Collegati con noi

Esteri

Kaili resta in cella, Tarabella ricusa il giudice Claise

Pubblicato

del

Un procuratore “inidoneo”, che “nutre pregiudizi di colpevolezza” e “viola la presunzione di innocenza”. Con un rocambolesco colpo di scena, il Qatargate conosce un altro imputato: questa volta però si tratta del suo stesso protagonista giudiziario, il combattivo magistrato Michael Claise, destituito per almeno quarantotto ore dai suoi poteri di gip sotto l’accusa di aver più volte calpestato la presunzione di innocenza dell’eurodeputato Marc Tarabella – finito in carcere lo scorso sabato – e obbligato ad astenersi da ogni pronunciamento nella maxi-inchiesta di corruzione che dallo scorso 9 dicembre ha guidato con fermezza. Una sospensione durante la quale però la posizione degli altri togati belgi non è cambiata: l’anima della trama di corruzione in seno al Parlamento europeo, l’ex eurodeputato pentito Antonio Panzeri, e l’ex vicepresidente dell’Eurocamera, Eva Kaili, resteranno in cella per almeno altri due mesi.

E un destino simile tocca anche allo stesso Tarabella per il quale, trovandosi all’inizio della trafila giudiziaria, la custodia cautelare è stata estesa di un mese. Erano le otto e mezza di mattina quando l’avvocato di punta del politico belga, il penalista Maxim Toeller, è giunto al Palais de Justice di Bruxelles deciso a sferrare un attacco frontale a Claise con una richiesta di ricusazione ferma e netta. Sparigliando tutte le carte sul tavolo e facendo slittare di quattro ore l’avvio delle udienze davanti alla Camera di Consiglio anche per Panzeri e Kaili. L’istanza redatta dal legale non usa mezzi termini: la presunzione di innocenza del sindaco vallone di Anthisnes – viene messo in luce – è stata calpestata in più di un’occasione. E oggi “forti sono i sospetti di parzialità da parte di Claise che lo rendono inidoneo a compiere la sua missione”. Accuse rincarate poi fuori dall’aula dall’addebito che il magistrato celebre per i suoi romanzi polizieschi usi la “detenzione preventiva per fare pressione” sugli indagati.

Una detenzione che Toeller non ha esitato a definire “estremamente violenta” per Tarabella, animato dall’intenzione di “combattere” per dimostrare la sua “completa innocenza” ma gravato dall’essere stato “accusato e arrestato a torto” e “infangato dalla stampa”. E, davanti a motivazioni che a detta del difensore mancano di solidità e a una perizia che non ha rilevato “alcuna traccia” dei 120-140mila euro che il pentito Panzeri avrebbe rivelato di avergli versato, la richiesta è di una “scarcerazione pura e semplice”. Una richiesta però negata dalla Camera di consiglio, davanti alla quale Toeller ha già promesso di ripresentarsi fra quindici giorni per fare appello. La prova muscolare dell’avvocato di Liegi è andata comunque a suffragare gli addebiti già asseriti a più riprese – senza però alcuna iniziativa formale – dai legali di Kaili e, negli ultimi tempi, anche da diversi esponenti politici, tra i quali dieci europarlamentari italiani tra le fila dei Socialisti e Democratici (S&D) che in una missiva inviata alla presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, hanno chiesto di vigilare sulle condizioni di detenzione della politica ellenica con particolare attenzione al suo diritto di madre di stare con la figlia di 24 mesi.

Elementi rivendicati nuovamente dall’istrionico difensore dell’ex conduttrice tv greca, Michalis Dimitrakopoulos, affiancato per la prima volta sulla ribalta mediatica dal penalista Sven Mary, noto anche oltre confine per aver difeso il terrorista Salah Abdeslam. Per il nuovo tandem legale Kaili non è altro che “il simbolo politico” da colpire e “il suo posto non è il carcere di Haren” ma “a casa con la figlia di ventiquattro mesi”. Richieste però ancora una volta respinte: l’ex vicepresidente del Pe resterà in carcere al pari del pentito Panzeri, che già ha patteggiato un anno di carcere. Una decisione destinata ad alzare nuove polemiche, già anticipate dal vicepremier Matteo Salvini che, pur da “avversario politico delle sinistre”, ha fatto sapere di trovare “inutilmente punitiva” la scelta di “tenere ancora in carcere gli indagati con tutte le prove già emerse, i documenti e i soldi già sequestrati”. A decretarlo sarà comunque l’agguerrito Claise: la scelta di lasciare il caso o tirare dritto per la sua strada nelle prossime ore è tutta nelle sue mani.

Advertisement

Esteri

La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

Pubblicato

del

La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

Continua a leggere

Esteri

Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

Pubblicato

del

Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

Continua a leggere

Esteri

Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

Pubblicato

del

Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto