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Esteri

Kim Jong-un riappare in pubblico dopo tre settimane di mistero

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Sorridente e di buon umore, Kim Jong-un e’ riapparso in pubblico per la prima volta dopo un’assenza di tre settimane, senza apparenti segni di malattia, malgrado le voci sul suo stato di salute spintesi fino a indicarne la morte. E ha lanciato, invece, un sibillino messaggio sul dossier nucleare mentre i negoziati con gli Usa sono in fase di stallo. Le 21 foto diffuse dall’agenzia Kcna e pubblicate in prima pagina dal Rodong Sinmun, la voce del Partito dei Lavoratori, ritraggono il leader con il suo abito in stile Mao, impegnato il primo maggio in istruzioni sul campo e nel taglio del nastro rosso inaugurale di una fabbrica di fertilizzanti fosfatici a Sunchon, citta’ a 50 chilometri a nord di Pyongyang. L’impianto, finito dopo due anni di lavori, puo’ sfruttare uno dei metodi di processamento dell’uranio estratto in miniera ai fini di combustibile nucleare (per reattori o uso militare) con la trasformazione in ‘yellow cake’, il perossido di uranio. Il processo puo’ essere facilmente tenuto nascosto perche’ utilizza gli stessi impianti per i fertilizzanti (acido fosforico), come avviene in forma trasparente in Egitto sotto la guida dell’Aiea, l’agenzia atomica dell’Onu. La Corea del Nord ha bisogno di fertilizzanti, a maggior ragione dopo lo stop ai carichi donati dalla Corea del Sud, ma il modello di produzione incarna la politica del ‘byungjin’ lanciata da Kim, sullo sviluppo parallelo di armi nucleari e crescita economica. La ricomparsa di Kim evidenzia ancora una volta le difficolta’ nel seguire dall’estero le vicende interne dello Stato eremita, a partire dalle sorti della leadership, dato che l’ultima sua apparizione pubblica era datata 11 aprile, per la riunione del Politburo del Partito dei Lavoratori. Disertando la solenne festa del 15 aprile, dedicata al compleanno del nonno Kim Il-sung, fondatore dello Stato e ‘presidente eterno’, Kim aveva dato il via alle speculazioni sul presunto trattamento medico ricevuto dopo un intervento cardiovascolare, riportato dal sito Daily Nk, basato a Seul; voci alle quali si era aggiunta anche la Cnn che aveva riferito l’allarme di fonti d’intelligence Usa sulle presunte “gravi condizioni” del leader. “Tutti i partecipanti hanno applaudito fragorosamente e hanno gridato evviva!” all’arrivo del leader all’impianto che, ha riferito la Kcna, e’ un altro tassello per l’autosufficienza del Paese. Kim “ha esaminato diversi luoghi”, tra cui il processo di lavorazione delle materie prime, di produzione di fosforo giallo e di fertilizzanti fosfatici di ammonio, nonche’ la filiera dell’imballaggio. Ad accompagnarlo, l’inseparabile sorella Kim Yo-jong, il vice presidente del Comitato centrale del Partito del Lavoratori Pak Pong-ju, il premier Kim Jae-ryong e alti funzionari, nel resoconto della Kcna. Che non cita invece il numero due del regime, Choe Ryong-hae. Nei 15 minuti di video trasmessi nell’edizione pomeridiana delle news della Kctv, Kim cammina senza mostrare problemi, saluta la folla e si lancia in applausi: gesti finalizzati a stroncare le voci sulla sua malattia. Parla con i funzionari della fabbrica e, sorridente, la ispeziona con un’auto elettrica da golf. Kim e i funzionari non indossano le mascherine anti-coronavirus, a differenza di tutti i lavoratori dell’impianto schierati di fronte al palco delle autorita’. Foto e video saranno oggetto d’attento esame d’intelligence da parte di Usa, Corea del Sud e Giappone, alla ricerca di una spiegazione per l’assenza, magari dovuta all’auto-quarantena per il Covid-19, come ipotizzato da Seul. Il messaggio inviato da Kim, tuttavia, puo’ gia’ essere quello sull’uranio e il nucleare.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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Mandato di arresto della Corte Penale Internazionale contro Netanyahu e Gallant: accuse e reazioni

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La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. La decisione riguarda le accuse legate alle azioni militari israeliane durante la guerra a Gaza e ha suscitato reazioni contrastanti a livello internazionale.

Le accuse della Corte Penale Internazionale

Secondo la Camera preliminare I della CPI, esistono fondati motivi per ritenere che azioni come il blocco dell’accesso a cibo, acqua, elettricità e forniture mediche abbiano creato condizioni di vita tali da causare la morte di civili nella Striscia di Gaza, inclusi bambini.

La corte ha precisato che, pur non potendo confermare tutti gli elementi necessari per configurare il crimine di sterminio come crimine contro l’umanità, ha riscontrato prove sufficienti per l’accusa di omicidio come crimine contro l’umanità.

La reazione di Israele

La decisione della CPI è stata duramente criticata dal presidente israeliano Isaac Herzog, che l’ha definita un “giorno buio per la giustizia e l’umanità”. Secondo Herzog, la decisione è “presa in malafede” e rappresenta una distorsione della giustizia internazionale.

Il presidente ha anche evidenziato che:

  • La corte “ignora la difficile situazione degli ostaggi israeliani” detenuti da Hamas.
  • Non considera l’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas.
  • Trascura il diritto di Israele a difendersi dopo l’attacco subito.

Herzog ha inoltre accusato la CPI di schierarsi con il terrore anziché con la democrazia e la libertà, sottolineando il rischio di destabilizzazione regionale causato dall’”impero iraniano del male”.

Le implicazioni della decisione

La decisione della CPI ha messo in discussione il delicato equilibrio tra il diritto internazionale e la sovranità nazionale. Da un lato, le accuse sottolineano presunte violazioni del diritto umanitario internazionale; dall’altro, il governo israeliano sostiene che la corte stia ignorando le circostanze che hanno portato al conflitto, come gli attacchi subiti e la necessità di difesa.

Questo mandato di arresto solleva interrogativi su come le istituzioni internazionali possano bilanciare il perseguimento della giustizia con il riconoscimento delle complessità dei conflitti moderni.

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