C’è un filo rosso che lega Napoli all’Ucraina. Un cordone ombelicale che lega Napoli alla città di Odessa sul Mar nero. E questo filo rosso si chiama Giuseppe De Ribas. Nel 1794 quest’uomo, che oggi chiameremmo soldato di ventura o mercenario, nato a Napoli da un nobile spagnolo al servizio dei Borboni, fondò la città di Odessa. De Ribas ribattezzò questo villaggio sul mare, Odesso, in omaggio alla vecchia colonia greca che si estendeva sulla costa. Anticamente era ed anche oggi è un luogo di incontro tra la civiltà orientale e quella occidentale. Una città multiculturale, come lo è Napoli, anche per la sua collocazione geografica strategica, situata alla foce di grandi fiumi, tra cui il Danubio, divenne presto il cuore pulsante dell’impero meridionale della zarina Caterina, la quale per la sua stessa forza ed importanza geo-strategica ribattezzò il villaggio al femminile, Odessa.
Odessa era ed è oggi anche all’incrocio di civiltà, tra Russia e Europa. Un’altro italiano importante che ha avuto un ruolo nella storia di Odessa è l’architetto italiano Francesco Boffo (1790-1867). Boffo, nativo di Orosei, in Sardegna, si spense a Kherson, dove ha vissuto l’intera vita. Fu capo architetto del comune di Odessa per oltre 40 anni. Nella storia di questa città che conta un milione di abitanti, come Napoli, Boffo ha contribuito alla sua trasformazione in un vero museo a cielo aperto dell’architettura neoclassica e neorinascimentale italiana, rivaleggiando con San Pietroburgo nel nord dell’Impero russo. La sua opera più famosa è la scalinata Potëmkin, oltre a circa 30 palazzi ed edifici pubblici.
Al posto di Odessa sorgeva un villaggio, Khadjber, abitato dai tatari. De Ribas entrò in contatto con questo lembo di terra quasi fortuitamente, in quanto Ufficiale di collegamento al servizio dell’Ammiraglio Grigorij Aleksandrovič Potëmkin, principe e amante dell’imperatrice Caterina, il cui obiettivo, dopo la sconfitta dell’impero ottomano, era di estendere verso ovest il grande impero russo. Ben presto, ad Odessa si costituì una colonia italiana, che nel 1850 contava circa tremila di abitanti, quasi tutti di origine meridionale. Rilevante fu il contributo che questa comunità diede alla fondazione, allo sviluppo e all’economia dell’impero russo. L’italiano rimase lingua ufficiale dell’attività economica della città. Cartelli stradali, passaporti, liste dei prezzi erano scritti in italiano, e la comunità italiana diede un grande contributo alla cultura della città alle porte del Mar Nero, soprattutto nell’ambito dell’architettura. Il napoletano Francesco Frapolli fu nominato architetto ufficiale della città dal Duca de Richelieu, nel 1804 e fu lui a progettare la monumentale Opera di Odessa e la famosa Chiesa della Trinità.
La famosa canzone O’ sole mio fu scritta e composta ad Odessa da Giovanni Capurro e Eduardo Di Capua che in quel tempo si trovava nella città russa. La musica si ispirò ad una bellissima alba sul Mar Nero e dedicata alla nobildonna oleggese Anna Maria Vignati Mazza. Il brano non ebbe immediato successo a Napoli, salvo poi diventare famosa sulle sponde del Mar Nero e da lì divenire canzone patrimonio della musica mondiale.