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La leggenda del motociclismo Valentino Rossi resta in pista da protagonista, ha 40 anni ma il fisico e la testa sono quelli di un campione

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Quaranta e non sentirli. O forse si’, certe volte. Come quando la moto non e’ potente quanto la tua voglia di vincere. Hai nove titoli mondiali da esporre. L’ultimo risale ormai a 10 anni fa. Pero’ senti che talento ed esperienza possono ancora fare la differenza. E quindi perche’ non provare ad inseguire il ‘decimo’. Domenica 10 marzo Valentino Rossi sara’ alla partenza della sua ventiquattresima stagione mondiale ed il 16 febbraio gira la boa degli ‘anta’. Nella MotoGp 2019 si trovera’ tra le ruote un po’ di quei “ragazzini” che con la loro sfrontatezza lo aiutano a mantenersi giovane. Come il francese Fabio Quartararo, lo spagnolo Joan Mir o il piemontese Francesco Bagnaia, campione del mondo Moto2 e frutto della VR46 Academy. Tre che dovevano ancora nascere quando Valentino esordiva nel mondiale 125, in sella ad una Aprilia, il 31 marzo 1996. Gia’ quell’anno sarebbe arrivata la prima vittoria, a Brno, una settimana dopo il primo podio, un terzo posto in Austria.

La prima di 115 in 382 gare, con 232 podi e 65 pole. Nel 2018 e’ stato il primo nella storia del motociclismo a toccare i 6.000 punti (ora sono 6.073). Nel 1997 ecco il primo titolo iridato. Ne seguiranno altri otto, vinti in tutte le classi nelle quali si cimenta: dalla 125 alla 250 (entrambi con l’Aprilia), all’ultima stagione della 500 due tempi (2001, con la Honda). Nel 2002 nasce la MotoGp, ma il pesarese resta imbattibile. E tale rimane fino al 2005, nonostante l’addio – nel 2004 – alle certezze offerte dalla Honda e l’azzardo del passaggio in Yamaha, con la storica vittoria in Sudafrica, quella del bacio sul cupolino e le lacrime di gioia nascoste dal casco. Nel 2008-2009 e’ doppietta iridata. Poi tre secondi posti e due terzi, nell’era degli spagnoli terribili: Jorge Lorenzo e, soprattutto, Marc Marquez. Il piazzamento che brucia di piu’ nel 2015, secondo ad appena 5 punti da Lorenzo, con Rossi costretto a partire ultimo a Valencia, dopo il contatto con Marquez in Malesia. Per Valentino e’ un “biscottone” e ancora non l’ha digerito. Altra pagina che non ricorda volentieri i due anni in Ducati (2011-2012), con zero vittorie. Quindi il rientro alla Yamaha. Il suo contratto scadra’ alla fine del 2020. Questa stagione e la prossima gli diranno cosa fare da grande. La parola magica che Rossi ripete, il suo elisir di eterna giovinezza, e’ “competitivita’”. Quella che Yamaha non gli garantisce da un po’, impedendogli di salire sul gradino piu’ alto ormai dal gp di Assen del 2017. Un handicap che stride con la forma fisica che lui continua a garantire, insieme alla capacita’ di guidare ad alti livelli. A costo di tanto lavoro. “A 40 anni per vincere bisogna soffrire” ripete scherzando, ma non troppo, mentre il compleanno si avvicina. Le sfide, prima di tutto con se stesso, sono la sua benzina. Pero’ vuole giocarsele ad armi pari. A chi dice che sarebbe ora di smettere risponde: “A me piace guidare la moto. Io non penso al passato. Se sono competitivo non sento il peso degli anni. Si’, sono un po’ vecchio, ma l’importante e’ avere le motivazioni e, soprattutto, sentirsi veloci su ogni pista”.

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La Francia ha un nuovo governo, Rn e gauche attaccano

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E’ la fine di una lunga attesa. E un (fragile) tentativo di rilancio per la Francia: a due settimane dalla nomina del neo-premier, Michel Barnier, Parigi ha un nuovo governo. Un esecutivo, quello annunciato questa sera, dal segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler, composto da 39 ministri, tra cui 17 titolari ‘con portafoglio’. Di questi, 7 provengono dal campo macroniano, 3 dai Républicains, 2 indipendenti di destra, 2 centristi del MoDem, 1 indipendente di sinistra, 1 Horizons (il piccolo partito centrista dell’ex premier Edouard Philippe), e 1 del gruppo parlamentare Liot. ”Una squadra, adesso al lavoro”, ha scritto su X Michel Barnier, aggiungendo le bandiere della Francia e dell’Unione europea. Tra le nomine più rilevanti di questo nuovo governo maggiormente orientato a destra rispetto al precedente governo Attal, il ‘falco’ dei Républicains, paladino della lotta all’immigrazione, Bruno Retailleau, al ministero dell’Interno.

