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La lite per il voto ai 18enni è la miccia per la verifica, Conte però invoca prudenza

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Chiuso il capitolo Nadef ecco che se ne apre, d’improvviso, subito un altro: la legge che abbassa a 18 anni l’eta’ per eleggere i senatori. La svolta arriva di prima mattina quando Italia Viva fa sapere che, sul via libera al ddl, non ci sta. Viene convocata d’urgenza la capigruppo, i lavori della Camera si arenano. L’opposizione sibila che la maggioranza non c’e’ piu’. Ma, soprattutto, l’incidente fa salire esponenzialmente il pressing su Giuseppe Conte per una verifica di maggioranza. Lo chiede il Pd, dopo che ieri lo stesso Nicola Zingaretti ne sottolineava la necessita’. “Noi ci siamo”, rilancia Iv. M5S e Conte, per ora, attendono in prudente silenzio. Il tema e’ che una verifica di maggioranza, in queste ore, non e’ nell’agenda di Conte. “Il premier e’ impegnato a Bruxelles, e alla cena post-Consiglio si parla di Covid”, fanno notare a Palazzo Chigi. Il capo del governo non ha mai fatto mistero della volonta’ di rilanciare e saldare, allo stesso tempo, l’azione di governo fino a fine legislatura, trovandosi in questa sua strategia in pieno accordo con Zingaretti. Del resto i contatti tra i due sono frequenti e, in mattinata, nel Palazzo circola anche la voce di un incontro tra il premier e il leader Pd. Incontro smentito, tuttavia, sia a Palazzo Chigi che al Nazareno. Ma una verifica, sull’onda di una lite, porta una serie di effetti collaterali che, forse, Conte per ora vorrebbe evitare. E poi c’e’ il dato del dilaniamento interno del M5S, che durera’, se va bene, fino agli Stati Generali di novembre. Fino ad allora, imporre variazioni al governo, sia sulla squadra sia nelle priorita’ dell’agenda, per Conte diventa rischioso. Pd e Iv, nel frattempo, si scontrano frontalmente, anche perche’ il ddl sul voto ai 18 enni arriva in terza lettura alla Camera, dopo i primi si’ di Montecitorio e Palazzo Madama. “I patti di maggioranza si rispettano”, sbotta il presidente della commissione Affari Costutuzionali del Senato Dario Parrini. “Senza Iv non ci sono i numeri”, replica la renziana Valeria Sudano. “Conte venga in Aula e verifichi la fiducia”, incalza l’azzurro Sestino Giacomoni. Annusando l’aria il capogruppo di Leu Federico Fornaro ritira il suo ddl costituzionale dal calendario della Camera. L’ottimismo post-Nadef, in un batter d’occhio, evapora. “Non possiamo avviarci cosi’ a votare la manovra”, e’ l’allarme di una fonte di maaggioranza. Poco dopo Maria Elena Boschi spiega la posizione di Iv: “Dopo l’ottimo risultato di ieri con il voto a maggioranza assoluta sulla NADEF (Italia Viva decisiva sia alla Camera che al Senato) oggi abbiamo chiesto in Aula che sulla riforma costituzionale – dopo il successo del referendum – ci sia una visione d’insieme e non si vada avanti senza un progetto unitario. Vogliamo dare ai diciottenni il voto per il Senato? Bene. Ma prima decidiamo che cosa fa il Senato, quale legge elettorale, quale correttivo dopo la riduzione del numero dei parlamentari”. E, in serata, Matteo Renzi allarga il pacchetto di dossier sui quali Iv vuole dire la sua.Dopo l’ottimo risultato di ieri con il voto a maggioranza assoluta sulla NADEF (Italia Viva decisiva sia alla Camera che al Senato) oggi abbiamo chiesto in Aula che sulla riforma costituzionale – dopo il successo del referendum – ci sia una visione d’insieme e non si vada avanti senza un progetto unitario. Vogliamo dare ai diciottenni il voto per il Senato? Bene. Ma prima decidiamo che cosa fa il Senato, quale legge elettorale, quale correttivo dopo la riduzione del numero dei parlamentari”. Cosi’ la capogruppo alla Camera di Iv Maria Elena Boschi su Facebook. (ANSA). ” Il rischio era quello dell’ennesimo pezzo di riforma senza discutere una riforma di insieme, mettiamoci intorno a un tavolo e discutiamo di tutti i dossier, dalle riforme al Mes. Altrimenti vedo le sabbie mobili”, spiega l’ex premier. Ma la verifica, sebbene Renzi neghi, dalle parti di Iv fa anche rima con rimpasto. “Loro lo vogliono, Conte no”, spiega una fonte di governo, confermando come, soprattutto ora, il premier non vuole toccare le caselle dell’esecutivo. Ma, all’orizzonte, c’e’ un altro pacchetto di caselle che agita la maggioranza: quello delle nomine. Sono 364, tutte rinviate per il Covid: dalla Consap alla Zecca dello Stato, dalla Consip alla Sogesid fino ad alcune societa’ collegate a Cdp. E, in vista dei soldi del Recovery Fund, sono nomine che acquistano ancora piu’ importanza. Intanto il pressing su Conte e’ altissimo. “Promuova un chiarimento”, e’ la richiesta di Graziano Delrio e Andrea Orlando. Richiesta che, in termini di patto di legislatura, fa sua anche Nicola Zingaretti. Con l’obiettivo, spiegano dal Nazareno, di mettere nero su bianco delle priorita’, da qui al 2023. Priorita’ sulle quali il Pd, a partire dalla manovra, dalla parita’ di genere salariale e dalla riforma del fisco, vuole assolutamente dire la sua, anche e soprattutto dopo il successo alle Regionali. “E spetta a Conte fare la quadra, e’ lui il garante di questa maggioranza”, si sottolinea. Con un’ombra all’orizzonte: prima degli Stati Generali questa maggioranza rischia di sfracellarsi sul Mes.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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