Una palla di fuoco si alza in cielo illuminando la notte della Crimea, la penisola ucraina annessa dalla Russia nel 2014. Sono gli effetti dell’attacco di Kiev al porto di Feodosia sul Mar Nero che ha portato alla distruzione della grande nave da sbarco Novocherkassk, una delle più importanti della flotta del Cremlino già finita nel mirino a inizio guerra: secondo i vertici ucraini, trasportava droni kamikaze iraniani Shahed. Il raid effettuato con missili da crociera, rivendicato dall’esercito, è stato confermato anche da Mosca, che però ne ha ridimensionato gli effetti parlando soltanto di danneggiamento dell’imbarcazione. Secondo le autorità filorusse, una persona è morta nell’attacco, due sono rimaste ferite e le finestre di sei edifici sono andate in frantumi.
Danni sono stati riportati anche alla stazione ferroviaria locale. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha esultato ringraziando la propria aeronautica. Si tratta dell’ennesimo obiettivo colpito nel Mar Nero dalle armi ucraine. Una situazione che aveva già convinto Mosca ad allontanare il grosso della flotta da quelle coste: questo “dimostra che coloro che credono ci sia una situazione di stallo nella guerra in Ucraina si sbagliano”, ha commentato il ministro della Difesa britannico Grant Shapps, sottolineando che “negli ultimi 4 mesi il 20% della flotta russa del Mar Nero è stato distrutto”. La vulnerabilità delle infrastrutture portuali russe non ha impedito al ministro della Difesa Serghei Shoigu di usare toni trionfalistici. Per Shoigu, le forze di Mosca hanno “raggiunto con successo l’obiettivo principale dell’operazione militare speciale per il 2023 di interrompere la controffensiva ucraina”.
L’esercito russo, ha assicurato, “migliora costantemente le sue posizioni espandendo il controllo su più aree in tutte le direzioni”. Che la controffensiva non sia andata come sperato sono gli stessi ucraini ad ammetterlo ormai da settimane, ma è vero anche che nemmeno l’esercito di Putin ha ottenuto vittorie significative o grandi avanzamenti sul terreno. Sul fronte orientale, nel Donetsk, l’assalto ad Avdiivka prosegue ormai da più di due mesi senza successo e il Cremlino ha dovuto fare i conti con numerose perdite di uomini e mezzi. Una piccola vittoria, per Mosca, sembra essere arrivata invece a Marinka.
Dopo che Shoigu e lo stesso presidente russo Vladimir Putin hanno rivendicato di aver “completamente liberato l’insediamento”, il capo dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny ha ammesso che l’esercito di Kiev si è ritirato nella periferia della città. Questo però “non dovrebbe suscitare clamore nell’opinione pubblica”, ha spiegato Zaluzhny: la battaglia continua. Così come continuano i bombardamenti russi sul fronte meridionale. Dopo quelli degli scorsi giorni sulle infrastrutture civili di Kherson, che Zelensky aveva definito “brutali attacchi terroristici”, le forze di Putin sono tornate a colpire a sud.
Prima lanciando 19 droni – 13 dei quali intercettati – da Balaklava, in Crimea, e Primorsko Akhtars verso le regioni ucraine di Odessa, Mykolaiv, Khmelnytskyi e Kherson. Poi, tornando a bombardare in più occasioni il capoluogo di quest’ultima uccidendo altri tre civili. Questa potrebbe non essere l’ultima ingente offensiva dell’anno. Se l’esercito russo non si è fatto problemi a lanciare un potente attacco aereo il giorno di Natale, infatti, gli ucraini dovrebbero stare in allerta anche per le celebrazioni del nuovo anno. L’avvertimento, lanciato dal capo ufficio stampa del coordinamento delle forze ucraine Sud, Natalya Humenyuk, preoccupa: “Siamo in uno stato di guerra, sappiamo che il nemico insidioso può colpire in qualsiasi momento, in qualsiasi direzione. Dobbiamo stare all’erta per proteggerci”.