giudiziarie. Lo stesso ha fatto il portavoce parlamentare del Psoe, Patxi Lopez, che ha confermato “azioni legali” del partito della rosa nel pugno “perché la giustizia chiarisca tutte queste menzogne”.