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La farsa di Putin: cessate il fuoco e pace se Kiev lascia ‘le regioni occupate’

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Con il G7 in Italia concentrato su come aiutare l’Ucraina e alla vigilia di un incontro di alto livello in Svizzera per esplorare strade verso una futura soluzione al conflito, Vladimir Putin ha lanciato una proposta che a dir suo porrebbe fine alla guerra: Kiev deve ritirare le sue truppe dai territori ucraini dichiarati annessi (Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya) e deve ufficializzare la rinuncia ad aderire alla Nato. Inaccettabile per Kiev, tanto più che il presidente russo ha precisato che “si tratta dell’intero territorio di queste regioni all’interno dei confini amministrativi che esistevano al momento del loro ingresso in Ucraina”. “Sottolineo il punto principale – ha detto il capo dello Stato russo durante un incontro con i funzionari del ministero degli Esteri – l’essenza della nostra proposta non è una sorta di tregua temporanea o di sospensione del cessate il fuoco, come vuole l’Occidente, per ripristinare le perdite, riarmare il regime di Kiev e prepararlo a una nuova offensiva. Ripeto, non stiamo parlando di congelare il conflitto, ma della sua fine definitiva. E ribadisco ancora una volta che non appena Kiev accetterà un percorso simile a quello proposto oggi, acconsentendo al ritiro completo delle sue truppe dalle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson e avviando effettivamente questo processo, saremo pronti ad avviare i negoziati senza rinviarli”. La proposta russa rilancia la base di quanto discusso nella primavera del 2022 durante i cosiddetti ‘negoziati di Istanbul’ con l’Ucraina, poi naufragati. Ma all’epoca la questione territoriale non era centrale, anzi, nelle bozze parafate dalla due parti quasi non figurava, rimandando a colloqui diretti a più alto livello. Oggi Putin è tornato a parlare di quelle trattative, sostenendo di avere offerto il ritiro russo dalle oblast di Kherson e Zaporizhzhia, che ora non sono più sul piatto di teorici negoziati. “I nuovi territori” saranno per sempre parte della Federazione russa, ha affermato, “non si discute proprio”. “Oggi facciamo un’altra proposta di pace concreta e reale. Se Kiev e le capitali occidentali la rifiutano come prima, alla fine sono affari loro e loro la responsabilità politica e morale continuare lo spargimento di sangue”, ha dichiarato il leader russo.

Il timing rispetto alla conferenza al via domani in Svizzera è esplicito, ed evidente l’intenzione di agitare le acque al vertice G7 in corso in Italia. Prima di tratteggiare la proposta per una soluzione mediata in Ucraina, Putin ha lanciato una serie di invettive contro gli Stati Uniti in particolare e l’Occidente in generale. Il pericolo per l’Europa non viene dalla Russia, ma “da una dipendenza critica, quase totale, dagli Stati Uniti”, ha affermato, “hanno più paura di perdere il favore di Washington che dei loro cittadini”. Quanto ai fondi russi congelati, al centro ieri del vertice dei Sette Grandi in Puglia: “i Paesi occidentali hanno ora congelato i beni russi e le riserve di valuta estera ma nonostante tutti i cavilli, il furto rimarrà un furto e non rimarrà impunito” e “il prossimo ad essere espropriato dagli Stati Uniti e dall’Occidente potrebbe essere chiunque”. “Come sapete, hanno iniziato a promuovere attivamente l’iniziativa di tenere una cosiddetta conferenza internazionale di alto livello sull’Ucraina in Svizzera, e hanno intenzione di tenerla subito dopo il vertice del G7, cioè il gruppo di coloro che hanno acceso il conflitto in Ucraina con le loro politiche. Quello che propongono gli organizzatori dell’incontro in Svizzera è un altro trucco per distogliere l’attenzione di tutti”, ha detto Putin. Il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha poi sostenuto che “non è corretto” parlare di una richiesta di capitolazione all’Ucraina e che i punti avanzati dal capo del Cremlino saranno usati “in diverse situazioni, anche nel nostro lavoro all’interno dei BRICS, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, con la Cina, i paesi dell’America Latina, dell’Africa, che hanno anch’essi portato avanti le loro iniziative, ma che sono stati completamente ignorati da coloro che governano l’Ucraina”, ha detto Lavrov.

 

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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