L’Ucraina per la prima volta ha ammesso di aver colpito e gravemente danneggiato lo scorso ottobre il ponte di Kerch, che collega la Russia alla Crimea, dopo averlo negato per 8 mesi di fronte alle accuse di Mosca. E contemporaneamente ha rivendicato di nuovo anche l’affondamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva nel Mar Nero nell’aprile del 2022, nelle prime fasi della guerra, che la Russia ha invece sempre rifiutato di ammettere fosse opera dei militari di Kiev. Il ponte di Kerch fu gravemente danneggiato dall’esplosione di un camion-bomba, che uccise anche alcuni automobilisti, e bloccò il ponte per mesi prima che fosse riparato, tranne una sola corsia riaperta dopo una decina di giorni. Entrambi gli annunci sono stati fatti dalla viceministra alla Difesa ucraina, Hanna Malyar, che ha così voluto celebrare la scadenza simbolica dei 500 giorni di guerra, nelle stesse ore in cui il governatore filorusso della Crimea, annessa dalla Russia nel 2014, Serghey Aksionov, denunciava un tentativo di attacco missilistico da parte degli ucraini a quello stesso ponte di Kerch, fiore all’occhiello della Federazione russa dopo l’annessione e strategicamente essenziale per collegare alla “madrepatria” la penisola della Crimea, che altrimenti sarebbe isolata e tagliata fuori, non solo militarmente, ma anche sotto il profilo della logistica e anche dei rifornimenti di beni e servizi.
Il traffico sul ponte, particolarmente intenso con oltre 500 auto in fila verso il mare nella seconda domenica di luglio, è stato interrotto per qualche ora dopo che Aksionov ha riferito dell’abbattimento di un missile da crociera vicino a Kerch. Se la controffensiva ucraina penetrerà i confini della Crimea, la distruzione del ponte sarebbe per Kiev una mossa strategicamente obbligatoria. Kiev intanto registra una nuova avanzata nel settore della città martire di Bakhmut, dove i russi hanno decine di migliaia di uomini, che viene lentamente stretta in una morsa da nord e da sud. “Facciamo progressi”, ha affermato il comandante delle forze di terra ucraine, Alexander Syrsky, postando un video che mostra il lavoro di un cecchino ucraino. “Direzione Bakhmut. Stiamo avanzando, le forze di difesa continuano ad andare avanti e il nemico è intrappolato in alcuni punti”. “Torneremo subito a combattere”, hanno promesso intanto gli ufficiali ucraini che difesero per mesi l’acciaieria Azovstal di Mariupol, arresisi ai russi nel maggio del 2022 e rilasciati da Mosca in Turchia.
Rimpatriati sull’aereo di stato con il presidente Volodymyr Zelensky dopo il suo incontro con il leader turco Erdogan a Istanbul, i militari, fra cui un comandante del battaglione Azov, Oleg Khomenk, hanno preso parte ieri sera ad una conferenza stampa a Leopoli. Non lontano, a Lutsk, nell’Ucraina nord-occidentale, Zelensky, che sta lavorando a tutto campo per assicurarsi un buon viatico per l’ingresso veloce nella Nato alla vigilia del vertice di Vilnius, ha ricevuto il presidente polacco, Andrzej Duda in una visita non annunciata. “La memoria ci unisce. Insieme siamo più forti”, hanno scritto i due capi di stato commemorando le vittime dei massacri compiuti in Volynia fra il 1943 e il 1945 dagli occupanti nazisti con la complicità di nazionalisti ucraini ai danni della minoranza polacca. Proprio la Polonia non si sente sicura con la presenza in della milizia Wagner e del suo padrone, Yevgeny Prgozhin, nella vicina Bielorussia e ha perciò ha iniziato a trasferire truppe sul confine est. “Oltre 1.000 soldati e quasi 200 unità di equipaggiamento della 12ma e 17ma brigata stanno iniziando a spostarsi”, ha scritto il ministro della Difesa polacco Mariusz Błaszczak: “Una risposta ai tentativi di destabilizzazione vicino al confine del nostro Paese”.