Mentre la gauche, tornata in piazza oggi per protestare contro un esecutivo ritenuto ”illegittimo” visti i risultati elettorali torna a minacciare una mozione di sfiducia e il Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen si schiera subito dalla parte dell’opposizione. ”Questo governo non ha futuro”, tuona su X il segretario lepenista, Jordan Bardella, mentre Le Pen parla di un esecutivo di “transizione”, “molto lontano dal desiderio di cambiamento” espresso dai francesi nelle elezioni politiche anticipate del 30 giugno e del 7 luglio. “Continueremo a prepararci per la grande alternanza che invochiamo per consentire alla Francia di rialzarsi”, assicura la leader della Fiamma Tricolore francese nel messaggio pubblicato su X dopo l’annuncio del governo Barnier. Emmanuel Macron riunirà il primo consiglio dei ministri lunedì alle ore 15 ma dinanzi all’ostilità delle opposizioni, dalla gauche fino al Rassemblement National di Marine Le Pen la strada per il nuovo governo è piena di incognite e tutta in salita. Proprio ome i sentieri di montagna tanto amati dal savoiardo ex caponegoziatore Ue per la Brexit, Michel Barnier.

L’arrivo a Place Beauvau di Retailleau, finora capogruppo dei senatori Les Républicains, ha suscitato irritazione anche tra gli stessi macroniani e tra gli alleati centristi del MoDem. Tanto più che si tratta dell’unico ‘peso massimo’ di un esecutivo composto da personalità spesso ignote al grande pubblico e che Barnier non è riuscito, come auspicato inizialmente, ad allargare a componenti della sinistra in rivolta. Altra personalità controversa per le sue posizioni contro le nozze gay, Laurence Garien, inizialmente indicata per il ministero della Famiglia, dinanzi all’alzata di scudi levatasi in questi ultimi giorni nello stesso campo presidenziale (e tra i centristi) dovrà accontentarsi del ruolo di segretario di Stato al Consumo.

Al dicastero dell’Economia il giovane macroniano Antoine Armand prenderà il posto di Bruno Le Maire. Promosso al ministero dell’Europa e degli Esteri il centrista MoDem Jean-Noël Barrot, 33 anni. Una figura legata alla sinistra, invece, per la Giustizia, che sarà guidato da Didier Migaud, fino a ad oggi presidente dell’Alta autorità della vita Pubblica. Confermati Sebastien Lecornu alla Difesa e Rachida Dati alla Cultura. Ad occuparsi del Bilancio, in un contesto in cui la manovra finanziaria risulta essere la priorità numero uno del nuovo governo in un Paese segnato dalla deriva dei conti pubblici, l’ex deputato, Laurent Saint-Martin, che resterà in legame diretto con Barnier. Tra le altre new entry, la deputata Renaissance, all’Istruzione. Portavoce del governo un’altra macroniana, Maud Bregon mentre la centrista MoDeM, Geneviève Darrieussecq diventa ministra della Salute.

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Juventus e Napoli, è pari senza gol allo Stadium

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E’ finita con un pareggio senza reti l’attesa sfida della quinta giornata all’Allianz Stadium di Torino tra la Juventus di Thiago Motta e il Napoli dell’ex Antonio Conte. Terzo 0-0 di fila per i bianconeri che hanno il merito di aver mantenuto ancora una volta la porta inviolata. Quarto risultato utile di fila per gli azzurri che, grazie a una gara in cui sono stati a lunghi tratti asserragliati in difesa, invece sono rimasti una lunghezza davanti ai bianconeri. Prima del fischio d’inizio, la Juventus ha celebrato il suo ex portiere Szczesny con una targa e una maglia ricordo per le 252 presenze.

Settore ospiti con poche presenze, vista la decisione del Prefetto di Torino di impedire ai tifosi ospiti la trasferta a Torino per precedenti scontri tra i supporters campani e quelli del Cagliari. Nonostante la successiva sospensione decretata del Tar del Piemonte poiché gli scontri erano avvenute tra “tifoserie contendenti diverse”, all’Allianz Stadium si sono presentati in pochi esponendo uno striscione sul quale era scritta la parola “vergogna”. In campo, invece, primo tempo molto equilibrato e avaro di emozioni, partita chiusa a lunghi tratti e pochissime occasioni degne di nota.

Le più pericolose di marca partenopea, la prima al 29′ figlia di una conclusione rasoterra dalla distanza di McTominay respinta da Di Gregorio e la seconda in pieno recupero con il portiere juventino ancora attento a deviare in corner una punizione insidiosa dalla destra di Politano sulla quale Lukaku aveva coperto la visuale del numero 29 bianconero. Al 10′ della ripresa ancora Politano pericoloso con una conclusione col mancino finita di poco alta sopra la traversa. Per vedere la prima (e ultima) vera conclusione della Juventus sono invece passati 26 minuti dall’inizio del secondo tempo: da un’incursione per vie centrali di Cambiaso la palla è finita sui piedi di Koopmeiners la cui conclusione a giro con il destro è finita fuori misura.

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Cronache

Gratteri: i magistrati oggi ai minimi storici di credibilità

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“Noi magistrati oggi siamo ai minimi storici di credibilità, perché abbiamo fatto degli errori”. Lo ha detto il procuratore del Tribunale di Napoli, Nicola Gratteri, intervenuto alla seconda edizione di Capri d’autore, la rassegna culturale curata da Valentina Fontana e Gianluigi Nuzzi, e organizzata da Vis factor. Secondo Gratteri si sarebbe dovuto far dimettere i componenti del Csm “perché sul caso Palamara bisognava lanciare il messaggio alla gente che si stava voltando pagina, che si faceva un taglio netto. Non è stato fatto, con il risultato che è passato il messaggio che si voleva tutelare una corporazione che non voleva lasciare la poltrona. E questo ci ha reso più deboli, anche perché le correnti all’interno della magistratura sono ancora tante”.

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